Quanto vale l’illusione di una manciata di voti? Svariati milioni di euro, sotto varie forme. Anzitutto la forma del debito: 900 mila euro residui di affitti da pagare per l’occupazione di un edificio di valore storico di proprietà del Comune di Roma. A tanto ammontava il debito della Casa Internazionale delle Donne, dopo che in passato la Regione Lazio di Zingaretti era già intervenuta a otturare un buco che superava il milione. Ma anche la forma di dodici anni di affitti futuri che non verranno pagati. E ancora la forma del mancato utilizzo di un patrimonio, la casa del Buon Pastore, che per la sua bellezza e il suo valore storico potrebbe rendere moltissimo all’amministrazione capitolina. Ebbene questo è il prezzo che si paga al consenso elettorale espresso dal femminismo organizzato in quel di Roma, dove un’associazione iperfemminista occupa da anni uno stabile pretendendo di non pagare un centesimo. Pretesa ritenuta sacrosanta a lungo, tanto che la morosità verso il Campidoglio è stata sempre ignorata, fino all’arrivo di Virginia Raggi, che con le pasionarie guidate da Maura Cossutta ha istituito un braccio di ferro durato anni. La grillina voleva correttezza e ordine, ma soprattutto soldi nelle languenti casse municipali. Lorsignore invece no, non volevano pagare: a loro lo stabile era dovuto per diritto divino. Il dibattito si è acceso più volte, la sindaco è stata anche apostrofata come “nemica delle donne”, solo perché chiedeva il rispetto del contratto di locazione, e nella querelle si sono inseriti costantemente due personaggi.
Il primo è il Presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, il cui servilismo verso le femministe è divenuto quasi proverbiale. Fu lui a istituire il “bonus vacanze” e il “bonus casa” regionale per le donne vittime di violenza (autocertificate, ben intesi, non post sentenza…) e a benedire i famosi manifesti di odio antimaschile che tempo fa campeggiavano per tutta la città (oltre che sul sito della Regione). Zingaretti è intervenuto più volte, come detto versando denaro pubblico per coprire le inadempienze della Casa Delle Donne, poi cercando di azzerare il loro debito con vari magheggi di bilancio però non andati a buon fine. Come risolutore si è allora proposto Roberto Gualtieri, piddino di ferro, ex parlamentare europeo, ministro esterno dell’economia con Conte, poi eletto deputato nel marzo 2020 e ora, guarda un po’, candidato sindaco proprio a Roma. In quest’ultima veste ha praticamente eletto la Casa delle Donne come proprio “point” elettorale, ma il suo presidio viene da lontano. Si deve a lui, quand’era ministro, un primo tentativo, fallito, seguito a un secondo, di successo, di far pagare a tutta la collettività i debiti delle madame del Buon Pastore. Cosa poi accaduta: i 900 mila euro di debito per affitti non pagati non ci sono più. Puf! Svaniti. Ha pagato Pantalone per tutti. E, ci tiene a precisare bene Maura Cossutta: «Il Comune non ci ha regalato nulla, è merito del Parlamento». Così ogni dubbio sul responsabile della regalia viene fugato, ma non solo.
Il divario tra malarazza femminista e umanità genuinamente femminile.
Con questa precisazione la Cossutta mette in chiaro che non un voto delle femministe andrà a Virginia Raggi, nonostante sia la municipalità ad aver messo il carico sul privilegio di lorsignore: una recente delibera che, proprio in campagna elettorale, affida l’immobile del Buon Pastore alla Casa Internazionale Delle Donne per dodici anni in comodato d’uso gratuito. Forse così la sindaca uscente sperava di comprarsi il favore delle femministe? È lecito pensarlo, ma la loro leader ha subito sgombrato il campo: per loro Virginia Raggi è e resta una nemica, con quel suo insano desiderio di far rispettare i contratti, di far pagare gli inadempienti e di non “riconoscere il valore economico delle attività sociali della Casa Delle Donne”. Sì, perché questo era l’argomento usato per cercare di sfuggire ai debiti: in città, l’associazione fa tante e tali attività che, a valorizzarle, addirittura sarebbe stata in credito. E cosa faranno mai di così speciale al Buon Pastore? Invitiamo tutti a visionare il loro sito e scorrere le attività. Una specie di mix esplicito tra i contenuti delle nostre rubriche “Album di Goebbels” e “Amen Awomen“, un concentrato di empowerment femminile declinato sul postulato-base del femminismo: l’uomo è il nemico, l’uomo deve essere odiato, scalzato, combattuto. E con lui tutto ciò che, nelle bislacche teorie femministe, si porta dietro: la famiglia, la meritocrazia, la diversità. Lo menzioniamo sempre, quando parliamo della Casa delle Donne di Roma e, a costo di essere ripetitivi, lo diciamo anche qui: tra i vari eventi, hanno ospitato presentazioni contro la violenza sulle donne e la violenza domestica tenute da Eleonora De Nardis, condannata per lesioni aggravate dopo aver ripetutamente pugnalato il proprio compagno. Questa è l’attività meritoria che porterebbe a credito l’associazione…
Sarà forse per evitare porcate del genere che il comodato d’uso gratuito è stato concesso dal Comune con il vincolo di concordare le attività con il Dipartimento delle Pari Opportunità, entità che cambia a seconda delle elezioni. Non è quel gran vincolo, in realtà: stiamo parlando di un’associazione che ha occupato per anni un edificio comunale senza pagare l’affitto dovuto, figuriamoci se si fa imporre le tematiche da un qualunque dipartimento pari opportunità… Oltre a questo, c’è un altro aspetto che, data l’importanza “storica” della Casa Delle Donne, rischia di passare in secondo piano. La stessa prebenda riconosciuta di recente alle occupanti del Buon Pastore è stata concessa anche a un’altra associazione simile, denominata “Lucha y Siesta”. Anche per lei il Comune ha concesso il comodato d’uso gratuito per non si sa bene quali meriti acquisiti sul campo. Non è noto quali siano le intenzioni di voto di questa frazione di femministe, ma è comunque difficile che la Raggi possa giovarsi di queste concessioni elettorali dell’ultim’ora. A Roma il femminismo tossico ha già il suo referente tra i candidati, ed è Roberto Gualtieri. Sarà dunque estremamente interessante vedere quale sia la reale forza di persuasione politica che hanno queste attiviste nell’orientare il consenso delle donne. Dopo le elezioni andrà fatto uno studio attento dei flussi di voti perché, così prevediamo, le donne continueranno a votare coscienziosamente e liberamente, fregandosene altamente delle indicazioni delle femministe. A riprova del divario siderale che divide la malarazza femminista dall’umanità genuinamente femminile.
Cosa voteranno coloro cui sono preclusi i privilegi concessi alle femministe?
Ma perché tanta critica da parte nostra contro quelli che le femministe chiamano “riconoscimenti al valore delle donne” e che noi chiamiamo “favori e privilegi concessi a un’organizzazione di stampo ideologico e terrorista”? Be’, a costo di essere tautologici, anzitutto perché per l’appunto si tratta di un’organizzazione dedita alla diffusione del terrore tra le donne e della criminalizzazione dell’uomo in quanto tale. Sono portatrici di zizzania culturale e sociale, inquinatrici pericolosissime delle normali relazioni uomo-donna, e la recente assurda polemica sulla statua di Sapri ne è solo la più recente manifestazione. Una realtà che andrebbe osteggiata in ogni modo, altro che comodato d’uso gratuito. Alla base della nostra critica c’è però anche dell’altro, c’è un valore più alto e più generale: non ci sono ragioni razionali e concrete per concedere privilegi pari a quelli ottenuti dalla Casa Delle Donne (e da Lucha y Siesta). Provate a immaginare voi stessi: la vostra cultura e la vostra sensibilità vi spingono a spendervi per gli altri? Commendevole impulso, come sempre è quello di chi fa esercizio di responsabilità civica.
Nel caso, la legge vi consente di organizzarvi in un’associazione e tramite quella assistere gli anziani soli, aiutare i minori diversamente abili, dare sollievo ai malati terminali, sfamare e dissetare i clochard, sostenere chi cerca di uscire dalla droga o da altre dipendenze, combattere la mafia, più tante altre utili e concrete attività di aiuto nell’ambito del sempre troppo ampio disagio sociale. Con una nota, però: la vostra sede ve la dovrete pagare fino all’ultimo centesimo e se l’associazione s’indebiterà dovrà pagare tutto e con gli interessi. Non importerà nulla quanto vero bene farete: se non avete gli agganci giusti, ma soprattutto se non vi occupate della mistificazione che va per la maggiore, ossia di femminismo, niente favori per voi. La domanda è: quante associazioni pienamente meritorie languono tra mille difficoltà o in mezzo ai debiti a Roma? Chi è cosa voteranno i loro promotori e assistiti alle imminenti elezioni comunali di Roma? Più in generale, davvero i romani sono disposti a tollerare che si faccia tale spreco del loro denaro premiando chi quello spreco ha promosso e disposto?