La Fionda

Vasectomia, ambiente e riequilibrio del potere

Vorrei provare ad affrontare due tematiche connesse, entrambe estremamente complicate e molto di recente oggetto di particolare attenzione mediatica. La prima è la fertilità maschile, la seconda è la tutela ambientale. Quest’ultima, com’è noto, sta diventando uno dei punti chiave delle agende politiche di gran parte del mondo (essenzialmente l’Occidente). È dell’altro ieri la notizia, ad esempio, dell’approvazione da parte del Parlamento italiano dell’inserimento della protezione dell’ambiente tra i diritti sanciti dalla Costituzione. Un provvedimento che, come al solito, divide in due l’opinione pubblica tra chi lo ritiene sacrosanto e chi lo giudica foriero di future restrizioni della libertà. Vorrei prescindere dalla singola iniziativa di legge italiana, su cui, visto il livello medio della politica nazionale, è più che legittimo mostrarsi dubbiosi, e affrontare la questione ecologica nei suoi termini generali, prima di trattare la questione centrale, ovvero la fertilità maschile.

È in atto un cambiamento climatico (in peggio) causato dalle attività umane? Sì, io credo decisamente di sì. Ho avuto il privilegio, in passato, di frequentare alcuni tra i più importanti scienziati e ricercatori sul tema. Gente sconosciuta per la massa, nota solo agli specialisti del settore o a chi vuole interessarsi del complesso argomento. Ebbero modo di portarmi prove e argomenti molto solidi e convincenti sul fatto che l’equilibrio del globo sia stato e sia tuttora sovvertito per cause di natura antropica, ma soprattutto mi rivelarono che quanto sta accadendo oggi era stato previsto ampiamente e con una impressionante precisione dagli scienziati già negli anni ’70 del secolo scorso. Non riporterò qui ciò che ebbi modo di conoscere in allora: devierebbe il centro dell’articolo e uscirebbe dal campo di applicazione di questo sito. Mi limiterò a osservare che con immensa e letale stupidità l’opinione pubblica riesce a dividersi anche su questo tema, polarizzando le opinioni su posizioni passive innescate da fantocci (come l’adorazione del feticcio Greta) o attive da analfabeti funzionali. Quelli, per intenderci, che di fronte a una nevicata a gennaio si chiedono: «embè, dov’è il riscaldamento globale?».

crisi ecologica ambiente

Un’operazione pochissimo invasiva.

Insomma, il problema c’è, siamo già ben oltre il limite oltre il quale avremmo dovuto fermarci e ripensare un po’ di parametri. Il futuro dei nostri figli e nipoti sotto questo profilo è già in buona parte compromesso, questo è ampiamente assodato. A titolo d’esempio: la vulgata si preoccupa del futuro innalzamento dei mari per lo scioglimento della calotta artica e il pericolo di sparizione di alcune città, come se fosse il problema principale, quando in realtà all’altro capo, nella terra sepolta sotto i ghiacci dell’Antartide, si calcola che sia intrappolato qualche milione di virus diversi risalenti all’epoca preistorica, che senza lo schermo ghiacciato potrebbero tranquillamente tornare in circolazione. Il disastro è ineluttabile? No, in realtà no: le crisi ambientali (ed energetiche) è scontato che ci saranno, ma saranno tanto più gravi quanto più tarderemo a prendere provvedimenti correttivi. Ce ne sono tanti possibili, avendo la compiacenza di cambiare mentalità e la fortuna di avere decision makers coraggiosi, ma è indubbio che la chiave di volta sia da cercarsi nella causa prima del disastro incombente: la presenza umana. Già nelle ricerche profetiche degli anni ’70 si individuava nella gestione demografica il principale dei meccanismi preventivi della futura crisi. Si trattava, va detto, di visuali prospettiche che ipotizzavano il mantenimento del tenore di vita attuale, sostanzialmente scartando a priori un’altra strada ipoteticamente percorribile, quella di continuare a crescere e moltiplicarci, ma tornando al tenore di vita dell’epoca degli antichi egizi, o giù di lì. Quanto sarebbe difficile farlo lo può immaginare chiunque, ed è ben testimoniato dal flop clamoroso delle varie filosofie sulla “decrescita felice”.

Ecco che in questo scenario, nonostante il tema sia trattato femministicamente dalla giornalista, non mi sento infastidito dal recente articolo apparso su Vanity Fair intitolato: «Vasectomia climatica, scegliere di non avere figli per salvare l’ambiente». Significativo il sottotitolo, secondo cui (corsivi miei) «sono sempre più numerosi gli uomini che decidono di sterilizzarsi per i timori sull’emergenza climatica». In realtà gli uomini che optano per la vasectomia hanno in genere ben altre motivazioni. Solitamente sono ultra-quarantenni con già un buon numero di figli a carico e che vogliono essere certi di non avere altre bocche da sfamare, o sono persone che si fanno operare per motivi terapeutici e di prevenzione. D’altra parte, sotto un profilo molto concreto, la vasectomia è un’operazione banalissima: costa poco (circa 500 euro in privato), si fa in anestesia locale, in 15 minuti il chirurgo scollega i dotti deferenti che collegano testicoli e prostata, il decorso è di 7 giorni (senza ricovero), durante i quali è consigliato non avere rapporti. Chi vuole può chiedere la cauterizzazione dei dotti, e a quel punto l’operazione diventa irreversibile, altrimenti vengono legati in modo da consentire un’eventuale reversibilità (che comunque, dalle statistiche, risulta estremamente difficile). L’uomo non ha alcuna conseguenza successiva sulla propria attività sessuale: semplicemente il suo liquido seminale non conterrà più spermatozoi che, non trovando vie d’uscita, circoleranno un po’ nei testicoli e verranno poi riassorbiti senza danno. Nessun effetto negativo si ha sulla libido o sull’erezione. Anzi, sapendo di essere al riparo da gravidanze indesiderate, chi ha fatto la vasectomia dice di essere molto più rilassato psicologicamente, dunque più performante. Come mi disse tempo fa uno di costoro: «si smonta la nursery, ma rimane aperto e attivo il luna park». Per precisione, va detto che tanto è leggero l’intervento di sterilizzazione per l’uomo, quanto è pesante e invasivo il corrispondente femminile, che infatti si usa soltanto in caso di gravi necessità terapeutiche (tumori all’ovaio o all’utero).

vasectomia

Un’ipotesi da prendere in considerazione.

Chiunque segua il trend politico internazionale ha capito che c’è un disegno sovraordinato per ridurre la popolazione mondiale in tempo per mitigare la catastrofe ambientale (e non solo per quello…). Tale disegno viene perseguito con sotterfugi e politiche disastrose dal lato culturale e sociale. Il tentativo di femminilizzare i maschi e maschilizzare le femmine, di colpevolizzare i primi e vittimizzare le seconde, sono tutte operazioni orientate a rendere difficile, se non impossibile, la relazione umana, affettiva e sessuale tra i generi. Nella stessa direzione vanno le campagne confusive su genere, sesso, orientamento, con tutto il circo ideologico tipico della cultura queer, laddove si tenta di affermare che, non esistendo i generi per natura, ma dipendendo tutto dall’autopercezione “liquida”, in pratica tutti siamo tutto e niente nello stesso tempo. Il famoso transumanesimo disumanizzante (di cui le periodiche polemiche femministe contro la festa di San Valentino sono parte integrante) che, complice gli strumenti di comunicazione interpersonali moderni, tanti ostacoli sta mettendo e metterà ancora di più alla realizzazione di relazioni sane tra persone biologicamente impostate per amarsi e attrarsi. Il tutto quando sarebbe stato molto più semplice spiegare alle persone, dati e fatti alla mano, cosa sta succedendo al clima, lavorando poi su un forum globale per cercare di capire se poteva esserci una convergenza di tutti sul fatto che per un tot di generazioni è opportuno tirare il freno a mano della demografia. Facendolo per altro a un prezzo assolutamente abbordabile: un’operazioncina di 15 minuti senza alcuna conseguenza sulla qualità della vita dell’uomo che vi si sottopone. Vero, sarebbe stata una mazzata sulle ormai diffusissime aspirazioni genitoriali degli uomini, che però con una certa facilità si sarebbero in maggioranza adattati a un rinuncia temporanea di questo tipo. Senza mettere obblighi, ma soltanto diffondendo consapevolezza (e gratuità dell’operazione), sono certo che alla fine i volontari sarebbero stati abbastanza da garantire un contenimento demografico globale.

E le donne come avrebbero reagito rispetto a una prospettiva del genere? Male, molto probabilmente. La loro irresistibile indole e la loro capacità procreativa sono parte costitutiva del potere che secolarmente gli viene riconosciuto e che gli ha garantito privilegi, protezione, priorità. Tutti vantaggi che una donna impossibilitata a procreare, per mancanza di materia prima, rischierebbe di perdere. Il superpotere abortivo decadrebbe, così come quello ricattatorio basato sulla custodia dei figli. Alle donne rimarrebbe un unico potere, tra i tanti che ha per ottenere i propri privilegi: la seduzione (ovvero la sessualità). Anche per questo il fronte femminile (e soprattutto femminista) si sarebbe opposto e si opporrebbe a un programma di sterilizzazione maschile. Anche per questo si è preferita la strategia psichiatrica che ben conosciamo di snaturamento dell’umanità. Il tutto nonostante il fatto che questo tipo di soluzione avrebbe rappresentato una chiave di volta proprio per le istanze femministe. Uno stop di medio-lungo periodo della fertilità maschile consentirebbe a tutte le donne di essere finalmente libere di mettersi in gioco senza la “zavorra” della maternità, in ambito professionale come in ogni altro settore. Potrebbero davvero competere “alla pari” con gli uomini e dimostrare quanto ingiusta è stata l’oppressione a cui sono state forzate per secoli… Sulla carta sarebbe l’ottimo per loro, ma è certo che sarebbero le prime ad opporsi a un disegno del genere, con buona pace della crisi climatica. Intendiamoci: questo che ho disegnato è uno scenario di buon senso e per questo, nel mondo attuale, da confinare nel novero delle ipotesi fantasiose. Da essa può trarsi al massimo un suggerimento per tutti gli uomini, specie per i più giovani, ossia quello di riflettere sull’opportunità di sterilizzarsi. A meno che, per qualche ragione, non si abbia un’incontenibile desiderio di avere una progenie, a mio avviso l’ipotesi di fruire di un’occasione così liberatoria per l’uomo, devastante rispetto agli sbilanci di genere e ai relativi privilegi, e per di più utile dal lato della protezione ambientale, meriterebbe di essere presa in seria considerazione.



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