Finalmente è arrivato l’ennesimo manuale scolastico del femminismo, “Youth for Love”. Se ne sentiva proprio la mancanza nelle scuole! Cambia il patrocinio economico, ma la sostanza non cambia (vedasi, ad esempio, in spagnolo Skolae. Creciendo en igualdad o Educando en igualdad). Il marchio di fabbrica di tutti questi manuali scolastici è «l’uso di un linguaggio inclusivo». Lo sdoppiamento del genere, espressioni del tipo «studenti e studentesse», e persino la declinazione degli articoli (per altro grammaticalmente scorretta: «i e le adolescenti»), si trovano seminati lungo tutto il testo. In realtà è un vero grattacapo per i suoi fautori, che non riescono ad adoperarlo senza cadere di continuo in contraddizione: ora sì, ora no. Non si capisce perché certi termini, come il sopraccitato “adolescenti”, deve essere declinato, e altri come “insegnanti”, “dirigenti” o “partner” no, o espressioni del tipo «….i giovani e le giovani hanno l’opportunità di mettersi nei panni loro coetanei e di determinare…» (a pag. 15). E le coetanee? E ancora, perché “i giovani e le giovani” e no, come in altri passaggi, “i e le giovani”? Prendiamo a titolo di esempio la pagina 12 e analizziamo il testo per intero. Si legge, «…il benessere degli studenti e le condizioni che li sostengono…» (le studentesse?); frase successiva, «…la sicurezza e il benessere di studenti e studentesse…» (con studentesse); frase successiva, «…le complesse realtà e identità degli attori scolastici, cioè studenti e studentesse…» (attrici?); frase successiva, «…le esigenze di tutti gli attori devono essere…» (tutte le attrici?); stessa pagina, più avanti, «…a che fare alunne e alunni minorenni, gli adulti coinvolti…» (le adulte?); più avanti ancora, «…fornire ai e alle partecipanti uno spazio…»; ultimo paragrafo, «…docenti e personale scolastico si sentono soli quando hanno…» (le docenti e il personale scolastico femminile non si sentono sole?). Ora sì, ora no. Ora sì, ora no. A me sinceramente fa venire il capogiro.
Ma vediamo lo scopo del manuale, già introdotto ieri nei suoi termini generali, analizzando nel dettaglio il Modulo 4. Dice: «promuovere principi inclusivi e femministi all’interno dell’ambiente scolastico». Il punto di partenza del Modulo, condivisibile, è l’elaborazione della definizione di femminismo, anche perché il suo significato può essere «completamente diverso e fuorviante, legato a diversi stereotipi […] a causa della diffusione della propaganda antifemminista» (p. 75). Mi sento un po’ in colpa. Si raccomanda anche di trovare «una definizione comune di patriarcato» per poter «riflettere su come il patriarcato influenza la vita delle donne» (p. 74). «Anche se può sembrare strano, il patriarcato non è sempre esistito: si è affermato circa 10.000 anni fa, che non è poi così tanto se si considera che esistono esseri umani con forme di organizzazione sociale di base da almeno 200.000 anni» (p. 82). A me invece sembra stranissimo, come fanno a sapere con tanta precisione la distribuzione del potere sociale e familiare tra i sessi 10.000 o 100.000 anni fa, quando si fa fatica a fissare la nascita della rivoluzione agricola nel Neolitico (7.000 a.C. ca.) e io stesso fatico a capire chi comanda a casa mia. Come fa questa gente a sapere se la società e le famiglie erano patriarcali, ipercarnivore o tifosi della Juventus, 10.000 o 100.000 anni fa? Non vi sembra sbalorditivo anche a voi?
Porte spalancate alle “discriminazioni positive”.
Comunque, torniamo al termine femminismo. «Che cos’è il femminismo? Il femminismo è un insieme di movimenti sociali, politici ed ideologie che mirano a definire, stabilire e raggiungere l’uguaglianza politica, economica, personale e sociale dei sessi. Il dizionario “Merriam-Webster” definisce il femminismo come: “1. La teoria dell’uguaglianza politica, economica e sociale dei sessi. 2. L’attività organizzata per i diritti e gli interessi delle donne”» (p. 80). Ecco fatto, spunta da subito il vincolo inscindibile tra femminismo e uguaglianza. Faccio notare che la seconda accezione del dizionario è incompatibile con la prima. L’attività di promozione in esclusiva dei diritti e degli interessi delle donne si può solo conciliare con l’idea di uguaglianza dei sessi nell’unica ipotesi che esista una discriminazione/oppressione delle donne per mano degli uomini in tutti gli ambiti della vita. In questo caso non sarebbe necessario promuovere i diritti e gli interessi maschili, perché gli uomini godrebbero in ogni ambito di uno status di privilegio e non avrebbero bisogno dell’uguaglianza. Se ne deduce che il vero significato di femminismo è “l’ideologia che sostiene l’oppressione attuale e storica delle donne per mano degli uomini, in un sistema denominato Patriarcato”, per questo motivo promuove i diritti e gli interessi delle donne (2ª accezione) in cerca, a dir loro, dell’uguaglianza (1ª accezione). La conferma che questo sia il vero significato del termine arriva nel paragrafo successivo.
«È estremamente difficile dare un’unica definizione del termine femminismo e dovremmo piuttosto parlare di femminismi perché comprende una grande varietà di persone e posizioni». Nonostante ciò «ci sono alcuni elementi comuni […]: 1) I femminismi sono movimenti per smantellare il patriarcato e il domino maschile e le ideologie che lo riproducono. 2) Le femministe vogliono raggiungere un mondo più equo per tutte e tutti, non solo per le donne, e cambiare i rapporti di potere ineguali. 3) Le femministe sono tutte per la parità tra i sessi […]. Quello che può sembrare un atto discriminatorio contro gli uomini è in realtà un tentativo di livellare il campo di gioco tra uomini e donne» (p. 80). (Da notare come negli ultimi due punti scompare di nuovo il linguaggio inclusivo: sono solo «le femministe» che vogliono «un mondo più equo» e «la parità tra i sessi»; “i femministi” non ci sono). Primo, soltanto il primo punto è comune a tutto il movimento femminista. Non esistono diversi femminismi, esiste solo un concetto di femminismo al quale aderiscono tutte, cioè «l’oppressione delle donne» (p. 82) dovuta a un patriarcato di dominio maschile che deve essere smantellato. Non c’è invece unanimità sul modo nel quale deve essere smantellato, ecco l’origine dei diversi tipi di femminismo. In somma sintesi, il dogma fondamentale condiviso da tutte è solo uno; l’applicazione pratica differisce e dà luogo a diversi tipi di femminismo. Secondo, gli altri due punti non sono comuni a tutti i “femminismi”. Molte delle proposte del femminismo radicale (ad es. sterminio o riduzione della popolazione maschile, la sua tassazione, il coprifuoco per gli uomini, la sottrazione dei figli, ecc.), non sembra che cerchino «un mondo più equo per tutte e tutti». Sul terzo punto e sulla loro singolare concezione della «parità» c’è poco da dire: qualsiasi misura che a noi «può sembrare un atto discriminatorio contro gli uomini è in realtà un tentativo di livellare il campo di gioco». Discriminazione positiva. Siete avvertiti, uomini, se in una separazione vi sottraggono i figli, la casa e i soldi, e finite a dormire per strada, non è «un atto discriminatorio», stanno «livellando il campo di gioco».
Oggi finalmente le donne sono libere, ma “continuano a vivere in un inferno”.
«Che cosa sono i principi femministi? […] 1) Il personale è politico […] ciò che facciamo nella nostra vita personale ha anche un significato politico […]. 2) La biologia non è un destino […]. 3) Parità: femminismo significa parità per tutte e tutti, non solo per le donne. 4) Inclusione e diversità: esistono molte forme di oppressione e intersezionalità significa che tutte queste sono interconnesse. 5) Pace e sicurezza: garantire che le donne non siano vittime di violenza sessuale. 6) Integrità del corpo e libertà da ogni tipo di violenza: libere da abusi mentali o fisici, il diritto alle scelte riproduttive e sessuali della donna» (p. 81). In conclusione, «la parità per tutte e tutti», «la pace e la sicurezza» solo per le donne e «l’integrità del corpo e libertà di ogni tipo di violenza» solo per le donne. Di nuovo, strano concetto di parità. Inevitabilmente, poiché il femminismo rappresenta un movimento messianico che ci porta l’equità e la parità, o ancor meglio, l’amore, come recita il titolo del manuale (“youth for love”), è giusto elencare alcuni dei “valori femministi”, dei “principi della leadership femminista” donati all’umanità. 1) «Coscienza di sé» (Socrate?). 2) «Cura di sé e altrui» (Epicuro? “Dimostriamo compatimento per le sofferenze degli amici […] prendendoci cura di loro”; “la lode degli altri deve seguirci spontaneamente; noi dobbiamo occuparci della cura di noi stessi”). 3) «Smantellare i pregiudizi» (Gesù? “Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati”). 4) «Inclusione» (Paolo di Tarso? “Non c’è più giudeo né greco; non c’è più schiavo né libero; non c’è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno”). 5) «Collaborazione responsabile» (Proverbio del Burkina Faso? “Se le formiche si mettono d’accordo, possono spostare un elefante”). 6) «Coraggio» (Sant’Agostino? “La speranza ha due bellissimi figli: lo sdegno e il coraggio. Lo sdegno per la realtà delle cose; il coraggio per cambiarle”).
La questione più grave è la sincera convinzione della maggior parte delle femministe di essere le pioniere e portatrici di questi valori salvifici per l’umanità – la pace, l’amore, la tolleranza, la parità, la fratellanza, ecc. –, che prima di loro evidentemente non esistevano. Ma cosa hanno predicato sempre le religioni del mondo? Sono convinte di aver “liberato” le donne e l’umanità! Grazie al femminismo oggi le donne possono fare “tutto”, possono votare, uscire di casa, andare alle feste, indossare una minigonna, fare del sesso, parlare in pubblico, lavorare e risparmiare dei soldi, acquistare proprietà, cantare e recitare in teatro, fare sport, ricevere un’istruzione a casa o a scuola, cavalcare, farsi crescere i peli sulle ascelle, cambiare sesso, ecc. Non alla tecnologia o al progresso spirituale o alle religioni o a qualsiasi altra causa o concausa che vi venga in mente. Grazie al femminismo! Punto. Prima del femminismo le donne non potevano fare “nulla”, ma proprio nulla, tranne partorire e crescere i figli (eccetto le vergini). È dovuto arrivare il femminismo per poter vedere le donne spassarsela liberamente come facevano da sempre gli uomini. Ma che razza di inferno vivevano le donne prima del femminismo? Ma in che mondo hanno vissuto le donne? Oggi finalmente le donne sono libere, ma “continuano a vivere in un inferno”, come denuncia ogni giorno il movimento femminista. Mi è venuto di nuovo il capogiro.
Manca sempre metà dell’umanità.
Infine, non potevano mancare i “femminismi” di moda: il femminismo di genere e il femminismo intersezionale. «I femminismi apprezzano e rispettano le diverse identità sessuali e di genere e sfidano i binari di genere fissi (uomini contro donne)». «Essere femministe e femministi consiste […] nel riconoscere che ci sono varie forme di sessualità al di là della stretta cornice eterosessuale» (p. 82). Naturalmente, oltre l’eterosessualità, ci sono l’omosessualità, la pedofilia, la necrofilia, zoofilia, agalmatofilia, gerentofilia, ecc. Intersezionalità. «Le donne non sono solo esposte al sessismo – il razzismo, l’abilismo, la discriminazione generazionale, l’omofobia, la transfobia e la persecuzione religiosa sono intrinsecamente legati al modo in cui donne diverse vivono e sperimentano le disuguaglianze» (p. 82). E di nuovo, non vi sembra che in questa dettagliata descrizione di vittimologia manchi la metà dell’umanità? In conclusione, femminismo, ideologia di genere, linguaggio inclusivo, intersezionalità, un’accozzaglia ideologica spacciata per metodo didattico o materia d’insegnamento allo scopo di “indottrinare” le menti più giovani: i nostri figli. E tutto quanto avvolto dalla bandiera dell’amore (Youth for Love) e dal patrocinio e dal finanziamento da enti “insospettabili”, come l’Unione Europea, che si presuppongono neutri e attenti supervisori su eventuali abusi e tentativi di indottrinamento ideologico sui nostri figli. Una mela avvelenata offerta con “amore” ai nostri ragazzi.