Il Corriere della Sera riferisce questa notizia: «Una domanda molto popolare su TikTok in questo momento apre il dibattito sulla percezione della sicurezza della donne. “Se ti trovassi da sola in un bosco, preferiresti imbatterti in un uomo o in un orso?” ha chiesto alle ragazze di Londra Screenshot il 10 aprile. Poi il profilo di informazione ha postato online la clip: solo una su otto ha risposto che preferirebbe incontrare un uomo. “Scelgo l’orso, gli uomini mi fanno paura”, dice una ragazza. “Ho sentito che gli orsi non ti attaccano se non li provochi, quindi direi l’orso” un’altra. “Dipende dall’uomo, ma probabilmente sceglierei l’orso”, aggiunge la terza intervistata. Stesso trend in altro video virale pubblicato dalla popolare creator statunitense Meredith Steele: il marito non ha dubbi: preferirebbe che la figlia incontrasse un orso… “Magari è un orso amichevole…”, ha aggiunto». Questa “notizia” è stata riportata da diversi giornali del mondo occidentale e ha avuto un’ampia diffusione sui social e sui media. Questa “notizia” invita a una serie di riflessioni. Innanzitutto merita una riflessione il modo in cui è redatta la domanda, che trasmette una concezione moderna sulla pericolosità del mondo molto diversa del passato. Non soltanto per quanto riguarda la pericolosità degli orsi. Nella domanda è implicita la sicurezza del luogo dove ci si trova: «Se ti trovassi da sola in un bosco…». Il bosco è sempre stato un luogo pericoloso, e nessuno, men che meno le donne ci andavano da sole se non dovevano. La frase rispecchia un sentire moderno che è molto lontano dal sentire di una volta. La domanda non chiede “se ti trovassi persa nel bosco…”, cioè in pericolo, come succedeva spesso nelle fiabe, ad esempio in Biancaneve o in Pollicino.
La locuzione latina hic sunt leones (qui ci sono i leoni) è un’espressione adoperata nelle carte geografiche antiche per indicare le zone ancora inesplorate dell’Africa. La frase stava ad indicare che non si sapeva cosa si trovasse in quelle lande sconosciute, a parte il fatto che fossero abitate da belve, territori dunque pericolosi. Il mondo, al di fuori delle ristrette zone civilizzate e rese sicure, era ostile e pericoloso. Se oggi le donne possono fare da sole senza paura “una passeggiata nel bosco” o in altri luoghi in natura, questo è dovuto principalmente al fatto che degli uomini hanno reso sicuri questi luoghi. Il fatto che le donne moderne non abbiano alcuna consapevolezza della pericolosità degli orsi, o del bosco, non apre un «dibattito sulla percezione della sicurezza della donne» ma piuttosto un «dibattito sull’ignoranza storica delle donne». Una domanda simile dovrebbe indurre queste donne a riflettere in primis come sia possibile che loro possano immaginare di fare da sole delle passeggiate nel bosco, un luogo fino a non molto tempo fa ostile e pericoloso. Se loro ne fossero consapevoli, cosa che non sono, la prima cosa che dovrebbero esprimere verso gli uomini è la gratitudine per poter fare in sicurezza queste passeggiate. La domanda e le risposte mettono in evidenza la netta dissonanza che esiste oggigiorno tra il sentimento maldisposto che la maggior parte delle donne nutre nei confronti degli uomini e l’elevato standard di vita che queste donne riescono ad usufruire grazie soprattutto al sacrificio storico maschile, verso il quale queste donne non si sentono in nessun modo né debitrici né grate. L’ignoranza storica in questo campo regna sovrana.
Domande da lavaggio del cervello.
In secondo luogo, bisogna dire che la “notizia” non è inedita. Esistono notizie simili di vecchia data, cambia l’elemento di paragone con l’uomo, sempre pericoloso e micidiale, ma la sostanza non cambia. Tempo fa ha avuto un certo successo il confronto degli uomini con gli squali (qui o qui o qui). Uno dei testi recita così: «Attualmente esistono 530 specie di squali. Di queste 530 specie diverse, solo 10 sono potenzialmente pericolose per l’uomo. Concentriamoci su due specie. Lo squalo bianco attacca spesso l’uomo perché crede che sia un leone marino. Non è letteralmente colpa sua, è una semplice interpretazione errata. Lo squalo tigre attacca tutto ciò che si muove. E a volte anche ciò che non si muove. Quindi non è personale se attacca un essere umano. Vedi, non è colpa loro, sono soltanto animali che rispondono ai loro istinti primari. Riuscite a percepire il sarcasmo? Nel 2018 si sono verificati 100 attacchi di squali in tutto il mondo. […] Nel decennio 2009-2018 si sono verificati in media 7 decessi all’anno causati da attacchi di squali. In questo decennio non si sono verificati decessi nelle acque europee. Eppure la paura degli squali fa parte di noi. Se qualcuno grida “squalo!” mentre nuota tranquillamente sulla spiaggia, tutti escono subito e senza esitazione dall’acqua. Questa paura è quindi ampiamente accettata. Senza domande, senza scherno e senza giudizio. […] Se si accetta che si possa avere paura degli squali e che gli squali siano considerati un pericoloso predatore per l’uomo quando uccidono solo 7 esseri umani all’anno… perché dovrebbe essere diverso per il predatore più pericoloso della donna: l’uomo? […] Poiché tu non hai ucciso, pensi di non aver mai stuprato, pensi di non essere mai stato violento con una donna, allora questo giustificherebbe il fatto di non dire “tutti gli uomini”. Eppure sei un uomo, appartieni al genere che ci perseguita incessantemente da diversi millenni. Eppure ti rifiuti di assumerti la responsabilità del tuo genere e di farlo cambiare».
Dunque la stessa notizia si ripropone ciclicamente, ieri squali, oggi orsi, domani… Rammentare periodicamente agli uomini la loro pericolosità, a danno delle donne, allo scopo di ri-educare il sesso maschile – a quanto pare senza molto successo – , è un modus operandi ricorrente del femminismo. Infatti, a cosa servono le continue campagne pubbliche contro la violenza contro le donne, ogni volta diverse e nuove di zecca, dalle panchine rosse ai monumenti in piazza alle trasmissioni in TV? Evidentemente non hanno uno scopo informativo, gli uomini sono già stati informati centinaia di volte, da quando escono dalla scuola elementare. Queste ricorrenti campagne devono per forza nascere per altre motivazioni, forse economiche – tengono in vita un’industria di persone che vive producendo e diffondendo campagne ripetitive e inutili –, forse per indurre nel comportamento maschile un apprendimento condizionato tramite la continua ripetizione del messaggio – metodo popolarmente noto come lavaggio del cervello. Di sicuro la campagna dell’orso non s’appella alla logica ma cerca di smuovere nelle persone i sentimenti e le paure più irrazionali. Preferiresti stare in una stanza con una donna o in un covo di serpenti velenosi, sentire il rumore di un bambino che gioca o il rumore delle sirene antiaeree, abbronzarti sulla spiaggia o all’interno di una fornace, imbatterti in un bosco in un uomo o in un orso?
La risposta è il male-bashing.
È ovvio per tutti che vengono proposti paragoni inappropriati, domande senza senso, in quanto la risposta razionale e logica è una e solo una. Nessun essere umano disarmato riuscirebbe fisicamente a prevalere su un orso adulto, e questo lo sa qualsiasi donna, anche se hanno risposto il contrario. È molto probabile che queste donne non abbiano mai incontrato un orso in tutta la loro vita, invece hanno incontrato e conosciuto migliaia di uomini che non le hanno mai attaccate. Le donne interagiscono quotidianamente con gli uomini: amici, colleghi, mariti, fratelli, nonni, zii, vicini… Dubito perciò che la maggior parte delle donne che hanno espresso la loro preferenza per un incontro con un orso ci credano veramente. E dubito anche che queste campagne terrorizzino le donne, le spingano a credere di vivere nella sfera pubblica in pericolo imminente, costantemente in guardia. La quotidianità delle loro vite, l’interazione continua e senza problemi con migliaia di uomini dimostrano il contrario. Tra l’altro, queste donne sono consapevoli che la stragrande maggioranza degli uomini non vuole che nessuna di loro subisca alcun danno, anzi sono consapevoli che molti di loro sarebbero disposti a rischiare la propria incolumità per proteggerle in caso di pericolo. Queste donne, che manifestano di prediligere l’incontro con l’orso, in realtà non ci credono, non vivono rinchiuse in casa dal terrore maschile né hanno paura quando scendono per strada e incontrano uomini. Allora, perché rispondono così? Queste presunte inchieste, se non vogliono informare, né pretendono terrorizzare il sesso femminile, né hanno effetti pratici sulla riduzione della violenza, qual è allora il loro senso?
A mio avviso, il senso è abbastanza evidente. Queste “notizie” mirano a denigrare l’universo maschile, la mascolinità, gli uomini, il Pater, il “Patriarcato”, fenomeno noto in inglese come male-bashing (pestaggio morale anti-maschile). Il paragone con l’orso degrada l’uomo, lo imbarbarisce, disumanizza, gli attribuisce qualità animalesche, lo abbassa allo stesso livello di animali selvaggi pericolosi (orso, squalo). Nello stesso istante che viene concesso credito alla domanda, come fa il Corriere con la mera pubblicazione senza alcuna critica, e nello stesso istante che le persone si degnano di rispondere, l’uomo diventa una caricatura da schernire. Queste inchieste non misurano «la percezione della sicurezza della donne», come suggerisce ipocritamente il Corriere: nessuna di quelle donne crede veramente che un orso sia meno pericoloso, né il loro comportamento sociale rispecchia il terrore che affermano di sentire verso gli uomini. Queste inchieste misurano «la diffusione della misandria nella società», che inizia già dalla stessa pubblicazione di una “notizia” completamente inutile. Queste sorte di campagne sono un’occasione per le persone di fare sfoggio pubblicamente, travestite da ragioni moralmente valide come è la lotta alla violenza, della misandria. Che sia proprio così è facilmente dimostrabile. Il motivo che giustificherebbe l’analogia dell’uomo con l’orso (o con lo squalo) è il maggior numero di attacchi violenti contro le donne da parte degli uomini. A rigor di logica è vero. Ma a rigor di logica il confronto verrebbe anche giustificato con qualsiasi altro gruppo sociale vi venga in mente (neri, svedesi, arabi, anziani, immigranti…). E, più importante, a rigor di logica è vero anche per le donne (che uccidono uomini) e per qualsiasi altro gruppo femminile (ad esempio madri che uccidono i figli). Quindi la domanda è semplice: se a rigor di logica il paragone con orsi o squali è ugualmente valido tanto per uomini quanto per le donne nelle vesti di carnefici, perché queste presunte inchieste sono sempre impostate in maniera unidirezionale a danno degli uomini? La risposta è male-bashing.