Tutto pare sia partito da un’iniziativa di Marco Scarpati, docente universitario, esperto in protezione dei minori e diritto di famiglia. Obiettivo: riportare il dibattito sulla gestione dei minori in sede giudiziaria là dove dovrebbe sempre stare, ovvero fuori dalle aule di tribunale e dentro le sedi accademiche. Come riuscirci? L’idea di Scarpati è apparentemente audace: organizzare una cena di riavvicinamento tra i due maggiori esponenti delle due tesi che negli ultimi anni si sono contrapposte in dibattiti e discussioni non di rado incendiarie: Claudio Foti, ebbene sì, il “guru di Bibbiano”, convinto portavoce della “psicologia del trauma”, e il Prof. Giovanni Battista Camerini, sostenitore dell’approccio sancito dalla Carta di Noto. Due uomini interpreti di posizioni teoriche distantissime, e punti di riferimento, loro malgrado, di sostenitori che negli ultimi anni, a partire dall’esplosione del caso Bibbiano, non se le sono mandate a dire, laddove gli uni additano gli altri di essere seguaci del controverso psicologo Richard Gardner (l’ideatore del concetto di “alienazione parentale”), mentre questi ultimi rilanciano paragonando le teorie avverse a quelle “no-vax”. Una contrapposizione acerrima, insomma, che ha raggiunto non di rado, complici i mass-media e i social network, punte di parossismo manicomiale che solo la capacità di noi italiani di dividerci in cieche tifoserie poteva raggiungere.
Ebbene, Marco Scarpati entra a gamba tesa in tutto questo delirio e osa l’inosabile: far incontrare Foti e Camerini. Non in un convegno, per lo meno non ancora, ma in un contesto conviviale, una cena in un ristorante di Reggio Emilia, dunque con cibo e vino di straordinaria qualità a fare da “galeotto”. La notizia dell’incontro ha letteralmente mandato ai matti gli ultrà delle due fazioni: impegnati com’erano a sbranarsi l’un l’altro, sono rimasti attoniti, con il brandello di carne del “nemico” appeso alle zanne, nel vedere che i loro punti di riferimento si erano incontrati amichevolmente. Alcune reazioni, a leggerle, sono quasi comiche e danno la misura del delirio assoluto favorito dall’uso dei social network da parte di persone troppo problematiche per poter gestire lo strumento con ragionevolezza. Ma, da un lato e dall’altro, si tratta di casi limite, persone che non hanno mai avuto la reale dimensione della questione, preferendo per l’appunto restare nel più superficiale e comodo piano della tifoseria. Al netto dei fanatismi, dunque, qual è stato l’esito di questa cena? Lo sappiamo da una comunicazione che, sebbene non sia stata così presentata, potrebbe anche avere il sapore di un “comunicato stampa congiunto” tra Foti e Camerini. Lo riportiamo di seguito nella sua interezza, per come è stato pubblicato sui social dallo stesso Foti (per ora Camerini non ha commentato, né confermando, né smentendo), prima di commentarlo.
Basta demonizzazioni.
«Dopo un lungo periodo di contesa giudiziaria, Giovanni Camerini ed io abbiamo deciso che la strada più adeguata e saggia per affrontare la contrapposizione sul piano culturale che si è prodotta fra di noi, non debba passare attraverso lo scontro legale tramite avvocati e carte bollate. Ho passato cinque anni nel tritacarne giudiziario di Bibbiano. Mi dovrò occupare prossimamente di altre vicende legali, per fortuna non nel ruolo di imputato, e se ho la possibilità di chiudere un contenzioso giudiziario, per favore mi venga consentito! Ci siamo ritrovati a pranzo per siglare la chiusura delle ostilità legali. In questo incontro è stato proposto da Marco Scarpati che si possa arrivare ad un dibattito pubblico fra Camerini, autorevole esponente della psicologia forense e me. La sua idea è quella di cercare di favorire un confronto e un chiarimento sul rapporto tra psicoterapia e psicologia forense: gli psicoterapeuti che si occupano di vittime di traumi devono occuparsi della sofferenza dei pazienti senza l’incubo della “frode processuale” e senza i vincoli che pesano inevitabilmente sulla psicologia forense. Quest’ultima dovrebbe occuparsi della dimensione intrapsichica e non della dimensione della realtà fattuale che spetta al giudice. Sono disponibile ad un confronto pubblico a condizione che sia una civile e forte contesa scientifica a tutto campo. Apprezzerò il coraggio intellettuale di Camerini se accetterà il confronto. Ci sono problemi drammatici da affrontare che si sono aggravati negli ultimi anni: dal mio punto di vista le teorie dell’alienazione parentale hanno modificato forma, hanno cambiato spalla al fucile ma rimangono tendenzialmente persecutorie nei confronti delle madri. Una parte schiacciante delle denunce per presunti abusi su minori abitualmente non viene approfondita e viene archiviata. La scienza psicologica è stata corrotta dalla fake sull’epidemia delle false accuse di abuso, dall’enfasi sulla teoria dei falsi ricordi, dalle diagnosi farlocche sulla madre alienante e malevola. Si è creato un repugnant market, fatto di consulenze psicologiche, che consente ai padri maltrattanti di puntare a mantenere il loro potere patriarcale, grazie a giudici non preparati e grazie all’assenza di atteggiamenti e strumenti efficaci di ascolto dei bambini.
La riconciliazione legale fra me e Giovanni Camerini non sarà una riappacificazione culturale. Potrebbe essere utile un chiarimento fra noi sui termini di questa contrapposizione, che non esclude eventualmente l’individuazione di preoccupazioni comuni. Certamente al di fuori di una logica di demonizzazione dell’avversario. È la chiarezza sulle idee e non l’insulto, che può aiutare la crescita di una cultura dell’infanzia in questa epoca tanto disgraziata dove si riducono i diritti dei minori e dei soggetti deboli. Non so se quest’incontro si farà. Per quanto mi riguarda sono disponibile. Io ho organizzato nel 2001 un confronto con Guglielmo Gulotta all’interno del Convegno del Centro Hansel e Gretel “L’ascolto dell’abuso e l’abuso nell’ascolto”. Negli anni successivi il centro formazione del CSM ha organizzato due confronti/scontri sempre fra me e Gulotta. Tutti questi duelli dialettici sono stati utili agli ascoltatori per chiarire le posizioni contrastanti ed anche i punti d’incontro. Abbiamo fatto un pranzo con Camerini. Forse qualcuno non comprenderà. Ma son convinto che potrà capire se l’incontro si farà e se parteciperà all’incontro. Attenzione ad una logica interpretativa che parte da un dettaglio e perviene a conclusioni interpretative assurde. Come quel padre violento che stava ammazzando la moglie perché in una fotografia scattata sul luogo di lavoro aveva creduto di vedere senza alcun fondamento l’amante della donna. Come quell’assistente sociale che aveva deciso che la madre era alienante e non voleva far crescere il proprio figlio di 5 anni perché aveva visto un passeggino (della vicina!) nel pianerottolo. Come quelli che sentono una psicoterapeuta parlare di una macchinetta dei ricordi (uno strumento terapeutico validato scientificamente) e pervengono alla conclusione che si tratti dell’elettroshock. Spero che ci sia un confronto pubblico con Camerini . Non serve alle madri e ai bambini vittime di ingiustizia scappare e risultare perdenti sul piano culturale. Le questioni sono drammaticamente serie, perché i temi da affrontare riguardano la sofferenza di tanti adulti e di tanti minori. Sarà un confronto che andrà alle radici. Non finirà a torte in faccia. Ma neppure a tarallucci e vino».
Fuori dai social, dentro la realtà.
Ci sono parti di questa comunicazione che, lo si può immaginare, ci fanno accapponare la pelle, ma che noi fossimo sideralmente distanti dall’approccio della psicologia del trauma non è un segreto per nessuno. Tuttavia non è rilevante, in questo momento, il merito delle questioni, ma il metodo. Ci troviamo a sottoscrivere con piena convinzione i passaggi dove Foti sottolinea come certe contrapposizioni non possano e non debbano passare attraverso i tribunali, ma trovare sede in dibattiti aperti, anche feroci ma leali, orientati a mettere sul tavolo idee comprovate e non la mera demonizzazione della controparte. Pur con tutte le critiche che non abbiamo mai lesinato a Foti e alla psicologia del trauma in generale, facendo sempre ogni sforzo per tenerci su un piano superiore a quello delle baruffe internettiane, riteniamo ammirevole il suo rigore nel voler trarre il confronto di idee dalle pastoie giudiziarie per collocarlo là dove deve stare, in un dibattito pubblico aperto e di alto livello. Siamo certi che il Prof. Camerini, che quanto a rigore accademico non è da meno, coglierà l’occasione e, per chi come noi si interessa e vuole capire di più della materia, assistere al loro confronto sarà quanto di più costruttivo e interessante il contesto culturale nazionale possa offrire su questi temi. Tanto che, se può essere utile, offriamo queste pagine e le nostre piattaforme social per ospitare i vari contributi o eventuali dirette da mandare in streaming. Una disponibilità che prestiamo perché da sempre siamo fautori di questo tipo di confronti, ma anche per partecipare, per quanto possiamo, a questo processo ad un tempo di distensione dei toni e di elevazione del dibattito. Lo riteniamo doveroso perché non escludiamo di esserci espressi anche noi, in passato, in modo forse intemperante, di esserci lasciati trascinare dalla passione del momento. Contribuire, nei limiti delle nostre possibilità, al processo culturale innescato da Foti e Camerini sarebbe dunque per noi anche un modo per pagare un dovuto pegno per le eventuali intemperanze pregresse.
Ma, se possibile, questo improvviso contropiede di Foti e Camerini, ha anche un valore aggiunto, che non va sottovalutato. Al di là degli approfondimenti e arricchimenti che uno o più loro confronti pubblici possano portare, il solo fatto di vederli oggi al tavolo di un ristorante e domani al tavolo di un convegno assieme è un sonoro e salutare schiaffo educativo alla plebaglia internettiana e social, fattasi convinta, come lo sono spesso i tossicodipendenti, che ciò che appare su Facebook, X, Instagram eccetera sia non solo la realtà, ma l’unica realtà possibile. In tutta la sua gretta bassezza, per altro, perché è questo che i social tirano fuori ogni giorno da milioni di persone. Foti e Camerini, uscendo dall’incubo di Zuckerberg & Co. e incontrandosi davanti a una bottiglia di vino, danno una impareggiabile lezione: la vita è altro, è guardarsi in faccia e parlarsi schiettamente. Con rispetto, ma schiettamente. Senza schermi di mezzo. E nel farlo, prendere coscienza che ciò che si sa, si dice e si condivide può avere una ricaduta effettiva su un gran numero di vite, può far pendere la bilancia tra la rovina e la felicità di un gran numero di individui, spesso fragili come i minori. Foti e Camerini danno quindi anche una lezione di responsabilità rispetto al proprio ruolo, ed è anche il senso di responsabilità il grande assente nelle beghe da pianerottolo che da anni, da troppi anni, a partire dalla vicenda di Bibbiano, inondano il web e i social network. Di certe cose c’è chi è titolato a parlare e dibattere secondo regole d’ingaggio rigorose, agli altri soltanto la facoltà di porre domande, se possibile ragionevoli, per meglio comprendere, il tutto mettendoci apertamente la faccia. Foti e Camerini stanno ricollocando le cose e le persone là dove devono stare, stanno facendo ordine e il plauso per l’iniziativa va fatto anche per questo. Poi, certo, nel merito restano numerose distanze ed elementi inconciliabili, ma stanno lì proprio per essere confrontati e discussi, nell’ottica di riuscire magari a trovare un punto di convergenza più avanzato. Il tutto, come ha scritto giustissimamente Foti, senza che finisca a torte in faccia, ma nemmeno a tarallucci e vino.