Diamo un’occhiata a questo articolo, datato 22 giugno. Nel raccontare un’applicazione del “Codice Rosso”, dice: “Nei giorni scorsi il personale della Polizia di Stato ha eseguito un’Ordinanza di applicazione di misura cautelare del divieto di avvicinamento alla moglie e ai figli minori nei confronti di un quarantenne”. “Nei giorni scorsi” significa certamente più di uno, quindi il 18, 19 o 20 giugno. Se fosse il 21 il cronista avrebbe scritto “ieri”. Ancora: “il provvedimento giunge a conclusione di una rapida ed intensa attività investigativa coordinata dalla locale Procura della Repubblica e avviata a seguito di una denuncia/querela sporta dalla parte offesa lo scorso 17 giugno”. La denuncia è datata 17 giugno quindi l’intensa attività investigativa – anche qualora fosse stata avviata il giorno immediatamente successivo alla denuncia – non potrebbe essere durata più di 24, 48 o, nella migliore delle ipotesi, 72 ore. In cosa è consistita?
Ecco: “I poliziotti, specializzati nella trattazione di reati in danno delle persone appartenenti alla categoria delle cd. fasce deboli, hanno ascoltato la donna raccogliendo le dettagliate descrizioni dei vari episodi di maltrattamento”. Tradotto: “Venga signora, si accomodi e ci racconti la sua personalissima versione dei fatti. Può stare tranquilla, raccogliamo solo la sua versione; l’accusato nemmeno lo convochiamo ed eventualmente potrà dare la propria versione durante il processo… comunque dopo essersi beccato le misure cautelari, il divieto di avvicinamento, il divieto di comunicazione, l’interruzione dei rapporti con i figli, il braccialetto elettronico”. Funziona così: lui è colpevole dal momento che lei lo accusa di esserlo. Poi vedremo se è vero, ma intanto trattiamolo come un criminale.
Quali sono le “fasce deboli”?
Quindi: “L’attività d’indagine, avviata dal personale della Squadra Mobile e coordinata dal Procuratore della Repubblica di Cosenza, ha trovato il suo epilogo nell’esecuzione del provvedimento cautelare, e conferma ancora una volta l’impegno, la particolare attenzione e sensibilità della Polizia di Stato, degli uomini della Questura, diretti dal Questore della Provincia di Cosenza, dr. Giuseppe Cannizzaro, e dell’Autorità Giudiziaria, nell’affrontare con attento e tempestivo intervento il fenomeno della violenza di genere e della tutela delle fasce deboli. L’uomo non potrà avvicinarsi ai luoghi frequentati dalla parte offesa ed ai figli mantenendo una distanza non inferiore ai 500 metri e dovrà astenersi dal contattare la donna con qualsiasi mezzo. È stato disposto, inoltre, il costante monitoraggio del rispetto del divieto attraverso l’attivazione e l’utilizzo del braccialetto elettronico”. Non sappiamo, oggi, quale possano essere gli sviluppi giudiziari di tale episodio. Magari il processo accerterà che l’imputato è veramente un soggetto violento, aggressivo e maltrattante; oppure salterà fuori che è solo vittima della narrazione tossica quale espressione di una manovra ostile finalizzata a toglierlo di mezzo rovinandogli la vita.
Questa seconda ipotesi è tutt’altro che remota, i dati ministeriali dicono che nell’oltre 90% dei casi le accuse si dimostrano prive di fondatezza e si concludono per archiviazione o assoluzione dell’innocente ingiustamente accusato. Proveremo a seguire gli sviluppi, se le cronache ne parleranno. Resta il fatto che le misure cautelari limitative della libertà personale partono immediatamente, dopo indagini-farsa durate un battito di ciglia e rigorosamente senza contraddittorio. Poi con calma, piano piano, senza fretta, c’è tutto il tempo per verificare se c’erano realmente gli estremi per farlo. Nel caso non ci fossero basta un blando “scusa cocco, ci siamo sbagliati. Ridacci il braccialetto elettronico che dobbiamo applicarlo ad un’altra vittima di false accuse”. Un’ultima riflessione sull’articolo che celebra l’impegno nell’affrontare con attento e tempestivo intervento il fenomeno della violenza di genere e della tutela delle fasce deboli. Quindi è violenza di genere perché la sedicente vittima dice che lo sia. Non è più necessario che, se di violenza si tratta, venga accertata in un processo? Nel meccanismo perverso attivato dal Codice Rosso è lecito chiedersi quali siano le fasce deboli.