Will Knowland è un docente del prestigiosissimo liceo inglese di Eton. Da lì sono usciti alcuni dei maggiori ingegni britannici, oltre a una sfilza di Primi Ministri (tra cui l’attuale Boris Johnson). Parliamo di gente come lo scrittore George Orwell, l’economista John Maynard Keynes, il filosofo Henry More, il musicista Frank Turner e tanti altri. A Eton, Knowland insegna inglese, storia e cultura classica, svolgendo anche attività di tutorship. Non di rado carica le proprie lezioni sul suo canale YouTube “Knowland knows”, un vero e proprio scrigno di sapienza accademica profonda e rigorosa. La carriera del professore viaggia a gonfie vele, fin tanto che non decide di affrontare in classe il tema delicatissimo del “patriarcato”. Non in termini generici, ma proprio come contestazione aperta, secondo le sue parole, della “corrente ortodossa femminista radicale”. Non era sua intenzione portare in aula le proprie opinioni, ma offrire agli allievi una lettura critica da applicare a un concetto che oggi si ripete con particolare ossessività.
“Volevo che i ragazzi fossero consapevoli di un punto di vista diverso rispetto all’ortodossia femminista attuale”, così ha scritto in un a lettera aperta indirizzata alla “comunità di Eton”. Una comunicazione resasi necessaria perché, indovinate un po’, la sua lezione è stata notata da una docente femminista, che l’ha riportata con indignazione al preside della scuola, il quale ha deciso di rimuovere Knowland dalla sua cattedra, senza tante storie. Una storia già, vista, la ripetizione di tante altre vicende simili (fece scalpore ad esempio la vergognosa rimozione di Jordan Peterson da Cambridge), talune anche conclusesi tragicamente, divenute prassi dal #MeToo in poi: censura e attacco al posto di lavoro. L’abbiamo segnalato anche nei giorni scorsi (ad esempio qui e qui), il procedimento resta sempre lo stesso: chi si azzarda a proporre una visione alternativa delle cose, viene prima imbavagliato e poi rovinato. Non gli si contrappongono mai altri argomenti più validi, altri ragionamenti più logici, altri dati più veritieri. No, si passa direttamente al cazzotto in bocca e ai cartoni pieni delle proprie cose da portar via dall’ufficio, con qualcuno molto servile e pavido che indica la porta d’uscita. Ma c’era qualche motivo concreto per silurare Knowland? Per capirlo occorre (oltre a sapere l’inglese) seguirsi i circa trenta minuti della sua lezione “The Patriarchy Paradox” (il paradosso del patriarcato), ancora disponibile su YouTube.
Tira una brutta aria per la censura politicamente corretta di stampo femminista.
Nel video, che conta più di 40 referenze culturali, il Prof. Knowland dimostra che attraverso la storia le tradizionali nozioni virili di forza e coraggio sono state di beneficio per le donne. È anche questa garanzia di benefici, dice il video, che spinge molte donne a scegliere un ruolo tradizionale per se stesse. E sono scelte dettate in gran parte dalla biologia, non dalla società. Se dunque un patriarcato esiste, esso è di natura bio-fisiologica, come tale è stato ampiamente favorito dalla sfera femminile, e per dimostrarlo il docente porta diversi esempi, anche dal mondo animale. Con una conclusione dirompente: un mondo senza uomini sarebbe decisamente peggiore per le donne. È la verità? Si tratta di una chiave di lettura ragionevole? Non si può dire con certezza, qualcuno può essere convinto di sì, altri di no. Il punto è che tali asserzioni devono essere supportate da fatti, argomenti e prove, queste ultime sotto forma di altri studi precedenti e accreditati. La lezione di Knowland è infarcita di queste referenze e ciò non rende i suoi contenuti veri ma sicuramente degni di una discussione e un confronto serio. Se non fosse che ogni minuto del video del professore fa a pezzi i totem e i dogmi del politicamente corretto predominante, in particolare quello tinto di rosa.
Le sostenitrici della teoria del patriarcato sanno di avere pochissimi strumenti per smontare la tesi di Knowland, e quei pochi spesso rasentano il ridicolo. Mettendo in pratica il noto consiglio di Schopenhauer, dunque, non potendo distruggere il ragionamento, hanno distrutto con successo il ragionatore. Sfortuna ha voluto che i loro strepiti indignati siano arrivati all’orecchio dell’unico tipo di maschio bianco eterosessuale gradito alle femministe: quello senza attributi. Così può definirsi il preside Simon Henderson, che dà mandato ai legali della scuola di verificare se ci sono i termini per sanzionare il professor Knowland. Questi trovano l’aggancio nell’Equality Act and the Education Regulations, una sorta di “carta etica” valida per le scuole, le cui regole sarebbero state infrante dal docente. Così il preside pusillanime riesce a nascondere il proprio servilismo dietro alle norme, un po’ (commentano alcuni sui giornali britannici) come i nazisti che a Norimberga provarono a proteggersi dietro l’asserzione: “eseguivo solo gli ordini”. Il problema, secondo tutti i commentatori, è che a leggere le linee-guida applicative della carta etica appare chiaro che a infrangerla non è stato affatto il Prof. Knowland con la sua lezione, bensì Eton stessa, avendone disposto il licenziamento. “Il trattamento verso Will Knowland è un oltraggioso attacco alla libertà di parola”, scrive Chris McGovern sul “The Conservative Women”. Per la prima volta da tempo, tira insomma una brutta aria per la censura politicamente corretta di stampo femminista.
Noi l’abbiamo sottoscritta. Fatelo anche voi.
L’aria diventa ancora peggiore per la mobilitazione di migliaia di studenti contro il licenziamento del professore e a favore di un suo reintegro immediato. “Il licenziamento del Prof. Knowland”, scrivono gli studenti in mobilitazione, “solleva grandi preoccupazioni. Percepiamo in esso alcune gravi implicazioni sulla natura della libertà in questa scuola e sulla statura morale di chi la guida”. Parole pesanti, rese ancora più gravi dalle allusioni che Knowland mette per iscritto in una missiva ai colleghi docenti: “Il preside ha ritenuto che alcune idee presentate, ad esempio il concetto per cui uomini e donne differiscono psicologicamente e non tutte le loro differenze sono costrutti sociali, fossero troppo pericolose da esporre agli studenti. A Eton abbiamo sempre dato la priorità alla discussione aperta e rigorosa rispetto a questioni come lo ‘spazio sicuro’, ‘l’attenzione ai termini’, e alle ‘micro-aggressioni’. Temo che il college corra il pericolo di soccombere a una tendenza didattica che dia la priorità alla sicurezza emozionale a discapito della sfida intellettuale. Per questo ho imperniato i miei valori nella libertà di parola”.
In questo grande e importante liceo britannico si gioca insomma una partita che potrebbe essere cruciale per vincere il mostro che si sta divorando verità, realtà e libertà di esprimersi. C’è da essere ottimisti visto l’amplissima mobilitazione nata contro la decisione del Preside Henderson, qualcosa di proporzioni mai viste. Evidentemente la misura è colma e la saturazione è giunta a un punto critico. La richiesta di reintegro del professore verrà discussa dagli organi scolastici l’8 dicembre. Nel frattempo gli studenti hanno aperto una racconta di adesioni online a favore del professore, già arrivata a oltre 2.500 firme. Noi l’abbiamo sottoscritta. Fatelo anche voi. È un dovere.