Appena insediato, Donald Trump ha già firmato una serie di decreti esecutivi straordinari e decisivi, orientati a quella “rivoluzione del buon senso” da lui promessa in campagna elettorale: quando avevamo commentato quello atto a ristabilire la realtà biologica dei due sessi in tutti gli ambiti istituzionali statunitensi, contro la follia dei “generi”, avevamo espresso rammarico per l’assenza di considerazione riguardo le “transizioni di genere” nei minorenni, che vedono una casistica in ampia crescita negli Stati Uniti (e non solo). Ebbene, l’executive order dedicato a questo non si è fatto attendere. Il 28 gennaio scorso è stato emesso il decreto “A protezione dei bambini dalla mutilazione chimica e chirurgica”, che merita citare estesamente: «Oggi, lungo tutta la nazione, i professionisti del settore medico sterilizzano e mutilano un numero crescente di bambini suggestionabili, facendosi scudo della falsa ed estremistica nozione secondo cui gli adulti possono cambiare il sesso di un bambino per mezzo di una serie di interventi medici irreversibili. Questa pratica pericolosa sarà per sempre una macchia nella storia della nostra Nazione, e deve finire il prima possibile. Innumerevoli bambine finiscono ben presto per pentirsi della mutilazione subita, e comprendere l’orripilante tragedia di cui sono vittime, di non poter più concepire figli o non poterli nutrire al proprio petto. Inoltre, questi soggetti saranno costretti a essere per sempre debitori verso il sistema sanitario, perché questi interventi comportano complicazioni mediche a vita. Per queste ragioni, da oggi in poi è politica degli Stati Uniti cessare di finanziare, supportare, promuovere, assistere e diffondere le cosiddette “transizioni” dei minori da un sesso all’altro, e produrre leggi che proibiscono rigorosamente queste procedure irreversibili e distruttive».
Importante notare la terminologia usata, ribadita anche nelle “definizioni” che seguono alla policy citata: si parla esplicitamente di “mutilazione chimica e chirurgica”, termine che naturalmente non piace agli attivisti gender ma è spesso inviso anche ai commentatori più moderati, che preferiscono la formula “gender-affirming care”, “cura affermativa di genere”, che suona più gentile e positiva in quanto restituisce l’idea di qualcosa di bello, una cura del soggetto e la “affermazione” dello stesso. Purtroppo proprio di mutilazioni si tratta, e suggeriamo ai commentatori moderati di riflettere sul fatto che lungi dall’“affermare” il paziente queste pratiche negano la sua realtà fisica corporale fino a sopprimerla a vita. Nelle definizioni è reso chiaro che la formula si riferisce non solo alle pratiche chirurgiche ma anche «all’uso di ormoni bloccanti della pubertà» e «all’uso di ormoni cross-sex come i soppressori degli androgeni ed estrogeni, del progesterone e del testosterone».
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Nessuna base scientifica.
Altro aspetto interessante da sottolineare è che viene esplicitamente riconosciuta la «mancanza di integrità scientifica del WPATH», l’associazione dei professionisti del settore della “medicina transgender” finora considerata da molti (erroneamente) autorevole dal punto di vista scientifico, e viene pertanto sconfessato ogni riferimento alle linee-guida del WPATH: a quel che ci risulta, fatta salva qualche dichiarazione di “cautela” e di “ulteriori approfondimenti” qua e là, questa decisione rende gli USA di Trump il primo paese al mondo a mettere nero su bianco in un decreto l’inaffidabilità del WPATH, ormai nota al pubblico e alla comunità scientifica mondiale dopo lo scandalo seguito ai recenti leaks (che abbiamo raccontato in dettaglio qui, qui e qui, definendo il quadro emerso «uno dei più grandi crimini nella storia della medicina moderna»). Conseguentemente viene chiesto al ministero della salute di eliminare ogni riferimento all’approccio “affermativo di genere” in quei documenti, fino a ieri adottati dal governo federale e (in molti casi erroneamente) considerati gold standard e espressione delle massime autorità scientifiche, tra cui l’undicesima revisione dell’ICD, la classificazione internazionale delle malattie dell’OMS, che nel 2018 aveva depatologizzato la “disforia di genere” ribattezzandola “incongruenza di genere” e considerandola piuttosto una “condizione” legata alla “salute sessuale”.
Nella precedente versione dell’ICD, emessa nel 1990, si parlava di “disturbi dell’identità di genere” e “disforia di genere” come un esempio di queste condizioni patologiche: ma questa importante modifica più che a nuove evidenze scientifiche o un consenso della comunità dei ricercatori, fu dovuta al fatto che «una rete di organizzazioni della società civile e di governi di vari Stati membri e del Parlamento dell’Unione Europea negli scorsi anni hanno fatto pressione sull’OMS affinché le categorie collegate alle ‘identità transgender’ fossero rimosse dalla classificazione dei disturbi mentali; una delle maggiori forze motrici di queste pressioni è la lotta alla stigmatizzazione che si accompagna alle condizioni legate alla salute mentale in molte culture e nazioni». In altre parole, una considerazione morale e politica in questo caso ha provocato una revisione di quelle che sono considerate linee-guida scientifiche.
I dipartimenti DEI in smantellamento.
Un altro importante decreto emanato il 29 gennaio atto a “Eliminare l’indottrinamento radicale dalle scuole”, destinato al range dalla prima elementare all’ultimo anno delle superiori, mira a togliere finanziamenti pubblici a ogni insegnamento di tipo woke: «Negli ultimi anni i genitori hanno testimoniato un radicale indottrinamento dei propri figli nelle scuole, con gli studenti obbligati a accettare le ideologie insegnate senza poterle mettere in dubbio o sottoporre a esame critico. In molti casi, ai bambini è stato insegnato di adottare l’identità di vittima o di oppressore solamente sulla base del colore della propria pelle o altre caratteristiche immutabili; in altri casi, a giovani uomini e donne si è instillato il dubbio che possano essere ‘nati nel corpo sbagliato’ … Queste pratiche erodono il pensiero critico, ma anche seminano divisione, confusione e sfiducia, che vanno a danneggiare i fondamenti dell’identità personale e dell’unità delle famiglie. … Avviare gli studenti verso la mutilazione chimica e chirurgica senza il consenso dei genitori, o consentire a ragazzi l’accesso a spazi designati per le ragazze contravviene le leggi federali a protezione dei diritti dei genitori e dell’uguaglianza tra i sessi; allo stesso modo, promuovere concetti come ‘privilegio bianco’ o ‘pregiudizio inconsapevole’ promuove la discriminazione razziale e danneggia l’unità nazionale.
Questo governo produrrà leggi per assicurarsi che chiunque riceva fondi pubblici non potrà promuovere questi insegnamenti discriminatori e dovrà garantire i diritti dei genitori in ogni ambito scolastico». È indubbio che i decreti di Trump siano solo un primo passo verso una direzione, dal momento che più che vere e proprie leggi si tratta di orientamenti che dovranno guidare il legislatore nei prossimi mesi e anni, tuttavia la determinazione del governo Trump e la rapidità con cui si stanno fin da subito prendendo provvedimenti in accordo con i decreti fa ben sperare che la linea sarà mantenuta. Ad esempio già molti dipartimenti DEI (“Diversità, Equità e Inclusione”) stanno venendo smantellati in seguito al decreto relativo, e il Dipartimento di Stato ha emanato a tutti gli impiegati governativi l’ordine di rimuovere i “pronomi di preferenza” dalle firme delle email ufficiali, in ossequio al decreto che ristabilisce l’esistenza dei soli due “generi” corrispondenti ai sessi. E vista l’influenza culturale ed economica degli USA su tutto il “mondo occidentale” c’è una volta tanto da augurarsi che tale influenza si esprima appieno, e che questi provvedimenti diano il via a un “effetto domino” in Italia e in tutta Europa.