«L’identità dell’uomo bianco eterosessuale è soggetta al terrore che altri scoprano che è debole. Ecco perché è così pericolosa: per dimostrare che non è così, l’uomo bianco ricorre a comportamenti estremi, alla violenza sessuale o alla violenza delle armi», afferma in un’intervista sul giornale spagnolo El país lo scrittore americano Ben Lerner. Un’affermazione che non possiamo che condividere, è arcinoto che le donne, le altre etnie e persone con altri orientamenti sessuali non fanno mai uso della violenza. Tutti sappiano che la Guerra delle due Giovanne, così denominata, non fu combattuta dalle due Giovanne, e la Guerra della regina Anna, così denominata, non fu combattuta dalla regina Anna, che Margaret Thatcher e la regina Elisabetta non mandarono le truppe alle isole Malvine, e le donne che facevano da guardia nei campi di concentramento nazisti si comportarono amichevolmente con le loro consorelle recluse. Tutti sappiamo che nel Congo lo stupro non fu un’arma di guerra, che i mongoli non invasero la metà del mondo devastando e uccidendo, che gli aztechi non sacrificarono sull’altare le popolazioni vinte e i nativi pellerossa ricevettero i coloni bianchi con i fiori. Tutti sappiamo che Alessandro Magno, Cesare, Augusto, Tiberio, Nerone, esempi paradigmatici di personaggi storici bisessuali secondo la storiografia LGBTQ, era gente pacifica, e gli omosessuali serial killer come John Wayne Gacy, Jeffrey Dahmer, il cannibale di Milwaukee, o Gilles de Rais (1405-1440), divenuto Barbablù nella nota fiaba di Perrault con cambio di sesso delle vittime, non sodomizzavano le loro vittime.
In base a quanto espresso possiamo dedurre che il sig. Ben Lerner è un perfetto idiota (oltre che ignorante). Il mondo è pieno di idioti, e questo è uno dei motivi per il quale dovrebbe esistere la libertà di parola. Tutti hanno il diritto di esprimere la propria idiozia. Ma una cosa è esprimere la propria idiozia nel bar, tra gli amici di bevuta, e un’altra è spacciarla per qualcosa di intellettualmente pregevole via le istituzioni e i media. El País è il giornale di maggior diffusione in lingua spagnola, migliaia di copie vendute ovunque nel mondo. Come è possibile mettere una cretinata del genere in un giornale di quel livello? Tra le centinaia di impiegati che lavorano nel giornale, nessuno si rende conto delle stupidaggini che pubblicano? La ministro spagnola per le Pari Opportunità, la femminista Irene Montero, ha affermato di recente (min. 1:05:30): «la distribuzione della ricchezza nel mondo è predominantemente nelle mani di uomini eterosessuali bianchi», dopo essere lei stessa riuscita a moltiplicare per cento il suo patrimonio (oltre 700.000 euro) in pochi anni da quando è entrata in politica. L’idiozia istituzionalizzata. Non so se dal tenore di questa considerazione la ministro Montero avesse in mente Jezz Bezos e Bill Gates, o le loro mogli MacKenzie e Melinda. Forse la ministro dovrebbe spiegare perché se la ricchezza è nelle mani di questi uomini, ogni volta che si separano devono spartirla a metà con le loro ex consorti. Melinda Gates ha preso 65 miliardi di dollari su un patrimonio netto stimato in oltre 130 miliardi di dollari.
L’inarrestabile gara del vittimismo.
Negli ultimi anni l’uomo eterosessuale bianco è diventato il jolly per ogni accusa e denigrazione. L’umanità è stata sezionata in numerosi gruppi, a seconda di diverse caratteristiche – la razza, il sesso, l’orientamento sessuale, le idee politiche…–, che in realtà si riducono solo a due: vittime e colpevoli. Questo fenomeno divisivo e conflittuale non è nato dal nulla, è l’esito dell’evoluzione del movimento femminista (femminismo intersezionale). La stessa Irene Montero, sempre nello stesso video qualche secondo prima (min. 1:05:00), dichiara: «in un mondo che per molti secoli ha privilegiato la posizione maschile e subordinato più della metà della popolazione…». Questo è il cuore del femminismo, un’asserzione pericolosa, divisiva e conflittuale, oltre che falsa. Le ideologie spezzano il concetto di umanità, la pari dignità tra gli esseri umani, e predeterminano la formazione di due gruppi in conflitto: da una parte loro, i buoni; dall’altra gli altri, i cattivi. Nel femminismo, da una parte le donne, vittime/opprese, dall’altra gli uomini, colpevoli/oppressori. Questo permette alla vittima di arrogarsi il diritto di lanciare qualsiasi accusa al colpevole, di criminalizzarlo in una spirale senza fine e con accuse sempre più gravi. Il diritto di rinfacciargli la sua perfidia, la sua malvagità, fino al punto di levargli, pian piano, la sua dignità di essere umano. Così manifestavano ieri i nazisti per le strade della Germania contro gli ebrei e così manifestano oggi le femministe contro gli uomini: «il mostro è in casa». Il “mostro”, nessuna parvenza di essere umano. Così lo riportano i mass media, senza la più che minima critica. Ieri era l’ebreo in Germania, oggi è il compagno, il marito, il padre. È ipotizzabile una manifestazione speculare di uomini disincantati, ex oppure ostili alle donne che proclamano per le strade «la puttana è in casa» oppure «l’infanticida è in casa», notizia da riportarsi senza alcuna critica dai mass media occidentali?
Sto esagerando? È noto che i social network adoperano algoritmi per combattere i discorsi d’odio, in grado di rilevarli e cancellarli. L’anno scorso l’algoritmo di Facebook è stato modificato per permettere i messaggi d’odio rivolti contro gli uomini e/o i bianchi. In somma sintesi i fatti sono questi: nel 2015 Facebook introdusse un software che doveva rilevare e in automatico cancellare, prima che gli utenti potessero vederli, i messaggi d’odio (secondo i dati dell’azienda nel 2019 il sofware era riuscito a eliminare l’80% di questi messaggi). Facebook possiede Instagram, che impiega lo stesso algoritmo. C’era un problema però: il software era neutrale, non faceva distinzione di sesso o razza (race-blind), non faceva distinzione tra i gruppi bersagliati da questi insulti. Trattava allo stesso modo gli insulti razzisti contro i bianchi che gli insulti razzisti contro i neri o antisemiti. «Se non si fa qualcosa per controllare il razzismo strutturale che domina nella società, si finisce sempre per amplificarlo». Nacque il progetto WoW, “worst of the worst” (il peggio del peggio), costituito da ricercatori pro diritti civili. Per “il peggio del peggio” si intendevano le offese dirette contro i neri, i musulmani, le persone con di razza mista, la comunità LGBTQ e gli ebrei. Dunque una graduatoria di insulti secondo il destinatario: c’era “il peggio” e poi “il peggio del peggio”. A dicembre 2019 presentarono le conclusioni dello studio: l’algoritmo proteggeva di più gli uomini e i bianchi e aveva un impatto negativo invece sulle minoranze e sui gruppi più deboli della società. La parità recava danno ai gruppi vulnerabili, che richiedevano più protezione. Proposero di modificare l’algoritmo per proteggere in maggior misura cinque gruppi specifici: i neri, gli ebrei, gli LGBTQ, i musulmani e persone di razza mista.
Il colpevole deve stare zitto.
Il gruppo dirigente di Facebook rifiutò la proposta. Le modifiche avrebbero aperto le porte alle critiche di altri gruppi vulnerabili esclusi da queste protezioni, come i messicani e le donne. Facebook doveva sembrare «politicamente neutrale». Infatti, il problema di vivere in un mondo dominato dalla vittimizzazione è che prima o poi ci sarà qualcuno che si dichiara ancora più vittima. Risulta quasi impossibile stilare un elenco dei gruppi sociali vulnerabili, senza che questo elenco rischi di essere stravolto continuamente da nuovi candidati: affetti da obesità, anziani, coreani, muratori, ragazze squillo… Come ha risolto il gruppo dirigente di Facebook questo inconveniente? Facile. Invece di fare un elenco delle vittime, sempre numerose e rumorose, ha deciso di fare un elenco dei colpevoli: «bianchi», «uomini» e «americani». Da un anno circa i commenti d’odio contro i neri sono perseguiti più severamente o, in altre parole più attinenti alla realtà, i commenti d’odio contro i bianchi (o uomini o americani) sono trascurati, non hanno la priorità. Ad esempio, espressioni del tipo “i gay sono disgustosi” vengono cancellati in automatico mentre “gli uomini sono dei porci” vengono lasciati. Gli attacchi contro i «bianchi», gli «uomini» e gli «americani» sono ritenuti ancora da Facebook discorsi d’odio, solo che li considera come di «low-sensitivity» (bassa sensibilità) e non vengono più cancellati in automatico dall’algoritmo, al contrario del resto degli attacchi ad altri collettivi. L’utente però ha la facoltà di segnalarli comunque. Sulla scia dell’intervento della settimana scorsa sulle multinazionali, cosa bisogna fare? Cancellarsi da Facebook e da Instagram?
L’analogia con il femminismo è strabiliante. La parità è un inganno che reca danno alla parte vulnerabile e beneficia la parte privilegiata della società. Tutti gli insulti sono discorsi d’odio, ma non si possono trattare parimenti. Dunque si perseguitano quelli contro le donne o i neri e si tralasciano e ignorano quelli contro gli uomini o i bianchi. Tutti gli omicidi sono deplorevoli, ma non si possono trattare parimenti. Dunque si creano normative, campagne e nomi specifici per quelli contro le donne (femminicidio) e si trascurano e ignorano quelli contro gli uomini. Tutta la violenza è da respingere, ma non si può trattare parimenti. Dunque si creano normative, campagne e nomi (violenza di genere) e si trascura e si ignora la violenza contro gli uomini. E così all’infinito. Discriminazione positiva. Per raggiungere la parità, bisogna distruggere la parità, concetto paradossale ma a quanto pare vero. Afferma Frederick Joseph, imprenditore e autore in Facebook: «parlare del privilegio bianco, della supremazia bianca e degli aspetti problematici dell’essenza di essere bianco fa parte del lavoro della teoria della razza». Parlare del privilegio maschile, della supremazia maschile e della mascolinità tossica fa parte del lavoro della teoria femminista. Afferma Danielle Citron, professoressa di giurisprudenza specializzata in libertà di parola presso la Boston University Law: «non possiamo combattere il razzismo sistemico se non possiamo parlarne, e sfidare la supremazia bianca e gli uomini bianchi è una parte importante del dialogo sul razzismo». Non possiamo combattere il maschilismo sistemico se non possiamo palarne, e sfidare la supremazia maschile e gli uomini è una parte importante del dialogo sulla misoginia patriarcale. Le vittime hanno diritto di parlarne, hanno diritto a far sentire in colpa i colpevoli, hanno licenza di oltraggio: mostri, misogini, razzisti, violenti, oppressori, maschilisti, stupratori, pedofili, porci… Lo stesso identico discorso realizzato dai colpevoli è un discorso d’odio. Il colpevole, l’uomo bianco etero, deve stare zitto.