Imperversano gli accorati tentativi di “spiegazioni” del perché qualsiasi violenza subita da una donna sia più grave rispetto ad una violenza analoga subita da un uomo. Il rumore delle unghie sul vetro è assordante, ma tant’è… Lo fanno più o meno tutte le frange ideologicamente allineate, dalla sconosciuta a caccia di click alla giornalista politically correct, dalla parlamentare barricadiera alla maitresse à penser del femminismo suprematista. La violenza “di genere” è il filo conduttore di tanti vaniloqui, dando per acquisita l’eterna dicotomia tra genere oppresso e genere oppressore. L’aggravante è la discriminazione, dice la saggia maestrina: politica, sessuale, religiosa ed ovviamente di genere. Ma c’è una differenza sostanziale: è sanzionabile la discriminazione di qualsiasi orientamento politico, i militanti di Casapound non possono aggredire gli occupanti dei centri sociali, ma nemmeno gli occupanti dei centri sociali possono pestare i casapoundini. Nulla funziona a senso unico, tranne la lamentela femministoide.
Gli anni di piombo hanno registrato una condanna corale agli opposti estremismi, dagli attentati delle BR a magistrati, parlamentari e giornalisti alle bombe neofasciste nelle banche e nelle stazioni. Erano anni in cui i pestaggi notturni a chi affiggeva manifesti erano continui ma nessuno ha mai legittimato l’aggressione ai militanti del Fronte della Gioventù perché la settimana prima erano stati aggrediti tre volte i militanti di Avanguardia Operaia. Stessa cosa per il credo religioso, non si può usare violenza al buddista-in-quanto-buddista né all’ebreo-in-quanto-ebreo, né all’islamico-in-quanto-islamico. Ma neanche l’islamico può usare violenza al cristiano-in-quanto-cristiano né all’ateo-in-quanto-ateo perché comunque infedele. E nella condanna su scala mondiale a qualsiasi tipo di discriminazione religiosa è irrilevante il fattore numerico, non viene considerata grave la solo violenza verso i cristiani perché altre religioni sono meno diffuse: anche un solo Testimone di Geova picchiato perché Testimone di Geova è discriminazione religiosa. Detto questo, la maestrina online dimentica di spiegare per quale motivo lo schiaffo ad una donna sarebbe “di genere” e lo schiaffo ad un uomo no.
Una forma di razzismo.
Lo schiaffo (o il calcio, la coltellata, la fucilata, l’acido, il cianuro) dato da una donna ad un uomo è grave esattamente come quello dato da un uomo ad una donna, ma l’ideologia tossica nega che anche un uomo possa essere aggredito per il solo fatto di essere un uomo. I fatti, non le opinioni, testimoniano il contrario. Un soggetto di genere maschile può essere vittima di violenza fisica in-quanto-fidanzato perché la ex che viene lasciata lo accoltella, può essere vittima di stalking in-quanto-uomo perché una spasimante respinta lo perseguita; può essere vittima di alterazione del volto in-quanto-uomo perché la ex convivente lo sfregia con l’acido; può essere vittima di violenza psicologica in-quanto-uomo perché falsamente accusato da una calunniatrice avida di denaro; può essere vittima di violenza psicologica in-quanto-padre perché la moglie gli vieta di vedere le figlie. Lo dice in maniera inequivocabile una corposa casistica di cronaca giudiziaria. Tutto questo è classificabile esattamente come violenza di genere, sistematica, ricorsiva, culturale, col ruolo di oppressore assunto dal genere femminile.
È una violenza di sistema nella misura in cui é l’essere ex marito, ex fidanzato, ex convivente o padre, non altro, che trasforma l’uomo in un bersaglio della violenza femminile. Sostenere che la violenza subita dalle donne sarebbe più grave di qualsiasi altra è una forma neanche tanto velata di razzismo, che pretende di considerare il genere femminile sotto perenne attacco quindi meritevole di tutela maggiore rispetto a qualsiasi altra categoria sociale, dai bambini agli anziani, dai disabili agli omosessuali, dai sacerdoti agli immigrati. Altro mantra dell’ideologia vittimista è basato sui numeri: i femminicidi sono in aumento, la violenza domestica è in aumento, lo stalking è in aumento, le denunce femminili sono di più rispetto alle denunce maschili. L’ideologia tossica sa benissimo, ma evita di dirlo, che gli uomini non denunciano, il sommerso maschile è enormemente superiore al sommerso femminile. Gli uomini non hanno (a differenza delle donne con le incessanti campagne per il 1522) nessuna sollecitazione istituzionale a denunciare le violenze subite. Gli uomini non hanno (a differenza delle donne) nessuna contromisura istituzionale come la rete dei centri antiviolenza, le case di fuga, il gratuito patrocinio a prescindere dal reddito. Gli uomini non hanno (a differenza delle donne) indagini mirate che ne misurino il disagio: ISTAT, Ministero del Lavoro, Ministero dell’Interno, Ministero della Sanità, MIUR e Ministero Pari Opportunità divulgano dati esclusivamente sull’universo femminile: violenza fisica, sessuale, psicologica ed economica subita dalle donne, violenza sulle donne sul posto di lavoro, violenza domestica subita dalle donne nel lockdown, occupazione femminile, conseguenze della pandemia sulle donne, perdita dei posti di lavoro per le donne, influenza negativa della DAD sulle donne.
L’argomento “violenza sulle donne” è l’unico politically correct.
Gli uomini non hanno mai patito un disagio, né prima né durante la pandemia. Mai perso un posto di lavoro, mai ricevuto percosse, coltellate, stalking, mai ricevute violenze psicologiche o economiche, mai un uomo sfruttato o umiliato, ma uno trascinato in tribunale vittima di false accuse. Tutto questo non è mai successo, e se è successo non deve essere rilevato, tantomeno studiato, approfondito, misurato. Vengono continuamente citati i dati che riguardano vittime femminili sotto ogni aspetto, di contro non esistono studi istituzionali che prendano in considerazione il disagio maschile. La discriminazione di genere è prima di tutto istituzionale, e il genere discriminato è quello maschile. Chi prende atto dell’indifferenza istituzionale e studia in autonomia i fenomeni connessi alle vittime maschili viene deriso, attaccato, insultato. Una feroce censura squadrista: sia chiaro che certi argomenti non possono essere affrontati, non devono essere affrontati. Chi studia le vittime maschili odia le donne, è un nemico delle donne, legittima la violenza contro le donne.
Accade solo per questo argomento. Gli etologi che studiano l’estinzione delle balene non vengono accusati di odiare panda e foca monaca, né tantomeno di legittimare l’uccisione di panda e foca monaca; i ricercatori che studiano l’AIDS non vengono accusati di odiare i malati di SLA o di tumore, né di voler lasciare i malati oncologici al loro destino; gli ingegneri che studiano l’energia eolica non vengono accusati di odiare i pannelli solari e i colleghi che li sviluppano; gli antropologi che studiano le epurazioni etniche in Armenia non vengono accusati di odiare tibetani e ceceni, né tantomeno di legittimare la loro uccisione. Potremmo proseguire all’infinito, ma il concetto dovrebbe essere chiaro: chiunque scelga un settore di studio non viene accusato di odiare studi analoghi che riguardano altri soggetti o, peggio, di sminuire la gravità delle problematiche relative a studi analoghi che riguardano altri soggetti. Solo chi studia le vittime maschili viene accusato di farlo perché in fondo odia le donne, vuole dimostrare che la violenza maschile non sarebbe poi tanto grave perché anche le donne sono brutte e cattive, bugiarde, violente. Il tema di fondo è sempre lo stesso: l’argomento “violenza sulle donne” è l’unico politically correct, tutto il resto non deve esistere.
La discriminazione maschile è ormai istituzionale.
Il salto mortale della logica inquinata dall’ideologia tossica è macroscopico quando si spinge a sostenere che non bisogna interessarsi – neanche a livello istituzionale – delle vittime maschili perché quelle femminili sono la maggioranza: il fattore numerico è irrilevante, dire che le vittime maschili non meritano attenzione perché quelle femminili sono di più è folle, come è folle dire che la violenza contro le donne è l’Emergenza delle emergenze, è più grave perché il fenomeno a ruoli invertiti è minoritario, qualcuno sostiene che sia irrilevante, altri azzardano che non esista affatto. Sarebbe folle dire che non bisogna occuparsi dei diritti degli omosessuali perché gli etero sono di più, oppure che non bisogna occuparsi dei diritti dei disabili perché i normodotati sono di più. Invece i diritti delle vittime maschili possono essere dimenticati perché le vittime femminili sono di più. Un abominio logico prima ancora che ideologico. Razzismo becero. È poco rilevante che certi ragionamenti si affaccino nelle testoline di qualche youtuber rampante, molto più grave il fatto che la discriminazione maschile sia ormai divenuta istituzionale.