Una storia consueta: lui viene accusato in conformità al Codice Rosso. Scattano le misure cautelari immediate e la “povera vittima” viene ospitata in una struttura protetta insieme ai figli. L’uomo viene processato e assolto. Emerge che la “povera vittima” non era vittima affatto, anzi era lei che maltrattava marito e figli. Ma la verità è emersa solo dopo oltre due anni, nell’immediatezza i solerti PM hanno come sempre abboccato alle menzogne ingoiando amo, esca e lenza. Mi chiedo cosa insegnino nei corsi, caldamente sollecitati dalle operatrici dei CAV, dedicati agli operatori giudiziari di ogni ordine e grado affinché imparino a riconoscere i segnali della violenza. Ma la risposta è semplice: believe women, lei accusa, lui è colpevole. Fine del corso.
Della vicenda parla questo articolo: «Le denunce avevano contorni di gravissimi maltrattamenti e lesioni in famiglia: (…) Codice rosso, lei e i bambini trasferiti in una comunità segreta, il marito a processo con il divieto di avvicinamento e il braccialetto elettronico. (…) Dopo tre anni di calvario giudiziario e lontananza forzata dai figli, il 48enne è stato assolto da tutte le accuse (…) L’imputato era difeso dagli avvocati Claudia Corrao e Giuseppe Di Cesare. Ora, paradossalmente, è la donna a rischiare di essere indagata per gli stessi reati contestati al marito: il sospetto è che abbia sporto quattro false denunce ai carabinieri e maltrattato lei i figli».
Il “Codice Rosso” e la calunnia.
A picchiare i figli, a tenerli sotto ricatto sarebbe stata proprio la madre. Lo faceva a casa e lo avrebbe rifatto perfino sfidando le assistenti sociali, che avevano raccolto lo sfogo delle due figlie più grandi, una di 9 e una di 5 anni. Dai verbali agli atti: «Ci faceva dire che eravamo scivolate e che avevamo sbattuto sul lavandino… ma era lei a darci botte, a casa papà cercava di difenderci». Un’assistente sociale, convocata dal Gup, ha riferito che le bambine erano riuscite a farsi prestare un cellulare da una signora ospite della casa famiglia e avevano mandato messaggi vocali al padre: «Ci manchi, vieni a prenderci». Anche le educatrici della casa famiglia, chiamate come testimoni, hanno raccontato che la donna avrebbe preparato ogni volta i figli agli interrogatori degli operatori dei servizi sociali o del Tribunale dei Minori che monitorava la situazione.
Insomma una delle tante calunniatrici di cui registriamo le gesta e che al momento delle denunce (questa signora ne ha fatte quattro) vengono coccolate con empatia dai media che aderiscono acriticamente alla narrazione con la formula-standard “dopo anni di violenze subite ha finalmente trovato il coraggio di denunciare il proprio aguzzino”. Invece l’aguzzina era lei, ma l’innocente ingiustamente accusato si è dovuto sciroppare tre anni di braccialetto elettronico. Il giorno in cui verrà riconosciuta l’emergenza sociale delle #falseaccuse e verrà riformato il Codice Rosso, sarà sempre troppo tardi