«Se sei vittima o testimone di atti di violenza sulle donne chiama il 1522». Questo è il messaggio che ho ricevuto sul cellulare dall’applicazione Eni Live per il carburante. Violenza «sulle donne» e non su chiunque, questo è il fulcro di un’esortazione che è discriminatoria, sessista e dunque pericolosa. Sono cliente ENI, luce e gas, cosa faccio? Cambio fornitore? Quando Gillette decise di fare harakiri e lanciò il suo vergognoso spot contro l’universo maschile nel 2019, The Best Men Can Be, io ero un assiduo cliente di Gillette. Da allora ho smesso di esserlo, non ho più comprato Gillette. Il problema è che nel mondo occidentale, troppo ideologizzato, troppe multinazionali stanno decidendo di cavalcare l’ideologia dominante alla ricerca dei benefici economici che questa posizione frutta, diventa sempre più difficile barcamenarsi tra le diverse aziende.
Qualche mese fa ho cambiato gestore sul cellulare, ora sono cliente Vodafone. Questo è stato lo spot di Buon Natale 2021 di Vodafone Portugal, Começar de novo. Come potete vedere, un donna abbandona l’abitazione coniugale, un illecito, senza avvertire il compagno e portando con se la figlia, un altro illecito. Il motivo sarebbe la violenza del compagno, della quale nello spot non c’è traccia – sempre che un cellulare con lo schermo rotto non sia violenza. La giustificazione esplicita della donna (min. 0:53) «… ma lascio anche indietro le brutte cose, umiliazioni, bugie, disperazione…». «Umiliazioni, bugie, disperazione» sono violenza e un motivo per sottrarre il figlio a un padre? Oltre a mandare tutta una serie di messaggi inappropriati (incoraggia le donne a farsi giustizia da sé, ignora la presunzione di innocenza maschile, viola il diritto di uguaglianza, ecc.), lo spot invita le donne a commettere un illecito e un atto gravissimo, la sottrazione di un figlio a un padre. Cosa faccio? Cambio ancora gestore di cellulare?
Un concetto esplicativo: l’ipergamia.
Comunque, se posso scegliere, preferisco lo spot di auguri natalizi di Vodafone Portugal di quest’anno di quello di Netflix España, Navidad atípica, dell’anno scorso. Questo spot è propaganda femminista pura. Le donne trascorrono la vita a «servire, sorridere, cucinare, raccogliere, placare, deliziare, distrarre, fingere» per colpa della società patriarcale, «mentre sorridendo dalla cucina vediamo come loro fanno quello che devono fare, cioè, nulla!» (min. 1:45). Si sa, noi uomini non facciamo nulla dalla mattina alla sera, buttati sul divano. Infatti le donne si prendono «cura più di chiunque altro e nessuno si prende cura di noi» (min. 3:12) – neanche economicamente immagino, un po’ di vittimismo non guasta. Le donne devono quindi finalmente «liberarsi» e rompere gli schemi mentali, e per farlo ci sono, come succede nelle serie e nei film TV, «tutte le infinite possibilità di disobbedienza che si ha la possibilità di scegliere, dato che bisogna distruggere , meglio innovare e andare avanti […] puoi fondare un giornale, lasciare tuo marito, uccidere tuo marito, diventare una criminologa, il Primo Ministro della Danimarca o la Presidente degli Stati Uniti […] essere bisessuale, omosessuale, asessuale, essere trans, essere cis, essere drag queen» (min. 4:30-5:20). Sì, avete letto bene: «uccidere tuo marito». Apologia della violenza durante il periodo natalizio, non credo si possa dire più chiaro. Tutt’oggi lo spot continua ad essere pubblico su Youtube, che problema c’è?
Per essere donne «libere» (dal patriarcato), lo spot consiglia le donne di «disobbedire», di trasgredire durante il periodo natalizio – tra le immagini anche donne che rubano con violenza (?) –, e quale migliore trasgressione liberatoria dell’eliminazione fisica del proprio uomo: «uccidere tuo marito». Per concludere su questo spot, anche se non ha la stessa importanza, è da notare che tra le numerose categorie di orientamenti e gusti sessuali elencate, tra le quali le donne possono scegliere di «essere» durante il periodo natalizio, manca «essere eterosessuale». L’indifferenza che questi, e altri spot simili, trasudano per la sofferenza maschile – per gli uomini vittime di violenza, per la sofferenza dei padri ai quali vengono sottratti i figli o per gli uomini uccisi in ambito sentimentale – è un mistero, soprattutto in riferimento al sesso femminile che si presuppone più empatico e compassionevole, che può essere spiegato forse con un concetto: ipergamia.
Il femminismo punta solo agli uomini ricchi e potenti.
L’ipergamia è la tendenza, soprattutto femminile, a scegliere il proprio partner in relazione alla classe sociale, ai soldi e a uno status sociale migliore cui la persona appartiene. Le donne, in generale, non trovano alcun interesse per gli uomini economicamente o socialmente inferiori a loro. Non dipende dalla loro volontà non sentirsi attratte da uomini più poveri o socialmente inferiori, come non dipende dagli uomini non sentirsi attratti da donne obese o poco aggraziate. Si tratta di una percezione naturale che difficilmente può essere modificata, anche se le eccezioni esistono. Questa percezione naturale femminile, che fa loro ignorare le classi maschili inferiori, impedisce loro anche di vedere la sofferenza di questi uomini. Loro vedono solo l’uomo che occupa la poltrona del potere, il re, il dirigente, il divo, e fanno fatica a vedere i lavoratori, i soldati mutilati, i senzatetto, gli schiavi. E questo avviene per la loro condizione ipergamica che le ostacola a percepire l’esistenza di quelli che giacciono sotto e soffrono più di loro: l’attenzione di queste donne è rivolta verso l’alto. Per le donne, gli uomini sofferenti tendono a essere invisibili come lo sono per gli uomini le donne poco o per nulla aggraziate che in una festa passano completamente inosservate, come se fossero invisibili.
Questa percezione naturale femminile ci dà la stura a diverse considerazioni. In che modo l’ipergamia femminile ha influenzato il femminismo e viceversa? L’ideologia femminista è in parte frutto di questa percezione femminile? Il terreno era già dissodato prima di seminare il femminismo? Con le donne la dottrina femminista ha trovato le porte aperte? Quando le femministe manifestano di essere le vittime in un mondo retto dal privilegio maschile, incuranti delle sofferenze, delle ingiustizie, delle disgrazie e delle oppressioni che affliggono l’universo maschile intorno a loro, a mio avviso esprimono questa convinzione in maniera sincera, anche se di una visione sbagliata e ingiusta si tratta. Loro si reputano sinceramente le vittime, perché i loro sguardi sono rivolti unicamente verso l’alto, verso gli uomini fortunati, e ignorano completamente quelli sfortunati. Il femminismo, come le donne in cerca di partner, non ambisce lo status maschile di quelli più bisognosi ma di quelli benestanti. Gli uomini sofferenti non trovano dimora in nessun ministero delle pari opportunità femminista, come non trovano dimora le vite delle persone sfortunate e povere nelle riviste di gossip, che hanno un pubblico prevalentemente femminile.
Una donna che non chiede mica tanto…
Il concetto di ipergamia implica altri concetti poco nobili, senza i quali non esisterebbe, come l’invidia e l’egoismo. L’infelicità e l’invidia viaggiano troppo spesso insieme. L’ipergamia è un fenomeno mentale formato dall’invidia. L’invidioso ha soltanto occhi per quelli che sono sopra di lui e non si cura per quelli che stanno sotto. Vedono soltanto il principe ma non il contadino. In genere, le persone più felici sono quelle che hanno una visione più obiettiva della realtà, tra quelli che stanno meglio e peggio, e riescono a essere soddisfatti del proprio status. L’importanza del ruolo dell’invidia nello sviluppo della dottrina femminista è già stato esplorato da me in un altro intervento (“Da dove nasce il femminismo“). Le femministe voglio sostituirsi agli uomini di potere e augurano loro, da invidiose, di regredire. Il vittimismo e la voracità femminista presentano certi parallelismi con la consueta insoddisfazione e insaziabilità della natura femminile. In che modo entrambe le cose sono interconnesse? Questa tendenza naturale delle femministe, e delle donne, ci fa considerare un ultimo aspetto. Il femminismo afferma che le società e le economie nazionali sperimentano un notevole miglioramento quando le donne migliorano il loro status, quando raggiungono uno sviluppo di studio e lavoro qualificato paritario o superiore a quello degli uomini. L’ipergamia femminile rende questo vero forse a corto o a medio termine, ma a lungo termine queste società sono condannate alla decadenza, l’invecchiamento, il suicidio demografico e la rovina economica. Il motivo sarebbe la condizione ipergamica delle donne, che tendenzialmente aspirano a convivere con uomini di maggior successo e con più soldi di loro. L’amore femminile ha bisogno di ammirazione, ha bisogno di un eroe, che il femminismo non fa altro che decostruire.
Quale miglior modo di evidenziare questa natura femminile che la dissezione di un altro spot, Tampoco pido tanto, dei più celebri grandi magazzini spagnoli, El Corte Inglés. Una dolce voce femminile canta: «Non chiedo mica tanto, soltanto un po’ di tutto, non chiedo mica tanto, tutto ciò che i miei occhi possono vedere, niente di più e niente di meno». Lo spot è rivolto alle donne, come lo sono la maggior parte degli spot commerciali. Le parole della canzone raffigurano la mentalità della donna media, volubile e insoddisfatta, che chiede e compra, compra e chiede. Uno spot che sposa benissimo anche il carattere delle femministe, mai soddisfatte e sempre sul punto di presentare ancora e ancora nuove richieste allo Stato. La canzone e lo spot finiscono con la voce di uomo che proclama un perentorio: «Tu chiedi». Non poteva essere più lampante il messaggio. Non avrebbe alcun senso un’altra voce femminile che risponde alla prima «Tu chiedi», non è compito delle donne soddisfare i desideri delle altre donne. La voce maschile è la voce del marito sollecito, del commerciante, del politico opportunista e/o dello Stato. Una voce che ha un senso se l’uomo è un gradino al di sopra della donna per poterla soddisfare. Una voce che perde però ogni senso quando l’uomo è vittima di violenza femminile, non riesce a vedere i propri figli o giace ucciso dalla moglie che «non chiede mica tanto».