di Alessio Deluca. La notizia è che Giuseppe Spadaro probabilmente si trasferirà al Tribunale dei Minori di Trento. Si tratta di un tassello fondamentale nell’oscura vicenda che per molto tempo ha tenuto banco sui media, battezzata come “il sistema Bibbiano”, essendo stato a lungo presidente del Tribunale dei Minori di Bologna, quello che ratificava le decisioni prese da Anghinolfi & Co. sugli affidi dei minori nell’area della Val D’Enza. E che, per quelle che qualcuno definì inefficienze e altri complicità, finì indirettamente nell’occhio del ciclone dell’inchiesta promossa dalla Procura di Reggio Emilia. Ben intesi: nessun magistrato del Tribunale dei Minori di Bologna, né tanto meno lo stesso Spadaro, è finito nel mirino dell’indagine (anzi il Tribunale stesso è stato riconosciuto come “parte lesa”), ma le risultanze hanno gettato più di un’ombra sulla gestione di tutta l’ampia (e ricca) partita degli affidi. Ed è proprio per l’onda lunga dell’affare Bibbiano che ora, con i tempi biblici dell’amministrazione della giustizia, il CSM, dopo aver negato a Spadaro la presidenza la Procura Minori di Roma, secondo alcuni a seguito anche di un’ispezione del Ministero della Giustizia, ha ritenuto opportuno, di proporgli il trasferimento ad altra sede, appunto a Trento.
L’occasione in ogni caso è propizia al magistrato per poter finalmente esternare il proprio punto di vista e, perché no, togliersi anche qualche sassolino dalla scarpa. In questa lunga intervista al sito “Il dubbio”, si dice certo che l’eccessiva attenzione mediatica non abbia giovato, anzi sia stata molto dannosa rispetto alla gestione del caso, e prende atto della “marcia indietro” attuata da alcuni partiti politici che avevano fatto della questione una bandiera. Si riferisce probabilmente al Movimento Cinque Stelle, quello passato dal “mai con i ladri di bambini” a un’alleanza di ferro con il PD, ma anche a Lega e Fratelli d’Italia, che dopo aver cavalcato l’onda sembrano essersi dimenticati, un po’ come tutti, del fatto che c’è un procedimento ancora aperto, innumerevoli rinvii a giudizio per una lunga lista di reati, dove la vera parte lesa è un gran numero di minori e le loro famiglie di origine. Le lungaggini giudiziarie da un lato e il lockdown dall’altro sono risultati provvidenziali per chi, a diverso titolo, ha avuto interesse a riposizionarsi o a eclissarsi, come il guru della Hansel e Gretel Claudio Foti e altri del suo entourage. C’è stato il tempo insomma per ribaltare gradualmente la propria posizione o impostare un cambio di narrazione, tanto che non è prevedibile che accoglienza avrà da parte dell’opinione pubblica l’apertura a Reggio Emilia del processo relativo agli affidi illeciti della Val D’Enza. Capace che si manifesti un clima ostile e che nessuno più voglia sentire parlare di Bibbiano.
Un “sistema” che pare sia rapidamente deragliato.
Nella sua intervista, Giuseppe Spadaro dà incredibilmente il suo contributo a questa tendenza. Ciò che ripete più spesso è quanto fosse improprio parlare di “sistema Bibbiano”. La chiama “un’espressione fallace”, scandalizzandosi del fatto che ancora alcuni media la usino. Troviamo incredibile che dica così perché a nostro avviso l’esistenza di un “sistema” è tanto fattuale quanto innegabile. In tutta la vicenda non emerge che si sia trattato di eccezioni dovute a errori casuali o estemporanei slegati, ma è palese che tutta intera la filiera organizzativa era, per dolo o per colpa, coinvolta nella mala gestione o nell’illiceità delle procedure. Nel momento in cui un’assistente sociale altera la propria relazione su ordine della superiore e la pratica viene poi ratificata da un giudice senza che nessuno durante il percorso sollevi il minimo dubbio, non si può non parlare di sistema. Troppe le persone coinvolte nei processi gestionali, organizzate in gerarchie teoricamente atte a controllare e verificare gli uni ciò che avevano fatto gli altri del gradino inferiore. Quando un’organizzazione del genere non funziona, è ragionevole parlare di “sistema”, ed è per questo che la Procura di Reggio Emilia si è mossa. Risparmiando il Tribunale dei Minori di Bologna, viene naturale pensarlo, più per evitare conflitti interni alla magistratura che non per un fatto oggettivo. E non ci riferiamo soltanto alle molte intercettazioni già trapelate, ma anche ad altri aspetti.
Per esempio al curioso approccio “sedativo” preso subito dal Procuratore di Reggio Emilia Marco Mescolini rispetto a un’indagine promossa dai suoi uffici (ossia dalla PM Valentina Salvi), che assume per altro un aspetto sinistro alla luce delle intercettazioni che mettono Mescolini stesso in relazione alla persona e ai maneggi sulle nomine di Luca Palamara. Non solo: registravamo tempo fa l’espressione di una “filosofia degli affidi” da parte di Giuseppe Spadaro che sembrava audacemente coerente con le modalità di gestione dei servizi sociali della Val D’Enza, laddove ad esempio riteneva corretto aprirsi all’idea di “una realtà familiare che si sta trasformando”. Un concetto che, com’è noto, Anghinolfi e il suo staff pare abbiano interpretato come via libera all’affido di minori a coppie omosessuali amiche (per altro rivelatesi poi tutt’altro che equilibrate). Ancora, quella “filosofia” ipotizzava la possibilità di forzare la norma vigente creando una sorta di “affido a tempo indeterminato”, non prevista dalla legge, e che somiglia tanto a quei bambini sottratti alla famiglia d’origine e mai più tornati indietro, come per altro già accaduto nel precedente caso della “Bassa Modenese“. Un pensiero progressista, quello di Spadaro, come tale riconosciuto ai massimi livelli della politica e delle istituzioni, per lo meno quelle locali, che nella sua applicazione pratica da parte degli operatori sul territorio, ovvero dell’intero “sistema”, pare sia rapidamente deragliato, in proporzioni tali e con tali conseguenze da far muovere la Procura di Reggio Emilia. Perché i sistemi, oltre a essere costituiti da parti interconnesse, si creano anche con la condivisione degli stessi ideali, buoni o cattivi che siano. E il “sistema Bibbiano”, a conti fatti, non pare fare eccezione a questa regola.
Attendiamo delle risposte.
Si aggiunga che l’attenzione mediatica che Spadaro oggi stigmatizza così fortemente ha portato a un’osservazione più attenta del funzionamento dei Tribunali dei Minori, quello di Bologna in particolare. Nel caso di Bibbiano, a destare interesse è stato soprattutto il ruolo dei giudici onorari, a cui Spadaro attribuì il ruolo di giudici referenti, sebbene la loro competenze all’interno dell’intero procedimento giudiziario siano (e siano rimaste) piuttosto fumose per la mancanza di una normativa di riferimento. Ciò ha consentito a lungo ai presidenti di tribunale di disporre a discrezione, talvolta anche in modo discutibile, dei giudici onorari, tanto da spingere il CSM a tentare di limitarne i poteri giusto in tempi recenti (luglio 2020). E non è escluso che il CSM si sia mosso in questo senso anche sulla lunga scia dei fatti di Reggio Emilia e Bologna. Un tentativo sostanzialmente fallito, visto che resta a discrezione del presidente del tribunale se conformarsi alla direttiva del Consiglio Superiore o no, lasciando quindi inalterata la situazione e impellente la necessità di mettere mano alla materia. Una necessità che anche Spadaro riconosce: “più il legislatore prevede l’osservanza di regole rigide, più è garantita tutela a tutti”, dichiara. Il che rende ancora più incomprensibile il suo malanimo nei confronti dell’attenzione mediatica dedicata alla vicenda di Bibbiano: se è servita, tra le altre cose, a enfatizzare la necessità di una riforma che lui stesso condividerebbe, vuol dire che per una volta i media sono stati utili.
Eppure il fastidio di Spadaro (e non solo) rispetto all’accaduto è tangibile, ed è una voce autorevolissima che va purtroppo ad aggiungere peso a quel processo di inabissamento che tutta intera la vicenda di Bibbiano, incluso il procedimento giudiziario connesso, sta subendo. Che ricorda da vicino quanto accadde nel passato remoto alla vicenda di “Mani Pulite”, la grande inchiesta contro la corruzione politica in Italia, inizialmente supportata da tutto il paese e dopo poco tempo derubricata a un mezzo tentativo di “golpe giudiziario”. Già oggi dire “parlateci di Bibbiano” suscita la stessa reazione che a pronunciare una bestemmia in chiesa, eppure sono ancora molti quelli a cui non sfuggono i tantissimi lati oscuri della vicenda, parte dei quali abbiamo raccontato qui, partendo da un’intervista di Giuseppe Spadaro e dal suo eloquente trasferimento. Noi, non ce ne voglia l’ex presidente del Tribunale dei Minori di Bologna, continuiamo e continueremo a definirlo “sistema”, perché non ci pare onestamente ci sia definizione più azzeccata. Ed è con trepidazione che attendiamo notizie dal Tribunale di Reggio Emilia: l’attesa è stata fin troppo lunga, sfruttata appieno da chi vuole inabissarsi o inabissare la vicenda. Per un verso o per l’altro attendiamo ancora delle risposte, sotto forma di sentenze motivate, con l’obiettivo, a vent’anni dal Forteto, a dieci anni dalla Bassa Modenese, di non trovarci tra dieci anni a disquisire ancora di una “nuova Bibbiano”.