Ha un che di surreale scoprire a due anni di distanza di essere stati oggetto di un’interrogazione parlamentare. Mi è capitato due giorni fa, quando Vincenzo Moggia, amico e autore di splendidi articoli su queste pagine, mi manda questo:
Non ne sapevo niente, nessuno mi aveva informato di questa interrogazione parlamentare. Ma riavvolgiamo brevemente il nastro, per capirci qualcosa. Lunedì 20 maggio 2022 alle ore 15.00 io e Fabio Nestola, altro amico e meraviglioso autore per queste pagine, interveniamo alla Commissione Giustizia del Senato, su invito della stessa, per portare la nostra opinione sul DDL 2530, l’ennesima proposta di legge repressiva e manettara infilata dentro al cavallo di Troia della “violenza di genere”. Il sottoscritto e Nestola si presentano puntuali, dicono la loro (visibile qui e qui) e poi attendono la bufera. Che in effetti si palesa, sotto forma di vari post e tweet spettinati e arrabbiati di varie rappresentanti, istituzionali e non, del femminismo nazionale. Niente di cui preoccuparsi, il solito rumore di fondo tipico degli interventi social: qualche fiammata di odio, che in poche ore si sposta su qualcos’altro, poi su altro, poi su altro e così via. Se non che invece, scopriamo dopo due anni, a un mese di distanza ben nove parlamentari si scomodano a fare un’interrogazione parlamentare al Ministro dell’Interno per protestare contro la nostra audizione al Senato e chiedere che i nostri canali di comunicazione vengano chiusi.
La lettura dell’interrogazione è quanto mai emblematica perché mette a nudo la strategia messa in atto da anni nei confronti delle problematiche che poniamo, finalizzata semplicemente alla delegittimazione. Nessuna delle nostre controparti si è mai azzardata di venire a questionare le nostre tesi, un po’ perché sanno che le loro sono perdenti, ma soprattutto perché accettando il confronto ci legittimerebbero come interlocutori. Il loro scopo invece è di tenere le nostre argomentazioni fuori dal tavolo della discussione definendole indegne a prescindere. Chiaro che un invito in Senato è una legittimazione potente, tanto da farle arrabbiare parecchio e da indurle a compilare l’Atto di Sindacato Ispettivo che vedete qua sopra. Ho cercato con attenzione, ma non risulta che il Ministro dell’Interno abbia perso tempo a rispondere, vivaddio. Di certo aveva di meglio da fare. Però, data l’importanza della cosa per noi, vale la pena che qualche risposta la si dia, sminuzzando il testo dell’interrogazione e vedendo bene cosa c’è dentro.
Quando si raschia il barile…
Ci si accusa di dichiarazioni ingiuriose. Talvolta i nostri toni, specie in passato, possono essere stati particolarmente appassionati, ma mai siamo arrivati all’ingiuria. Non è nel nostro metodo utilizzare strumenti sterili, la nostra posizione è troppo scomoda e delicata per prestare il fianco in modo così sciocco. Dunque questa prima è una falsa accusa e che sia tale lo dimostra anche che non una denuncia per diffamazione proveniente da costoro ci è mai stata notificata, andando probabilmente a ingrassare il gran numero di archiviazioni per infondatezza. Allo stesso modo non mi risulta che qualche articolista de “La Fionda” o di “Stalker sarai tu”, me incluso, abbia mai incitato a danneggiare le panchine rosse. Gli articoli sono tutti attentamente passati al vaglio e se qualcosa del genere è stata pubblicata aveva sicuramente un tono ironico o di satira, che nel caso qui viene sapientemente strumentalizzato. Il che è ancora più vero per l’accusa di body-shaming. Niente che contenga roba del genere passerà mai né è mai passata su queste pagine. Oltre a non essere nel nostro stile, sarebbe come gettarsi nudi in un cespuglio d’ortiche. Sforzo inutile, il nostro, perché tanto poi a buon peso l’accusa arriva comunque. Tuttavia, come nella migliore tradizione, è falsa.
Si recupera poi una vecchissima storia, un mio post sul mio profilo personale Facebook dove in effetti mi esprimevo con emotività e stranamente molto fuori dalle righe. Una vicenda che ebbi modo di spiegare e per cui mi scusai pubblicamente, come si può vedere da questo estratto dal relativo articolo nel vecchio blog. Ma tant’è, per annullare la legittimazione di Stasi e Nestola si riciccia fuori di tutto. C’è poi il famoso “inqualificabili parassite” che avrei rivolto a D.I.Re. e alle sue attiviste, vicenda per cui le suddette mi hanno denunciato con una querela priva di prove, come raccontato qui, e probabilmente per questo a un certo punto ritirata. Ma le pallottole spuntate non finiscono qui: di nuovo si prendono post Facebook evidentemente satirici (“pignotte”… ma dai, su!) e li si fa passare come insulti modificati per evitare la sospensione da Facebook. Occorre davvero essere politici per mentire con così tanta disinvoltura. Si aggiungono poi espressioni colorite assortite prese da chissà dove, estrapolate da chissà quali contesti, in una lunga lista che sa molto di lamentela infantile alla maestra. Ma va bene così, tutto fa buon peso…
Immancabilmente poi si sparano le statistiche tanto vecchie quanto farlocche dell’ISTAT sulla “violenza di genere”. A quella roba ho addirittura dedicato un libro, che dimostra quanto quelle cifre siano affidabili come un ludopatico in un casinò, quindi non ci spendo altro tempo. Dopo cotante accuse, una più infondata dell’altra, sparacchiate giusto per fare impressione a Sua Eccellenza il Ministro dell’Interno, arriva il bello: orrore, Stasi e Nestola sono stati auditi sul DDL 2530! Già già. Tanto per rinfrescare la memoria, si trattava di quel DDL che giustificava le solite misure manettare (implicitamente solo verso gli uomini) appoggiandosi a cose come questa:
Un tentativo di truffa.
Ovvero a una tabella dove tutti i valori sono in netto calo, tranne in un caso, seguita da una frase dove si dichiara che il trend dei reati spia è in aumento. Un tentativo di far passare per scemi i cittadini e di truffarli. Una sorta di trans-verità: non importa cosa risulta dalla realtà, importano i dati “percepiti” dai politici che vogliono far passare leggi repressive. Anche se il trend è di netto calo e loro percepiscono che è un trend in aumento, allora la legge ha un senso e tutti se la devono bere. Questo era il DDL 2530, stando a quanto si vede qua sopra. E per difenderlo dai rilievi ragionati e pacati del sottoscritto e di Fabio Nestola l’intero femminismo italiano con le sue rappresentanti istituzionali si è scomodato in un’interrogazione parlamentare apparentemente finalizzata a chiuderci tutti i canali, cosa già gravissima, in realtà votata alla solita tattica della delegittimazione. Perché con chi scova magagne nel processo legislativo come quelle qui sopra non ci si può discutere, va soltanto zittito e cacciato dal tavolo della discussione. Altrimenti si rompe il giochino. Il Ministro dell’Interno pare non abbia risposto a questo coacervo di strumentalizzazioni e falsità. A distanza di due anni ho ritenuto dunque di rispondere io. E mi si scusi il ritardo.