Possiamo considerare terminato il nostro “screening” delle proposte politiche attualmente sul tavolo in vista delle prossime elezioni. Ribadiamo, in questo senso, l’assoluta impossibilità di dare la propria preferenza a uno qualunque dei partiti attualmente in Parlamento, nessuno escluso, da Fratelli d’Italia a Liberi e Uguali. Riteniamo che siano tutti in diversa misura compromessi con un sistema che complessivamente ha mostrato il suo vero volto durante l’ultima legislatura, con un picco negli ultimi due anni. Si tratta di compagini politiche anti-libertarie e tendenzialmente guerrafondaie, tutte unite sotto un unico ombrello, quello della NATO, ovvero degli Stati Uniti. E proprio da oltre-oceano giungono a noi le peggiori narrazioni tossiche che avvelenano, oltre al resto, le relazioni tra uomini e donne. Dalla genderbread person alla più oscurantista, censoria e parassitaria versione del femminismo, quella è la fonte del Male, filtrata e diffusa da tanti organismi intermedi, dall’ONU al Consiglio d’Europa, passando per l’UE e appunto la NATO. La destra e la sinistra italiane si distinguono oggi per qualche quisquilia di dettaglio, per i diversi tipi di retorica politica e niente di più: tutti sono inscritti in una cornice definita che rimane immutata, dunque votando uno dei partiti mainstream nulla cambierebbe. E tra di essi poniamo anche, ovviamente, l’iniziativa di Calenda, che è solo il tentativo di dare una rinfrescata di bianco all’ormai impresentabile faccia lercia del PD.
Non c’è alternativa dunque al rivolgere la propria attenzione alla galassia che si pone esplicitamente come “anti-sistema”. In quell’ambito si riconoscono essenzialmente sei iniziative, di cui a nostro avviso solo quattro sono degne di nota: “ItalExit” di Paragone, “Vita” di Sara Cunial, “Alternativa per l’Italia” di Di Stefano e Adinolfi e “Italia Sovrana e Popolare”, un agglomerato di forze anti-sistema di diversa origine. Diversi sono i motivi di questa parcellizzazione, sebbene tutte e quattro le iniziative abbiano moltissime tematiche di base in comune. Hanno il loro peso, ovviamente, i molti personalismi e le correlate antipatie reciproche, in molti casi tali da impedire passi indietro in vista di un obiettivo più grande, quale il coagulo di un’unica forza su cui far confluire i consensi elettorali. Ma oltre a questo, a dividere il fronte antisistema è anche la rapidissima indizione delle elezioni, con tempistiche palesemente calcolate, oltre che per far ottenere la pensione agli attuali deputati e senatori, per mettere in grave difficoltà proprio le piccole realtà partitiche fuori dalle istituzioni, oggi costrette a concentrarsi sulla composizione delle liste e la raccolta delle firme necessarie a presentarsi nella competizione elettorale, e dunque impossibilitate a impegnare tempo nella costruzione di una piattaforma unitaria. Che sia un disegno preordinato per tenere fuori dalla gara i veri disturbatori dei manovratori lo prova la leggina fatta passare di recente che esenta i partiti già presenti in Parlamento dalla raccolta firme. Ed è già questo un buon motivo per guardare con simpatia a tutti i partiti anti-sistema citati.
Alcune sono proposte deboli o poco credibili.
Anche se, va detto, i gradi di simpatia che essi meritano sono diversi. “ItalExit” è un progetto politico che esiste da tempo, con un leader carismatico, Gianluigi Paragone, spesso accusato di essere un gatekeeper e che, in tutta onestà, non ha mai fatto nulla di davvero importante per smentire quell’accusa, né nei frangenti della pandemia con connessa campagna vaccinale, né nel frangente del conflitto Russia-Ucraina. A peggiorare le cose c’è che ItalExit al momento sembra più che altro il partito dove si raccolgono quelli che avevano giurato e spergiurato che non si sarebbero mai candidati, come il portuale triestino Stefano Puzzer o Nunzia Schilirò, la vice-questore sospesa per le sue opinioni contrarie al vaccino anti-covid. Questa corsa ad accaparrarsi personaggi diventati celebri dal lato mediatico non può che suonare sospetta e apparire superficiale, qualunque sia il giudizio sull’operato di quegli stessi personaggi. Oggi, a poco più di 50 giorni dalle elezioni, il programma di ItalExit non risulta reperibile sul sito del partito, dunque non possiamo controllare quali siano i suoi indirizzi in materia di relazioni di genere, femminismo, gender, famiglia e affini. Sospendiamo dunque il giudizio, per ora, che però, per i motivi spiegati, resta fortemente orientato verso il negativo. Dalle premesse, sembra possibile già ora dire che una forte presenza di ItalExit nel prossimo Parlamento, al di là di qualche ruggito sopra le righe e puramente mediatico di Paragone, non garantirebbe prese di posizione forti, intransigenti e incisive su temi cruciali e antisistema. Molta, troppa forma e troppa poca sostanza in ItalExit, a nostro avviso.
“Vita”, il soggetto politico proposto da Sara Cunial, raccoglie in sé molte realtà anti-sistema, concentrate soprattutto sulla critica della campagna vaccinale anti-covid, ma non solo. In “Vita” sono confluiti i “No Paura Day”, “3V”, “Sentinelle della Costituzione”, “Il Popolo delle mamme”, “Alleanza Italiana Stop 5G”, più altri transfughi dal Movimento 5 Stelle, come il consigliere regionale laziale Davide Barillari. Anche di “Vita” abbiamo cercato un programma elettorale per capire le loro posizioni su altre tematiche cruciali, quali la prosecuzione dell’adesione italiana alla trimurti internazionale ONU-NATO-UE e, più importanti per noi, le politiche di genere, ma non abbiamo trovato ancora nulla. Ci fermiamo dunque alla considerazione di come tale agglomerato sia forse tra i più attaccabili dalla facile (e letale) accusa di essere “complottisti”, cui al momento non sembra in grado di opporre una cultura politica di base abbastanza strutturata da sostenere una proposta politica credibile. Diverso e più semplice è il discorso relativo ad “Alternativa per l’Italia”: l’origine dei suoi due leader (Di Stefano, ex Casa Pound, e Adinolfi, dell’ultracattolico “Popolo della famiglia”) pongono il partito palesemente al lato destro della lotta anti-sistema. Non che la cosa sia un difetto di per sé, ma lo è in termini di appeal elettorale: un partito anti-sistema deve porsi al di fuori dello schema destra-sinistra, se vuole essere credibile. Senza contare che in questo caso è facile attendersi quali sarebbero le politiche di “Alternativa” relative alle relazioni di genere: Mario Adinolfi, nel corso del tempo, ha avuto modo di esprimerle e declinarle più volte ed è indubbio che la loro natura catto-tradizionalista si sposerebbe molto male con le aspettative di chi, come noi, vorrebbe vedere applicato nel concreto e in modo razionale il principio della parità, delle pari opportunità e dell’equità tra uomini e donne.
L’interessante proposta di “Italia Sovrana e Popolare”.
Rimane dunque “Italia Sovrana e Popolare”, un altro coordinamento di forze variegate, dove spiccano personaggi come Marco Rizzo (Partito Comunista), Francesco Toscano (noto per la sua “Visione TV“), Antonio Ingroia (ex magistrato) e altri di diversa estrazione politica, tutti uniti su un’idea dichiaratamente anti-NATO, anti UE e anti Euro, contro la dittatura sanitaria o più genericamente digitale. Tra tutte, sembra la proposta più affidabile e strutturata: la presenza di un politico esperto e sempre rigidamente coerente come Rizzo, capace di reinterpretare il proprio comunismo in una chiave contemporanea anti-sistema, a nostro avviso è un plus (senza dimenticare che proprio Rizzo alle ultime comunali di Roma ha avuto il coraggio di candidare un esplicito critico del femminismo come l’amico Fabrizio Marchi). La comunicazione di “Italia Sovrana e Popolare” finora è stata molto rigorosa rispetto alle proprie finalità, con toni e contenuti politici di alto livello e un’ulteriore garanzia è data dalla presenza, tra i candidati e tra gli ispiratori, di personaggi di grande credibilità. È il caso del fotogiornalista Giorgio Bianchi, uno dei pochi capaci di raccontare la realtà del Donbass e le nefandezze della NATO, nonché di sbugiardare le tante fake del mainstream, con prodotti giornalistici di grande valore. È il caso di Elisabetta Frezza, per noi da sempre l’ideale ministro dell’istruzione, coinvolta al momento durante un recente congresso del partito e, auspichiamo, futura candidata. Ed è il caso anche di Andrea Zhok, filosofo e accademico italiano, autore di un libro cruciale come “Critica della ragione liberale” (contenente vere e proprie cannonate contro il femminismo, per altro) e di quello che appare essere come un manifesto ideologico (consultabile qui) di rara solidità e coerenza, che “Italia Sovrana e Popolare” sembra voler incarnare appieno.
Non che questo partito sia privo di criticità. Anche il loro programma al momento non è reperibile: abbiamo scritto una mail molto articolata al presidente del partito, Francesco Toscano, per metterci a disposizione nella scrittura della parte del programma relativa alle relazioni di genere e in risposta ci è arrivata una mail con scritto: «Salve, la ringraziamo per la stima». Non proprio una buona partenza, non tanto perché non ha accettato la nostra disponibilità, quanto per la disattenzione verso il potenziale elettorato interessato e l’evidente sordità rispetto alle tematiche di nostro interesse, che sono cruciali in un’ottica anti-sistema. Abbiamo provato allora a chiedere lumi sul programma a un altro candidato che in risposta ci ha rimandati alla Costituzione. Una classica risposta da grillino di ritorno, ed è proprio uno scadimento nel grillismo il pericolo più grande per un partito come questo: è quanto mai apprezzabile la distanza nettissima presa da “Italia Sovrana e Popolare” sia dalla destra che dalla sinistra mainstream, ma è essenziale che si prendano con decisione, nei fatti e nei metodi, anche dal grillismo che, in cinque anni di legislatura, è riuscito a frantumare in polvere ogni possibile credibilità per qualunque partito che si ponga come anti-sistema. Anzitutto “Italia Sovrana e Popolare” deve smentire e stroncare sul nascere ogni sospetto che si tratti di “un altro Movimento 5 Stelle”. Può farlo proseguendo sulla strada del coinvolgimento di persone preparate e strutturate, come per l’appunto Bianchi, Frezza o Zhok, contenendo le esuberanze del suo Presidente ed evitando di perdere per strada personaggi significativi come Diego Fusaro o Francesca Donato, entrambi di recente usciti dal progetto politico di “Italia Sovrana e Popolare”. Rimane il deficit programmatico relativo alle relazioni di genere, che speriamo venga presto colmato in modo convincente. Per ora “Italia Sovrana e Popolare” ci ha convinti ad andare a firmare per la presentazione delle loro liste elettorali, cosa che esortiamo tutti a fare presso gli uffici del vostro comune. Serviranno però impegni chiari sui temi che ci interessano per convincerci anche a votarli e a farli votare.