La Fionda

Pina, la vittima furente che la fa fuori dal vaso

Sul blog di Concita De Gregorio all’interno de “La Repubblica” compare una lettera che ho provato a commentare senza scadere negli insulti, ma quelli brutti brutti. Ipocrisia, vittimismo, speculazione… una lettera densa di contenuti che si possono condensare in una poraccitudine senza confini. Chi firma è una certa Pina. Lei scrive anche il cognome ma preferisco lasciarla anonima, chi fosse curioso di sapere come si chiama apra questo link. Parte col botto: ha subito una violazione dei suoi diritti di essere umano! Nientepopodimenoché, aggiungerei. È una profuga di Kabul? Una richiedente asilo vittima di torture? Una detenuta a Guantanamo? No, è una che il 3 ottobre è andata a votare e ha scoperto che le donne sposate prendono anche il cognome del marito. Ovvove, davvevo tevvibile!

Il suo disappunto scavalca la mascherina (lo scrive lei). Un pezzetto di stoffa è forse efficace contro i virus ma nulla può contro l’indignazione di Pina XXX in YYY che, in quanto donna separata, pensava di essere solo Pina XXX. Il pischelletto al seggio non può farci nulla, legge ciò che è scritto nelle liste degli aventi diritto al voto e conferma che c’è scritto Pina XXX in YYY. «Fino a quando non divorzia, lei manterrà anche il cognome del suo ex. Oppure vada all’anagrafe a comunicare che rinuncia al cognome del suo ex marito». Risposta ineccepibile dal punto di vista giuridico; molti non sanno – tra questi anche Pina? – che la separazione non cambia nulla dello stato civile: piaccia o meno si è ancora sposati. Lo scioglimento del vincolo matrimoniale arriva solo col divorzio, da quel momento sia l’uomo che la donna risultano anagraficamente “già sposati”, senza specificare con chi. È la legge baby, inutile fare il pistolotto al pischelletto del seggio.

Concita De Gregorio
Concita De Gregorio

Chiarimenti per chi vive un disagio.

Ma Pina ics/ics/ics non demorde e sfodera una perla di vittimismo femminista: «ragazzo qui il problema non è che io da separata sia costretta ancora a sentirmi associata ad un altro cognome. Il problema è che io come essere umano di genere femminile sia costretta dal matrimonio a diventare parzialmente (con l’acquisizione del cognome) proprietà di qualcun altro». Ah ecco, abbiamo la femminista barricadiera che ha attivato la modalità “vittimismo”. Pina XXX in YYY, hai bisogno di una dozzina di chiarimenti. Non preoccuparti, è gratis per chi manifesta un palese disagio.

  1. La costrizione che lamenti come una violazione dei diritti umani nasce col matrimonio, quindi l’hai saputo (e accettato) nel momento stesso in cui ti sei sposata.
  2. Sebbene percepita come terribile ingiustizia, non è una novità che improvvisamente scopri solo dopo esserti separata.
  3. Il matrimonio non è un obbligo, se ti mortifica così tanto associare il tuo cognome a quello di un uomo potevi convivere o restare “fidanzata” a vita
  4. Col matrimonio non si diventa proprietà di qualcun altro, casomai si acquisisce il diritto di godere delle proprietà di qualcun altro.
  5. Lo dicono tutte le statistiche sulle separazioni, siamo noi donne (fragili, deboli, indifese, economicamente svantaggiate) a mettere le mani nel portafoglio degli ex, mai il contrario.
  6. Siamo in milioni, me compresa. Io non ho voluto esagerare perché rispetto il padre di mia figlia ed ho ottenuto il giusto, senza cercare di distruggerlo, rovinarlo, ridurlo alla canna del gas.
  7. Non tutte siamo così, c’è chi se ne approfitta e la legge lo consente, lo sai Pina XXX in YYY?
  8. Ciò che vedi come violazione dei diritti di essere umano di genere femminile è invece qualcosa di molto ambito dalla maggior parte delle donne, ma molto davvero. Garantisce privilegi, fattene una ragione.
  9. Un esempio concreto: Veronica Lario in Berlusconi ha ottenuto una fortuna proprio per quel particolare, “in Berlusconi”, che tu consideri un abominio. Se si fosse chiamata Veronica Lario e basta non avrebbe visto un euro dopo la separazione.
  10. Lo stesso vale in tutto il mondo per lady Bezos, lady Gates, lady Bertarelli, lady Murdoch e tutte le ex mogli di calciatori, attori, cantanti, produttori, registi, musicisti, imprenditori, etc.
  11. Ovviamente sono casi-limite, Veronica intasca in un anno ciò che la maggior parte di italiane e italiani non vedrà mai in tutta la vita ma, fatte le debite proporzioni, milioni e milioni di donne italiane custodiscono come una preziosa garanzia il diritto di portare il nome del marito.
  12. Il vantaggio non è circoscritto alla separazione ma si estende all’asse ereditario: una moglie entra in possesso dei beni dell’uomo deceduto di cui porta il cognome, una fidanzata o una convivente no. In teoria sarebbe vero anche il contrario, ma in pratica al mondo quanti sono i vedovi arricchitisi grazie ai beni delle mogli decedute?

donna brutta insegna

Pina e Concita che la fanno fuori dal vaso.

Insomma, cara Pina ics/ics/ics, quello che sdegnosamente definisci “un retaggio della società patriarcale” è in realtà un beneficio, una garanzia, un enorme vantaggio. La terribile società patriarcale ha concepito una misura di protezione post coniugio ed anche post mortem, pensa un po’: gli oppressori che proteggono le oppresse. Poi la lettera si chiude con una vera e propria ciliegina sulla torta: «Come convincere un uomo che non siamo una sua proprietà? A non ammazzarci se lo vogliamo lasciare? Forse dovremmo cominciare cambiando queste leggi». Hai capito dove va a parare la Rommel in gonnella? Sottile stratega dell’ideologia femminista: la prende larga, parte con una lamentela al seggio elettorale ma in realtà voleva infilarci il femminicidio, e lo fa utilizzando lo strumento preferito del vittimismo DOC: il plurale. Non siamo (tutte) una sua proprietà, non ammazzarci (tutte) se lo vogliamo lasciare.

Ogni protesta individuale viene spacciata per attacco a tutte le donne, funziona sempre così, ogni singola mano morta è violenza sessuale a tutte le donne d’Italia e forse del mondo, ogni fischio per strada offende tutte le donne, ogni stalker terrorizza tutte le donne, ogni omicidio uccide tutte le donne. Che un uomo si senta autorizzato a essere violento con una donna perché porta il proprio cognome, fino anche ad ucciderla, è una bufala che solo un fanatismo ridicolo poteva inventare. La casistica registra fidanzati, conviventi, spasimanti respinti, conoscenti occasionali, cugini, cognati, vicini di casa, compagni di studi e squilibrati incontrati per caso, nessuno dei quali rivendica – neanche inconsciamente – il diritto ad essere violento grazie alla “proprietà” garantita dal cognome. Pina, da donna a donna lasciatelo dire: l’hai fatta fuori dal vaso. E con te l’astuta Concita che ti ha dato visibilità.



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