Conosciamo molto bene Antonella Baiocchi, Assessore alle Pari Opportunità del Comune di San Benedetto del Tronto. Un paio di anni fa invitò uno dei nostri, Davide Stasi, a un convegno dalle sue parti incentrato sulla bidirezionalità della violenza. Come accade di solito, annunciò l’evento sui social e fu immediatamente subissata di proteste e minacce per la presenza del “blogger che odia le donne” (così veniva definito allora Stasi), sulla cui testa gravava un ostracismo pressoché ufficiale presso tutte le amministrazioni pubbliche. Si poteva invitare chiunque, ma lui no. Troppo pericoloso per le ideologhe che alimentano il conflitto tra uomini e donne. L’Assessore Baiocchi resistette mezz’ora all’assalto, poi annunciò all’invitato, tra mille scuse, che non se ne sarebbe fatto nulla. Stasi conserva ancora i messaggi scritti e vocali dell’Assessore, espressi con la voce tremula per lo shock dovuto alla violenza degli attacchi e delle minacce subiti. Stasi venne allora sostituito in corsa da un soggetto assai più compiacente e per nulla critico, snaturando del tutto gli obiettivi dell’evento. Ciò che rimaneva, dopo la solita censura, era comunque un’Assessore coraggiosa, che ci aveva provato e che ci credeva. E che ci ha riprovato tempo dopo, stavolta con successo, grazie a una panchina.
Non ci ha stupiti scoprire che qualche giorno fa proprio Antonella Baiocchi si è fatta promotrice, sempre a San Benedetto del Tronto, dell’installazione di una “panchina contro ogni violenza”. Già, non rossa e solo per donne, ma dipinta in modo creativo e dedicato a tutte le vittime a prescindere dal sesso. Fermo restando che quest’uso simbolico delle panchine ha del ridicolo in generale, comunque l’Assessore mostra di non aver ceduto sul fronte del coraggio nell’affermare la banale verità delle cose. «Non esistono vittime di serie A e serie B», dichiara ai giornali. Aggiunge poi: «le categorie di vittime di cui occuparsi sono tre: le donne, i minori e gli uomini». Un po’ limitativo, in realtà. Mancano ad esempio gli anziani, i disabili, gli immigrati, gli omosessuali, i meridionali e un sacco di altre categorie. A dimostrazione che, di questo passo, legittimando la declinazione specifica, si rischia di finire nell’universale, in un circuito senza fine e senza senso. As simple as it is, come dicono gli inglesi: semplicemente le vittime sono vittime, tutte, senza alcuna distinzione. Oltre a far prima, così, ci si conforma alla verità delle cose.
Sarebbe stata un’onorevole ammissione di colpa.
La panchina, realizzata dall’artista Pietra Barrasso, è stata inaugurata sabato scorso, in assenza del Sindaco, ma in presenza di un consigliere regionale (onore al coraggio). L’occasione è stata propizia per la Baiocchi per fare altre importanti considerazioni: «Ho speranza che uomini e donne si alleino per favorire la cultura del rispetto e aiutare le persone maltrattanti e maltrattate ad uscire dalla violenza. Il femminicidio esiste», concede (sbagliando) la Baiocchi, «tuttavia è necessario superare questo atteggiamento dicotomico. Chi difende le donne è contro gli uomini e viceversa. Con questo comportamento non andiamo da nessuna parte». Naturalmente la sua iniziativa è stata contestata da vari gruppetti femministi: «Mi hanno chiesto i numeri delle violenze sugli uomini, per me è un discorso infantile che non esiste». Prossima volta, Assessore, diriga le invasate sul nostro sito: troveranno tutte le statistiche che cercano (sebbene molto sottostimate). Al di là delle sue concessioni sull’esistenza del “femminicidio” (comprensibile che, come politico, non possa spingersi a dire troppo la verità), le sue parole sono condivisibilissime, importanti e rimbombano pesantemente dentro il cosmo comatoso dell’opinione pubblica irretita e ammaestrata dalla propaganda femminista.
Che però stavolta non si limita a minacciare o mettere in atto qualche shitstorm sui social media, ma passa direttamente all’azione. La faccia di bronzo non manca a un paio di associazioni femministe locali, anche perché è troppo fondamentale che nulla strappi la cortina di pizzo che così tanto denaro e potere garantisce a una miriade di piccole e grandi accolite, quell’insieme che noi chiamiamo “Antiviolenza Srl”. Ecco allora che, terminata la cerimonia di inaugurazione, un gruppuscolo mette in scena una protesta posizionando 41 fiocchi rossi sulle balaustre nei pressi per ricordare «le vittime di femminicidio dall’inizio dell’anno», affiggendo poi manifesti con i nomi delle donne uccise nel 2021. «Il femminicidio esiste, non è raptus» hanno commentato sui media, «con questa panchina non si fa altro che […] non riconoscere il tema della violenza di genere, un problema sociale di matrice culturale». Dopo ciò, sembrano fare autocritica: «Creare confusione, mistificando la cronaca, è inaccettabile a qualsiasi livello istituzionale». In realtà non parlano di se stesse, ma dell’iniziativa dell’Assessore Baiocchi. Ed è un peccato perché, numeri e fatti alla mano, sarebbe stata un’onorevole ammissione di colpa che, a questo punto, tocca a noi dimostrare.
Una formuletta femminista da rispedire al mittente.
Ed è cosa piuttosto semplice. Il “femminicidio” non esiste. Se esistesse, avrebbe una sua definizione precisa e circostanziata, tale da rendere impossibile, tra le altre cose, la realizzazione di un generatore automatico di definizioni di femminicidio come quello da noi creato di recente, capace di produrre un numero spropositato di combinazioni diverse, tutte “valide”. “Femminicidio” è una parola di marketing, niente di più e niente di meno. Non è un caso che la Commissione Parlamentare che se ne occupa non ne abbia mai dato una definizione, nemmeno quando sollecitata. Né è un caso che i media mainstream che ne hanno parlato di recente non abbiano mai riportato la stessa cifra, ma dati diversi e incongruenti. Per quanto riguarda la confusione ottenuta mistificando la cronaca, poi, da tempo dimostriamo con le nostre verifiche sugli elenchi pubblicati da eminenti redazioni nazionali (La Repubblica, Corriere della Sera), quanto la mistificazione sia esattamente la cifra caratterizzante degli elenchi dei “femminicidi”. Una mistificazione possibile proprio perché il fenomeno non è precisamente definito. Le femministe di San Benedetto del Tronto, ad esempio, hanno legato 41 fiocchi rossi dicendo che tanti sono i “femminicidi” da inizio anno. Errato: in realtà i fiocchi dovevano essere soltanto 17 (il 29 luglio i “femminicidi” erano 16, cui va aggiunto quello recente di Aci Trezza), se si sta all’unica definizione un minimo istituzionale a disposizione finora (Polizia di Stato, 2018). Gli altri sono omicidi comuni, gli stessi che fanno vittime anche tra gli uomini. E tra le vittime di omicidio generico, gli uomini sono il doppio delle donne, a prescindere dall’autore. E perché si debba prescindere dall’autore, l’abbiamo spiegato ben due volte: qui e qui.
Insomma, nella migliore tradizione dell’estremismo ideologico, a San Benedetto del Tronto le femministe accusano altri di fare ciò che in realtà fanno loro sistematicamente. Lanciano la loro accusa senza imbarazzi, senza vergogna, forse autoilludendosi che la loro truffa da quattro soldi non sia stata già svelata da tempo. Cercano, con commovente determinazione, di affermare ancora l’esistenza di vittime “più specifiche e più speciali” di tante altre appellandosi a un fattore socio-culturale che, se c’è, numeri alla mano risulta risibile e in gran parte d’importazione. Chiaro che una sola persona uccisa è un orrore che vilipende l’universo stesso, ma nella gestione di una massa di cittadini di 60 milioni di persone non si può non prendere atto che 17 “femminicidi propriamente detti” in otto mesi sono un vero e proprio miracolo, qualcosa di cui andar fieri. Ancor più in un’ottica corretta ed equilibrata della questione. L’Assessore Baiocchi si è sottratta al confronto dei dati, comprensibilmente, definendolo “infantile”. Ma forse varrebbe la pena farlo: interessa il dato del “chi uccide/fa violenza a chi”? Ottimo, facciamolo. Ma facciamolo tutto. Il che non significa contare “quante donne hanno ucciso/fatto violenza a uomini”, bensì “quante donne da inizio anno hanno avuto la vita salvata da un uomo”. Basterebbe contare l’intervento dei Vigili del Fuoco per il recente incendio al grattacielo di Milano e qualche salvataggio estivo in mare per conguagliare le donne uccise e andare così tanto “in credito” da far rimangiare con gli interessi alle signorine di San Benedetto del Tronto e a tutte le loro socie d’Italia la loro formuletta sulla violenza di genere come «problema sociale di matrice culturale».