di Redazione. Un affezionato lettore ci inoltra uno scambio di email avuto con l’amministrazione del Tribunale dei Minori di Bologna. È stato lui a scrivere per primo, infastidito dalla presenza nel sito del Tribunale di due opuscoli informativi dedicati uno agli “uomini maltrattanti” e l’altro alle “donne maltrattate”. Secondo il nostro lettore, e noi non ci sentiamo di dargli torto, ci sono due anomalie: la prima è che si dà per assodato che i violenti in famiglia siano sempre gli uomini (e vittime ovviamente sempre le donne e i bambini).
La seconda è che, leggendo gli opuscoli, tale pregiudizio pare confermato con estrema forza. In più parti si dà per scontato che i ruoli giocati nell’ambito della violenza familiare siano strettamente collegati al genere. Chi picchia e uccide è sempre l’uomo, chi subisce è sempre la donna, mentre i bambini assistono o vengono ugualmente picchiati. Viene dunque esclusa a priori la casistica opposta, che pure, come testimoniamo continuamente su queste pagine e sui social collegati, ha una frequenza non indifferente. Il nostro lettore ha fatto notare tutto questo in diverse email, rimaste senza risposta fino a ieri, quando un dirigente amministrativo ha replicato, con molto garbo:
La risposta è insoddisfacente sotto diversi punti di vista, a nostro avviso. Nel momento in cui esistono solo due opuscoli, uno per uomini maltrattanti e uno per donne vittime, è tanto chiara quanto implicita l’affermazione dell’unilateralità della violenza. Come detto, leggendo il contenuto degli opuscoli la faccenda peggiora pure. Non c’è, è ovvio, una esplicita volontà criminalizzante (almeno si spera…) da parte del Tribunale, ma l’effetto lo si ha ugualmente. Sbaglia dunque il dirigente amministrativo a sostenere che gli uomini e i padri così non vengano criminalizzati. Anzi a nostro avviso è pienamente cosciente che l’effetto è quello. Essendo un padre, come ci tiene a dire, pure lui ne è probabilmente infastidito, ma non può certo sbilanciarsi più di tanto. D’altronde è il posto dove lavora. La maggiore ragione che rende quella risposta inaccettabile, però, sta nel motivo addotto a giustificare la presenza di quei due opuscoli. Il dirigente parla di “categorie statisticamente prevalenti” e di “stragrande maggioranza dei casi” in cui l’uomo è autore di maltrattamenti. Può essere che sia così, sebbene i numeri, a guardarli bene, non sembrino affatto confermarlo, ma il problema è un altro.
Forse che la preponderanza numerica ha davvero qualche ricaduta sui diritti, la loro sussistenza, il loro godimento? Quand’anche ammontasse a uno scarso 1% la quota di uomini vittime di maltrattamenti e violenze da parte di donne, essi avrebbero il diritto di trovare informazioni e accesso paritario presso un’istituzione come un Tribunale che, in quanto tale, non dovrebbe fare alcuna distinzione. È accettabile che sia un’associazione ideologicamente orientata ad appigliarsi a questioni numeriche per poi discriminare, ma un’istituzione no, non dovrebbe farlo. Anche fosse uno solo l’uomo maltrattato, come potrebbe sentirsi nell’andare sul sito del Tribunale dei Minori e vedere che il suo caso non è contemplato, nemmeno si trattasse del portale di “Non Una di Meno”? Per non parlare di come potrebbe sentirsi aprendo uno di quegli opuscoli e leggendo con quale impronta settaria gli uomini vi vengono rappresentati… Riteniamo che il nostro lettore abbia avuto ragione da vendere a protestare e che la risposta ricevuta sia inaccettabile. La presenza di quegli opuscoli è insultante e discriminante, due caratteristiche che mal s’attagliano a un Tribunale. Ci associamo dunque alla richiesta del nostro lettore affinché il Tribunale dei Minori di Bologna rimuova quei testi imbarazzanti dal suo sito e li sostituisca con qualcosa di più equilibrato, veritiero e soprattutto neutrale.