Ogni tanto una buona notizia: lo scorso 6 febbraio è stato annunciato il raggiungimento dell’accordo informale tra gli Stati membri dell’Unione Europea in merito a una direttiva comunitaria contro la “violenza di genere” (di cui avevamo parlato diffusamente qui e ancora qui, nel contesto delle accuse che hanno colpito il dirigente sportivo Luis Rubiales), e in questo accordo è stata respinta l’inclusione della definizione di violenza sessuale basata sul principio “Solo sì es sì”, “solo sì significa sì”, secondo il quale non dev’essere la vittima a dimostrare la coercizione, ma piuttosto l’accusato a dimostrare il consenso dell’altra parte (principio già adombrato nella convenzione di Istanbul). A opporsi sono stati in particolare 12 Stati membri, tra cui Olanda, Polonia, Bulgaria, Repubblica Ceca, Ungheria e soprattutto Francia e Germania, il cui voto favorevole sarebbe stato sufficiente (per criteri demografici) a far passare il criterio nella futura direttiva.
La quale sicuramente avrà dei problemi – a partire dall’essere discriminatoria già nel titolo, “contro la violenza sulle donne”, fino all’inclusione del criterio arbitrario del “genere” nella definizione delle aggravanti di determinati reati – ma perlomeno non consentirà di dire che c’è l’avallo dell’Unione (“lo vuole l’Europa!”) su leggi che esonerino le presunte vittime dalla necessità di circostanziare e comprovare le loro affermazioni e le loro accuse. In particolare tale esonero era presente al terzo comma dell’art. 5 (stralciato nell’ultima versione) della Proposta di Direttiva che richiedeva: «Il consenso deve poter essere revocato in qualsiasi momento nel corso dell’atto. L’assenza di consenso non può essere contestata sulla sola base del silenzio della donna, dell’assenza di resistenza verbale o fisica o del suo comportamento sessuale passato». Sorprende anzi che alcuni Stati abbiano motivato la loro opposizione come questione puramente tecnica (in quanto esula dalle competenze giuridiche dell’UE entrare nel merito del diritto penale degli Stati membri), dato che con una legge basata su una definizione del genere probabilmente il 90% dei rapporti sessuali consenzienti che avvengono ogni giorno nel mondo diventerebbero automaticamente passibili di denuncia per stupro.
L’inversione della prova.
L’accordo informale dovrà essere confermato in via definitiva il 19 aprile, e com’era prevedibile i movimenti femministi e l’industria dell’antiviolenza hanno giurato di dar battaglia nel frattempo. Una strategia che già appare evidente è far passare l’idea (grottesca) che l’Unione Europea abbia deciso di non considerare la violenza sessuale come un delitto coercitivo, che avviene senza il consenso della vittima. Già in questo senso si è espressa una delle referenti della commissione, l’irlandese Frances Fitzgerald, in occasione della conferenza stampa: «Per la prima volta, l’Unione Europea manda il chiaro messaggio che la violenza contro le donne è presa sul serio e considerata una minaccia esistenziale alla nostra sicurezza. Per quanto la direttiva non includerà tutto ciò che il Parlamento avrebbe voluto, come ad esempio un reato di stupro basato sull’assenza di consenso…». Così l’altra referente, la svedese Evin Incir: «Questo accordo è certamente un catalizzatore di cambiamenti positivi. Ma la nostra lotta è tutt’altro che conclusa. Sono molto contrariata del fatto che alcuni Stati membri abbiano scelto di stare dalla parte sbagliata della storia e bloccare una legislazione dello stupro basata sul consenso».
È evidente (immagino anche a queste signore) che se una legge prevede la necessità per la vittima di dimostrare la presenza di coercizione o almeno di aver negato il consenso all’atto subìto (come avviene negli Stati membri la cui legislazione in merito non è basata sul principio “solo sì è sì”), ci troviamo di fronte a un delitto avvenuto senza il consenso di entrambe le parti: altrimenti in che senso logico e linguistico il perpetratore avrebbe dovuto usare quella coercizione che va dimostrata, e che resterà esplicitamente enunciata nel testo della direttiva? Come abbiamo visto, ciò che è rimasto fuori dalla direttiva (per ora: l’accordo prevede una commissione che ne valuti la revisione ogni cinque anni) è solo l’idea folle di sobbarcare esclusivamente e totalmente l’onere della prova sull’accusato.
L’ideologia fuori dalle leggi.
Ovviamente anche qui in Italia non sono mancate le lamentele e le manipolazioni in questo senso. Si veda come hanno titolato certe testate: Luce! (QN), Senza consenso è stupro. Eppure, in Europa, nel 2024, non tutti la pensano così; La Stampa, Se l’Europa non sa riconoscere lo stupro; Donna Glamour, Il sesso senza consenso non è stupro: la nuova direttiva europea fa discutere; DiLei, Senza consenso è stupro: New York lo riconosce, l’Europa resta indietro; per alcune altre il sesso senza consenso sarebbe sì stupro, ma non reato: La Repubblica, L’Europa boccia il reato di stupro; Avvenire, L’UE: senza consenso è stupro, ma non (ancora) reato; Euronews, La prima legge europea contro la violenza sulle donne non include il reato di stupro; poche più equilibrate si avvicinano a una parvenza di aderenza alla realtà, come Il Fatto Quotidiano (Compromesso UE sulla direttiva contro la violenza sulle donne: un rapporto senza consenso è stupro. Ma non è reato europeo), ANSA (Il sesso senza consenso è stupro, ma non è reato UE).
In particolare colpisce una petizione lanciata da Differenza Donna, di cui l’avvocato Teresa Manente (tra le fondatrici dell’associazione) ha parlato in chiusura della puntata di FuoriTG, rubrica di Rai3, del 22 febbraio scorso dedicata ai “femminicidi”: «Una vicenda molto grave si sta verificando nel silenzio dei media: L’Italia si sta battendo, nel Consiglio Europeo, perché la direttiva sulla violenza sessuale continui a considerare stupro il sesso senza consenso. Differenza Donna e decine di Associazioni femministe e di Centri Antiviolenza abbiamo già fatto un appello, ma ora serve un passo in più». A detta della Manente la petizione avrebbe raccolto oltre 90.000 firme. La Presidente di Differenza Donna Elisa Ercoli ha spiegato: «Questa direttiva fa arretrare i diritti delle donne e ostacola ancora di più l’accesso alla giustizia per le donne che hanno subito crimini orribili. Negare che senza consenso non sia stupro [sic] vuol dire assegnare alle donne la responsabilità di dimostrare la coercizione e la resistenza» – (assegnare una responsabilità alle donne? Assurdo, oppressivo) – «Nessun cambiamento avverrà se le donne saranno sotto accusa come il patriarcato vuole» (già, sotto accusa devono starci solo e costantemente gli uomini, tutti, ma in particolare quelli bianchi etero-cis). Ha poi annunciato una mobilitazione nazionale e europea per l’8 marzo. Nel frattempo anche noi continueremo a vigilare e condurre la nostra battaglia affinché simili mostruosità ideologiche rimangano al di fuori della nostra legislazione e della nostra cultura.