Dice: ma perché voi de “La Fionda” raccogliete dai media le notizie delle violenze femminili sugli uomini? Risposta semplice: perché non lo fa nessuno a livello istituzionale. Il che è già grave. Ma è anche vero che c’è chi sta molto peggio, come ad esempio gli uomini vittime di violenza femminile nel Regno Unito. Là gli uomini sopravvissuti agli abusi affermano di sentirsi “ignorati” dalle istituzioni pubbliche perché i crimini contro di loro vengono classificati come “violenza contro le donne e le ragazze”. Proprio così, avete letto bene. Negli ultimi 15 anni, i governi che si sono succeduti hanno raggruppato le vittime maschili di abusi domestici, stupri, stalking nella stessa categoria delle vittime femminili. Un’aberrazione, oltre che una furberie, contro cui si stanno ora muovendo varie organizzazioni.
«Le vittime di sesso maschile possono spesso sentirsi ignorate, messe da parte perché non sono nemmeno elencate e penso che sia importante essere riconosciuti, essere visti», spiega Duncan Craig Obe, fondatore di dell’associazione “We Are Survivors” (Noi Siamo Sopravvissuti). «Sappiamo dalla strategia che viene adottata per le donne e le ragazze quanta differenza faccia quando qualcuno viene visto. Io e i miei compagni sopravvissuti maschi vogliamo avere la stessa visibilità”. Non è un caso che una recente ricerca dell’Università del Lancashire Centrale ha scoperto che l’88% dei sopravvissuti maschi ritiene che le istituzioni pubbliche non si interessino di loro, l’89% ha affermato che la politica ha reso loro più difficile ottenere aiuto e il 90% si è sentito invisibile.
Il caso di Rob Parkes.
In una dichiarazione tanto difensiva quanto ipocrita, un portavoce del governo, in risposta alle proteste, ha affermato: «Il termine “violenza contro donne e ragazze” si riferisce ad atti di violenza o abuso che sappiamo colpiscono in modo sproporzionato donne e ragazze. I crimini e i comportamenti coperti da questo termine includono stupro e altri reati sessuali, violenza domestica e stalking. Ovviamente anche uomini e ragazzi possono essere vittime di questi crimini e molte delle misure che abbiamo introdotto si applicano anche a loro, tra cui l’emanazione di nuovi ordini di protezione contro gli abusi domestici, il rafforzamento dei poteri anti-stalking e i piani per inserire specialisti in abusi domestici nelle case protette”.
Rob Parkes, 45 anni, porta la sua testimonianza. Ha trascorso anni in un matrimonio violento con una moglie che alla fine è stata condannata per tre capi d’imputazione, compreso quello di aver tentato di organizzare l’omicidio del marito. «Mia moglie ha controllato gran parte della mia vita, ha cambiato la mia personalità a tal punto che ero completamente isolato dai miei amici e dalla mia famiglia», ha dichiarato Rob. «Dopo che ci siamo separati e sono riuscito a ottenere la custodia di mia figlia, le cose hanno preso una piega diversa e nei 10 anni successivi ho capito che aveva cercato di organizzare il mio omicidio con vari uomini con cui era entrata in relazione. Alla fine è stata condannata e ha scontato una pena in prigione per questo». Rob, che ha scritto un libro sulla sua terribile esperienza, ha affermato che, con l’attuale sistema, il suo caso sarebbe stato considerato “violenza contro le donne” e come tale inserito nelle statistiche. «Il pregiudizio culturale è il presupposto che gli uomini debbano essere i colpevoli perché non esiste una classificazione delle vittime maschili: è una nota a piè di pagina». Qui da noi invece si sbattono di meno: le violenze femminili sugli uomini non le contano semplicemente e a dare la versione falsificata della realtà si delegano i mass-media.