di Santiago Gascó Altaba – Quest’estate il museo d’arte comtemporanea Reina Sofia (Madrid), sede e dimora del Guernica, la più celebre e universale opera di Picasso, ha organizzato una mostra dell’artista femminista Miriam Cahn. Lo scopo della mostra è quello di “mettere fine al dominio della visione maschile nella storia dell’arte” e di “iniziare un progetto di emancipazione della donna”. La costruzione di un discorso nuovo che “reinterpreta e contestualizza le opere del passato”. L’artista afferma: “Il mio femminismo è una dichiarazione di guerra contro la disuguaglianza”, “l’invisibilità (femminile) è una forma di violenza”. Lei rifiuta il canone patriarcale e maschile nell’arte e “incorpora le condizioni fisiche della donna alla creazione: dipinge in funzione dei suoi ritmi di ovulazione, (…) fa uso delle sue energie durante il ciclo riproduttivo, e crea opere denominate opere di ovulazione oppure opere mestruali.” Per favore, non chiedetemi cosa significa, io non sono una donna.
A quanto pare, la fissa dell’artista è il celebre quadro L’origine del mondo di Courbet. Secondo lei, “ne L’origine del mondo non importa la donna, importa il fatto che sono le donne che devono partorire. Importa l’esibizione sfacciata del desiderio maschile, dipinta da un uomo”. Per contrastare questo lascivo desiderio, l’artista propone la sua opera: un nudo integrale a volto scoperto, vagina in primo piano da dove risalta un’immensa clitoride, “una grande clitoride che affonda la visione mascolinizzata nel nudo femminile”. Insomma, due vagine a confronto. Per favore, non chiedetemi cosa significa, io non ragiono come una femminista. Ma al di là di tutto questo scervellamento elucubrato, l’aspetto che a noi interessa è il fatto che “il problema non si trova nei genitali, ma in quello che cerca lo spettatore”. Il peccato dunque risiede nello sguardo maschile. Il problema siamo noi uomini, il nostro modo di pensare, di desiderare, di interpretare, di vedere e di vivere l’universo sesso-affettivo.
Il corpo della donna è da sempre l’arma migliore…
Non stiamo parlando di comportamenti inappropriati (comunque di anche questi), stiamo parlando del modo maschile di guardare il mondo (l’artista ha denominato la sua opera proprio “Guardare”), stiamo parlando dei nostri sentimenti maschili più profondi, i nostri sogni, la nostra fantasia, la nostra immaginazione, le nostre aspirazioni, la nostra libidine. Il femminismo non si ferma alle azioni, non giudica unicamente i nostri atti, vuole colonizzare la mente maschile, i nostri desideri e i nostri pensieri. Dobbiamo rinunciare a cosificare le donne (?), smettere di fare le tipiche conversazioni maschili in gruppi di soli maschi o ridere di barzellette sconce, dobbiamo essere politicamente corretti, rifuggire le nostre pulsioni, colpevolizzare la nostra eccitazione, censurare il piacere della visione pornografica, sentirci colpevoli per i nostri desideri più intimi, reprimere e rendere sterile anche nel più profondo la nostra natura. Insomma, dobbiamo essere rieducati, riprogrammati.
“ all’uomo è vietato anche il suo desiderio, la sua brama di essere maschio, colpevolizzato nel pensiero, nella sua natura. Il nono comandamento è esplicito solo per l’uomo: “non desiderare la donna d’altri”. La critica femminista lo fa diventare il suo cavallo di battaglia, la pornografia diventa bersaglio dei suoi attacchi, e non viene risparmiato il modo che hanno gli uomini di guardare le donne, per strada, nelle immagini o nei media. Se per le donne vale il motto femminista “il corpo è mio e lo gestisco io” non si capisce perché per gli uomini non dovrebbe valere il motto “la mente è mia e la gestisco io”. Eppure femministe e religiosi si sono trovati su questo fronte compagni in un’alleanza inaspettata all’ora di stigmatizzare l’abitudine maschile di fantasticare sul sesso.” (La grande menzogna del femminismo, p. 542). «Cambiare l’identità maschile e la mascolinità sarebbe un’importante strategia per raggiungere l’uguaglianza di genere» (Women 2000 and beyond, The Role of Men and Boys in Achieving Gender Equality, ONU – Division for the Advancement of Women) (La grande menzogna del femminismo, p. 57). Conclude l’articolo: “E lei fa del suo corpo la sua migliore arma. Il suo terreno, il suo fascino. La sua rivendicazione”. Naturalmente, come tutte le donne, come le ombrelline nella Formula 1, il corpo della donna è da sempre l’arma migliore… per colpa delle pulsioni maschili.