La Fionda

Stupro e sesso: la versione danese della follia

Checché ne dica il vittimismo femminista, voglio sperare che miliardi di donne nel mondo (non milioni, miliardi) facciano sesso con gioia per ricavarne piacere, appagamento, gratificazione, soddisfazione personale prima ancora che di coppia. Sostenere che gli uomini facciano sesso per piacere e le donne per dovere, è una bufala. Quindi è pericolosa la presunzione di sdoppiamento: lui vuole farlo, lei mica tanto. La verginità non è più un valore da portare in dono all’altare com’era per i nostri bisnonni, è normale fare esperienze plurime già dall’adolescenza, è normale tra ragazze e ragazzi provare reciproca attrazione fisica e soddisfare l’istinto più insopprimibile in natura. Le patrizie romane amavano trastullarsi con gladiatori e legionari, ancora oggi il nome dell’imperatrice Messalina (e non solo) è usato come sinonimo di voracità sessuale. È nota l’attrazione fisica che la plebe ha esercitato sull’annoiata aristocrazia femminile in cerca di trasgressione, emozioni forti , piaceri proibiti, voglie inconfessabili. Fare sesso per il puro piacere di farlo.

Dopo 2000 anni non è cambiato nulla, anche oggi nel mondo centinaia di milioni di donne (stima prudente) intrecciano relazioni extraconiugali ma non per questo pensano di lasciare il marito. La stabilità è garantita dal coniuge, dalla famiglia, dalla casa, dalla prole, dalle convenzioni sociali… per il capriccio da soddisfare c’è il collega intrigante, il vicino di casa bonazzo, l’istruttore di pilates, l’idraulico macho, il bibliotecario intellettualoide, il maestro di tennis d’estate, il maestro di sci d’inverno e poi un classico: il bagnino romagnolo, autentico collezionista di mogli annoiate in cerca d’avventure. Fare sesso per il puro piacere di farlo. Ma non solo sesso mordi-e-fuggi, anche all’interno delle relazioni stabili il sesso è piacere, non so in quanti siano rimasti a credere che tra moglie e marito ci si unisca solo al fine di procreare e non per goderne reciprocamente. Testimoniano il piacere femminile per il sesso anche diversi fenomeni emergenti dei quali però è scomodo parlare: una serie di gadget nei pornoshop, locali per scambisti, il trombamico gratis ed  il gigolò a pagamento, il turismo sessuale femminile. Fare sesso per il puro piacere di farlo, senza coinvolgimento sentimentale.

Le donne nel loro intimo non vogliono mai fare sesso.

Il sesso, piaccia o meno al femminismo suprematista, viene cercato, voluto e praticato da miliardi di donne e uomini siano essi coniugi, conviventi, fidanzati, amanti clandestini, amici, conoscenti occasionali o persino clienti. Invece la lettura ideologica del femminismo più violento ed aggressivo vorrebbe imporre la teoria secondo la quale sia piacevole solo per gli uomini, per le donne una sgradita incombenza. Il condizionamento delle coscienze operato da una sparuta minoranza vorrebbe imporre a miliardi di donne la percezione di sesso sempre e comunque “dovuto”, vuoi per compiacere il partner, per farsi sposare, per essere mantenuta, o come prezzo da pagare perché un uomo si occupi di lei. Alla donna non piace, non ha desideri, pulsioni o fantasie sessuali, lo fa solo perché costretta. Peggio: qualsiasi atto sessuale è uno stupro, anche se apparentemente consenziente: le donne nel loro intimo non vogliono mai fare sesso, lo fanno sempre e solo contro la loro volontà anche se al momento non si sentono forzate.

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Gli uomini sono esseri malvagi, da odiare, tutti stupratori in fieri senza esclusione alcuna. Ghandi, Papa Francesco, il Dalai Lama, il pompiere che salva le donne, il medico che le cura, lo sconosciuto donatore di organi che permette ad una donna di sopravvivere, il marinaio che cede il posto alle donne sulle scialuppe mentre la nave affonda… tutti. Quindi odiare gli uomini è cosa buona e giusta, addirittura onorevole, un vitale atto politico.

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Curioso il loop mentale del femminismo: le maître a penser  (ci vorrebbe il plurale femminile, ma qualcuno si offenderebbe) usano messaggi che inneggiano alla violenza per lamentarsi di essere vittime di violenza. Una valanga d’odio riversata da anni sul genere maschile nella sua interezza, valanga basata sulla fobia per sesso e violenza inscindibilmente legati. Non a caso la denuncia per stalking, maltrattamenti e vari tipi di violenza, soprattutto la violenza sessuale, rappresenta il nuovo fronte della guerra al maschile, salvo poi rivelarsi una denuncia infondata nell’80% dei casi. Comunque anche le ingiustizie sono terapeutiche, pedagogiche, addirittura didattiche: gli uomini vittime di false accuse dovrebbero ringraziare chi li getta nel tritacarne, c’è sempre da imparare.

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Secoli di poesia e romanticismo finiscono nel water.

Ora i danesi cascano nel trappolone, legiferano come se l’uomo abbia sempre una foia bestiale e quindi violenta di accoppiarsi e la donna no. Quindi in qualsiasi rapporto bisogna accertare il reale consenso, anche se non è chiaro come: “l’attenzione si concentrerà sul fatto che le persone coinvolte in un rapporto abbiano accettato di fare sesso e su ciò che queste persone hanno fatto per garantire che ci fosse il consenso”. Quindi l’accusato di stupro, per uscirne pulito, è tenuto a depositare in tribunale le prove che il consenso era garantito. Già, cosa hanno fatto gli accusati di stupro per garantire che ci fosse il consenso? Tradotto: cosa hanno fatto per avere “le prove”? Ma soprattutto, cosa è considerato prova valida da esibire in tribunale onde evitare le manette, qualora la donzella che sembrava partecipare con entusiasmo dovesse realizzare – la settimana successiva – che pensava di essere consenziente però in fondo non lo era del tutto? Serve un file audio? Un filmato? Un’autorizzazione scritta, liberatoria in carta uso bollo? Un’autocertificazione su modulo standard prestampato? Un contratto pre-copula a due firme? Secoli di poesia e romanticismo finiscono nel water, qualsiasi rapporto viene svilito e resta impantanato nel fango della  burocrazia.

Un aspetto appare inquietante: nessuno strumento sembra offrire garanzie in caso di partner non consenziente a posteriori, come #metoo insegna: al momento del rapporto nulla lascia presagire che la partner sia tanto recalcitrante da trascinare il malcapitato in tribunale. Mettiamo il caso che io sia un facoltoso produttore cinematografico, così, giusto per fare un esempio… mettiamo il caso che la tipa abbia sgomitato tutta la sera per appartarsi con me superando la concorrenza di altre aspiranti attricette. Sale in albergo con fare da pantera, si strappa e mi strappa gli abiti, mi sbatte sul letto, si lancia in contorsionismi sconosciuti anche a Rocco Siffredi, geme e si dimena come se non avesse mai provato niente di simile in vita sua e a fine performance mi chiede con occhi da cerbiatto in amore “è piaciuto anche a te come è piaciuto a me?”, che in realtà vuol dire “ora la parte è mia cocco, sgancia il copione, saltando sui materassi giusti ho fregato le sciacquette moraliste che perdono tempo all’accademia di recitazione”. Ecco, mettiamo il caso che accada questo, cosa posso fare per difendermi?

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Le uniche autorizzate a ripensarci sono le donne.

Sappiamo tutti che il 99% delle donne non firmerebbe nulla prima di salire in camera col produttore, il regista, l’attore famoso o con chiunque altro, sarebbe offensivo. Nessuna vuole sentirsi “una facile”, nessuna vuole apparire disposta a darla in cambio di qualcosa… meglio far finta che accada tutto per caso: la chimica, il richiamo della natura, il vortice dei sensi, la scintilla che scatta inaspettata… ma prima chi poteva immaginare come sarebbe andata a finire? Non vale solo per i VIP, è imbarazzante per qualunque uomo dire “vieni da me a bere qualcosa? Ma prima metti nero su bianco che hai voglia di sesso”. Ed è offensivo per qualunque donna. Ma a Copenaghen e dintorni bisognerà farlo, ogni singolo rapporto dovrà essere consumato ai sensi della legge XYZ/2020 o come cavolo si chiama. Studenti e studentesse sono avvertiti, in caso di Erasmus in Danimarca prima ancora di profilattici è meglio munirsi di certificati per il consenso.

Mi piace pensare che gli uomini danesi siano svegli e comincino loro, a migliaia, a intasare i tribunali di querele per aver fatto sesso solo con un accordo solo apparente, ma in realtà senza aver espresso esplicito consenso. O, come riportano molti articoli, senza aver fatto nulla per garantire che ci fosse consenso. Tutti dovrebbero farlo: mariti, conviventi, fidanzati… non certo con l’obiettivo di spedire in galera mogli e fidanzate ma solo a scopo dimostrativo, poi una bella remissione collettiva di querela e l’allarme si sgonfia con identico clamore col quale è nato. Ma intanto i media nazionali ed internazionali si tufferebbero sulla notizia e tremerebbero i polsi agli sciagurati promotori della norma ammazza-spontaneità, forse solo così le autorità danesi capirebbero di aver partorito un abominio. A quel punto si aprirebbe una doppia opzione: 1) abrogare la norma 2) modificarla, specificando che si applica solo a metà della popolazione. Per gli uomini la colpa di aver garantito il consenso è certificata geneticamente, le uniche autorizzate a ripensarci sono le donne. Un po’ come la 194 in Italia. Oddio, anche specificando che solo le donne possono esigere che l’accusato di stupro provi il consenso garantito apre un altro fronte complicatissimo, la fluidità dei rapporti GLBTQ+. Se l’On. Giannone fosse al Parlamento danese ho il sospetto che urlerebbe sui social la sua crociata per la modifica a sesso unico. Ma Veronica ce l’abbiamo solo noi.



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