Tra i tanti che straparlano sul web vomitando veleno sulla sentenza di Brescia che non ha condannato all’ergastolo Antonio Gozzini, cogliamo uno dei fiori più profumati. Profumati di pregiudizi, luoghi comuni ed ignoranza, ma comunque profumati. Un tale Lucio Fero si mostra allineato alla disinformazione d’ordinanza e ha fatto la sua scodinzolante sparata sulla gelosia che “non si può sentire”. L’ignorante dilaga nella sua accezione più pura nonché strettamente etimologica: colui che ignora. E il povero Lucio ignora parecchio della materia che vorrebbe trattare da esperto. “Gelosia, pazzo di gelosia. E, siccome pazzo, non colpevole se uccide. Per la proprietà transitiva dunque gelosia come esimente da ogni responsabilità se maschio ammazza femmina. È una sentenza. Una sentenza che contiene una formula che non si può sentire”. Essere ignorante non è una colpa, lo è non volersi informare adeguatamente prima di pontificare.
Ora ti spiego Lucio, stai attento, puoi farcela: la gelosia non giustifica proprio nulla, la condizione di non imputabilità nasce da una patologia psichiatrica, un disturbo di personalità che contiene la parola “gelosia” nella definizione. Dire che quest’uomo non è imputabile perché era geloso sarebbe come dire che la depressione post partum rende una donna non imputabile perché ha partorito, o dire che lo scompenso ormonale da menopausa rende ogni donna non imputabile quando è in menopausa. Capito cocco? Quante volte ti sei strappato i capelli alla notizia di donne assolte dall’infanticidio per depressione post partum, o collocate in una struttura psichiatrica invece che in galera?
C’è una casistica immensa di reati violenti femminili commessi per gelosia.
La proprietà transitiva non c’entra nulla, puoi infilartela dove preferisci. Alcuni disturbi psichiatrici possono spingere le persone, donne e uomini, a compiere gesti sui quali non hanno il controllo. L’attenuante si configura quando il reo non riesce a controllare le proprie azioni, da cui nasce il riconoscimento giuridico della incapacità di intendere e volere, anche temporanea, a prescindere dalla causa scatenante come aver partorito, o essere in menopausa, o essere malato terminale, o essere depresso, o aver perso il lavoro, o vari tipi di delirio a sfondo religioso, o essere geloso, o persino essere sotto l’effetto di stupefacenti. Si, anche l’assunzione di stupefacenti può essere un’attenuante ma ciò non significa che il sistema giudiziario giustifichi l’assunzione di eroina o inviti i ragazzi a compiere reati sotto l’effetto di eroina in modo da evitare le manette. Allo stesso modo il sistema giudiziario non riabilita la gelosia riconoscendo la non imputabilità di Antonio Gozzini.
Invece il Nostro scrive: “Significa riabilitare la gelosia dopo che molto faticosamente e dopo molti secoli al proposito bui, la stessa gelosia era stata espulsa dal novero dei bisogni, insopprimibili bisogni e diritti maschili”. Emergono prepotentemente i pregiudizi di un’ideologia tossica della quale il povero Lucio sembra essere preda quando parla di insopprimibili bisogni e diritti maschili. Perché “maschili”, di grazia? La gelosia femminile non esiste? E se esiste, non può essere violenta? C’è una casistica immensa di reati violenti femminili commessi per gelosia, aggressioni che culminano in ferimenti ed omicidi ma anche una mole considerevole di percosse, persecuzioni, lesioni con l’acido.
‘Sto pistolotto del delitto d’onore che salvava gli uomini dalla galera ha stufato.
Giusto una dozzina di esempi, in archivio abbiamo migliaia di donne gelose che compiono reati pur senza arrivare all’omicidio o allo sfregio con l’acido, anche gelosia trasversale agita nei confronti della nuova compagna dell’ex a dimostrazione del fatto che le pulsioni violente dettate dalla gelosia femminile colpiscono indifferentemente uomini e donne. Ma Lucio non demorde, per lui gelosia e possesso sono solo maschili. “Gelosia può essere solo se femmina è “sua” femmina. Gelosia tale da impazzire sottende una legittimazione, magari involontaria, del concetto di proprietà della femmina da parte del maschio. Si è gelosi della donna che appartiene, geloso della sua donna”. E ancora: “uccide la “sua” femmina perché pazzo e pazzo perché geloso è un pericoloso danzare intorno al concetto di raptus e di irresponsabilità maschile di fronte al tradimento vero o presunto della femmina di appartenenza”. Il simpatico accanimento antimaschile di Mr. Fero non poteva tralasciare il delitto d’onore: “Allora si assolveva o si condannava a mitissime pene il maschio tradito dalla sua femmina che ritrovava niente meno che l’onore virile nell’ammazzarla la femmina infedele”.
Peccato che l’onore virile non c’entri nulla, quello riconosciuto dalla norma (ex art. 587 cp) era l’onore della famiglia. Il delitto d’onore non riguardava esclusivamente uomini, ma “chiunque cagiona la morte del coniuge” testuale. Quindi ne beneficiava anche la donna tradita che uccideva – raramente – o più spesso commissionava l’omicidio del traditore a esecutori interni o esterni alla famiglia. ‘Sto pistolotto del delitto d’onore che salvava gli uomini dalla galera ha stufato: la norma non era costruita a vantaggio degli uomini, da nessuna parte era scritto che l’uomo può uccidere per onore e la donna no, oppure che una donna può essere uccisa ed un uomo no. Anzi, una casistica non documentata ma ricostruita prevalentemente per trasmissione orale, dice che le vittime del cosiddetto delitto d’onore sono state prevalentemente uomini, uccisi in un agguato o anche in duello, visto che la pena attenuata si applicava anche a chi uccidesse non il coniuge infedele ma l’amante: “alla stessa pena soggiace chi, nelle dette circostanze, cagiona la morte della persona che sia in illegittima relazione carnale col coniuge” .
L’eventuale disturbo prevale su qualsiasi considerazione giuridica.
Vero topos delle lamentele antimaschili, il delitto d’onore viene immancabilmente citato dal vittimismo d’ordinanza per accusare di patriarcato le generazioni attuali visto che “solo” nel 1981 è stato abrogato. Ma le lamentele c’erano già ad inizio millennio per dire che “solo” da 20 anni era stato abrogato e ci saranno ancora nel 2081 per dire che “solo” da un secolo è stato abrogato, quindi anche gli uomini del 2081 saranno accusati di maschilismo perché i propri trisavoli non hanno abrogato l’art. 587 trenta o quarant’anni prima del 1981. Tornando alla sentenza di Brescia, qualcuno dovrebbe spiegare a Lucio che la richiesta di assoluzione per incapacità di intendere e volere ha visto concordare sia i consulenti della difesa, cosa abbastanza scontata, che lo stesso CTU della Procura. Quindi i giudici che, sai com’è, sono pagati proprio per fare questo lavoro, acquisiscono tutti gli elementi di valutazione consentiti dal Giusto Processo ed emettono un verdetto, che non deve obbligatoriamente essere di condanna. Poi le pressioni mediatiche e soprattutto politiche – l’immancabile Valente – sono talmente tante da indurre il tizio che si crede un imparziale Ministro della Giustizia ad inviare gli ispettori a Brescia.
Le motivazioni della sentenza ancora non sono note, forse la pressione degli ispettori serve a condizionarne la stesura, o perlomeno tentare di farlo? È un pensiero di chi scrive, mentre è un fatto oggettivo che la Corte d’Appello di Brescia abbia sentito l’esigenza, atto assolutamente non dovuto, di spiegare in una nota ciò che i tanti indignatissimi Fero non vogliono capire o non sono proprio in grado di capire: “devono tenersi doverosamente distinti i profili del movente di gelosia dal delirio di gelosia, una patologia che provoca una radicale disconnessione dalla realtà, tale da comportare uno stato di infermità e deve essere distinta dal movente passionale”. Oramai è un’ impostazione culturale obbligatoria in presenza di omicidi di donne: l’imperativo è considerare una lettura emotiva ed ignorare Diritto e Psichiatria. Dinamica inesistente a ruoli invertiti, quando l’eventuale disturbo prevale su qualsiasi considerazione giuridica.
I Bonafede passano, la Giustizia resta.
Scrive il prof. G.B.Camerini dell’Università di Modena e Reggio Emilia: “La psichiatria clinica e la psichiatria forense , discipline vecchie di più di un secolo, conoscono bene i disturbi deliranti e le forme che possono assumere, tra le quali il delirio di gelosia. Che potete trovare descritto in qualunque testo e manuale classico, inclusi i criteri che consentono di valutarlo anche in termini di diagnosi differenziale . È una classica domanda da esame universitario . Ora vedo che si grida allo scandalo e che persone non propriamente addette ai lavori mettono in dubbio la stessa diagnosi e discettano sul concetto di esame di realtà. Segno dei tempi. Ci si scandalizza per una diagnosi ordinaria e per una sentenza ordinaria e si inviano ispettori ministeriali solo perché si è dentro al mainstream”. Per quel poco che può valere, la nostra solidarietà ai giudici bresciani. I Bonafede passano, la Giustizia resta.