A volte ci capita di sbagliare. Fortunatamente succede di rado, ma quando succede non abbiamo problemi ad ammetterlo pubblicamente e a trarne senza remore le conseguenze. Talvolta è pure piacevole farlo, come nel caso in questione. Il riferimento è a questo articolo del giugno scorso a firma del nostro Giorgio Russo. In esso si criticava aspramente un webinar sulla violenza contro le donne dove tra i relatori c’era la nota criminologa Roberta Bruzzone, garanzia di una narrazione potentemente sbilanciata verso la vittimizzazione spinta delle donne e una criminalizzazione altrettanto spinta degli uomini. Niente di nuovo, sia chiaro, ma nell’articolo Russo sottolineava come tutto l’evento mediatico fosse un mero pretesto per dare visibilità allo sponsor, il produttore di un orologio “salva-vittime” (ovviamente femminili). Il meccanismo denunciato era dunque quello consueto: gonfiare a dismisura il fenomeno della violenza contro le donne, che purtroppo esiste ma su proporzioni assai inferiori a quanto viene raccontato, per convincere quante più persone possibile ad acquistare l’orologino miracoloso. Puro marketing, nient’altro. A questo scopo chi si era iscritto al webinar, compreso il nostro Russo, prima dell’evento aveva ricevuto una pioggia di email astutamente ansiogene e manipolatorie, seguite da email dal chiaro intento pubblicitario. Una strategia cinica e, a nostro parere, spregevole, di cui le relatrici non si sa se fossero consapevoli o partecipi. Nessuna di loro in realtà si è spesa a fare pubblicità all’orologino, né dalle ricerche che abbiamo fatto apparivano implicate in quel tipo di business. Il loro compito, dunque, si era limitato a fare da megafono all’affermazione dell’usuale bugia: la violenza contro le donne è dilagante, l’unica esistente e meritevole di essere presa in considerazione.
Naturalmente non ci rimangiamo una sillaba di quanto sostenuto nell’articolo, ma una precisazione dobbiamo farla. A organizzare e promuovere il webinar infatti, era l’associazione “Senza veli sulla lingua”, che Russo citava nel suo articolo, senza però attribuire ad essa particolari responsabilità. Davamo per scontato che si trattasse della solita associazione femminista o centro antiviolenza in qualche misura partecipe del business sotteso all’evento, dunque non avevamo speso su di essa particolari riflessioni. Se non che, a distanza di tre mesi, veniamo contattati da Ebla Ahmed, avvocato e Presidente della suddetta associazione. Dopo aver letto il nostro articolo, vuole fare alcune precisazioni. La ascoltiamo volentieri ed è anzi un piacere riportare qui, con il suo consenso, le sue parole, perché sono davvero rilevanti. «”Senza veli sulla lingua” esiste da anni», ci dice Ebla, «e per suo stesso statuto si occupa della violenza a 360 gradi, senza fare distinzioni in base al genere o all’orientamento sessuale. I nostri servizi e la nostra assistenza sono aperti a tutti. Insomma non siamo la solita associazione femminista, ci tenevo a precisarlo». Le parole di Ebla suonano interessanti, in un’Italia e in un mondo dove dichiararsi femministi è una carta vincente per accedere a diversi vantaggi e privilegi. Le chiediamo perché allora l’associazione si sia fatta promotrice di quel webinar di finto approfondimento, in realtà concepito come una specie di televendita. «L’abbiamo fatto perché il tema ci pareva comunque interessante e la WinLet , come sponsor dell’evento, ci metteva a disposizione la piattaforma per la diretta, garantendoci così un po’ di visibilità, che come associazione ci veniva utile».
Le luci sinistre su D.I.Re. e l’informazione italiana.
Ma non è tutto: «la WinLet ci aveva anche promesso che, in cambio del nostro “patrocinio”, ci avrebbe regalato un po’ di loro orologi, che avremmo distribuito a qualcuna delle persone che noi assistiamo, uomini e donne. Va detto che però non ci ha mai fatto avere nulla». Ebla è estremamente gentile e appassionata nel spiegarci ciò che ha indotto l’associazione ad assecondare un’operazione che, ribadiamo, continuiamo a ritenere cinica e sbagliata. L’impressione che traiamo dalle sue parole è che l’associazione “Senza veli sulla lingua” abbia puntato a ottenere un po’ di visibilità e qualche comodità, com’è normale che sia, peccando forse di ingenuità, ovvero fidandosi delle parole e degli impegni dello sponsor e senza magari controllare o supervisionare preventivamente quali sarebbero stati i contenuti reali dell’incontro. Ebla spende molte parole con noi per rassicurarci del fatto che la loro associazione è lontana anni luce dal postulato femminista per cui le vittime sono soltanto le donne e i carnefici sono sempre gli uomini. Sebbene in rete si reperiscano impegni suoi personali e dell’associazione sempre dedicati soltanto alle donne vittime di violenza, in tutta onestà vogliamo crederle. Anche perché, per dimostrare quanto sia vero ciò che dice, ci racconta di una disavventura davvero emblematica. Sempre con l’obiettivo di ampliare il proprio raggio d’azione e aiutare un numero maggiore di persone, in passato l’associazione ha tentato di entrare nel circuito D.I.Re., il coordinamento nazionale dei centri antiviolenza, cinghia di trasmissione con i potentati femministi europei e internazionali, nonché lobby femminista legata a doppio filo con il potere politico ed economico. Ebbene, il tentativo di agganciarsi al ricco carrozzone di D.I.Re. è fallito: «ci hanno respinto la richiesta di associarci a loro», racconta Ebla, «perché nel nostro Direttivo c’è un uomo e questo va contro ai requisiti per far parte del coordinamento D.I.Re. Dovreste indagare su questa cosa».
A questo punto scherziamo al telefono con Ebla. D.I.Re. impone questi requisiti, le diciamo, perché è un coordinamento che ha davvero a cuore la parità tra uomo e donna e non ha nulla a che fare con quel circuito che noi chiamiamo, a seconda (e per ironia), Antiviolenza Srl, Vittimificio o Ro$a No$tra… Lei ride dell’ironia, poi insiste che dovremmo prendere qualche iniziativa per vederci chiaro. Dobbiamo specificarle che non abbiamo né le risorse né la legittimità per fare chissà quali indagini. Possiamo solo osservare l’azione di quel tipo di lobby, illustrarli e criticarli. Ulteriori indagini possono farle soltanto le forze dell’ordine, che per altro stanno già nuotando da un po’ attorno al mondo D.I.Re., avvicinandosi cautamente al cuore dell’anomalia, passando per l’omonima agenzia di stampa, come abbiamo raccontato di recente. Ci sono notizie, per altro poco pubblicizzate, secondo cui il patron dell’agenzia di stampa, per accedere a qualche beneficio ora che è sotto accusa, stia iniziando a vuotare il sacco, tanto da inguaiare diversi personaggi del giornalismo italiano. Tra questi viene fatto il grosso nome di Lirio Abbate, vice-direttore de “L’Espresso”, ovvero uno dei maggiori megafoni del femminismo suprematista italiano (non a caso ospita una rubrica fissa di Michela Murgia). Stando a quanto riporta “Il Riformista”, che a sua volta cita stralci delle intercettazioni dell’inchiesta, ci sarebbero passaggi di denaro non chiari tra l’amministratore delegato dell’agenzia D.I.Re. e il giornalista, per il tramite di una ex dirigente del Ministero dell’Istruzione, Giovanna Boda (di cui ci siamo occupati qui). Tutto da verificare, ovviamente e tutti innocenti fino a sentenza, ma queste sono le notizie che girano.
Un nuovo webinar con dati ufficiali e un tema diverso.
Si tratta di una situazione che getta più di un’ombra su alcuni costosissimi eventi dedicati alla cultura antimafia a cui Abbate ha partecipato, ma anche una luce sinistra sulla natura e l’affidabilità dell’informazione italiana. Visti gli intrecci che stanno emergendo, non sorprende, infatti, che tra i tanti temi possibili da approfondire sul versante mafia, Abbate abbia scelto di pubblicare un libro intitolato “Fimmine ribelli. Come le donne salveranno il paese dalla n’drangheta”. Un tipico titolo da saggistica contemporanea e da agenzia di stampa D.I.Re. Insomma il desiderio di Ebla, che è anche il nostro, a che venga finalmente scoperchiato il pentolone delle nefandezze dell’antiviolenza di professione, potrebbe trovare soddisfazione nell’azione degli inquirenti, se avranno il coraggio di ampliare il raggio delle loro indagini. Se chi sta indagando saprà affondare il coltello abbastanza da incidere il bubbone, sarà chiaro a Ebla ciò che noi denunciamo da tempo sulla galassia D.I.Re. e non solo. Chi vivrà vedrà. Nel frattempo prendiamo impegno con la Presidente dell’associazione “Senza veli sulla lingua” di dare conto della sua rettifica, ma ci spingiamo anche oltre. Il webinar che abbiamo criticato resta un po’ una macchia sul curriculum dell’associazione, va detto. Perché allora non ripulirlo organizzandone un altro con noi, imperniato sulle problematiche maschili o sulla lettura “al maschile” di certi fenomeni? Perché no, magari anche sotto forma di dibattito. Le specifichiamo che non produciamo nulla e non abbiamo un centesimo: esattamente come la loro associazione, siamo autofinanziati. Né noi né loro godiamo dei privilegi dei centri antiviolenza romani a cui lo Stato paga tutto. A differenza di questi, ma anche degli invitati ai webinar tradizionali come quello sponsorizzato dalla WinLet, nei nostri interventi però non c’è una asserzione che non sia sostenuta da dati ufficiali o da fatti incontrovertibili. È l’unico vero valore aggiunto che portiamo con noi, quando interveniamo in pubblico. Ebla si dichiara possibilista in questo senso e rimaniamo che ci risentiamo per vedere come organizzare questo nuovo webinar serio e senza sponsor. Speriamo sinceramente di risentirla.