di Santiago Gascó Altaba. Per risolvere l’oppressione delle donne, l’attrice peruviana e femminista Mayra Couto propone di chiamare “monda” il mondo (in spagnolo “munda” il mundo). La proposta è ragionevole, secondo la narrativa femminista l’uomo è il padrone dello spazio pubblico, da cui il “mond-o”, mentre la donna gestisce lo spazio privato, quindi la “cas-a”. Ergo, per risolvere i problemi maschili all’interno delle quattro mura domestiche, nelle separazioni e nei divorzi basterebbe chiamare “caso” alla casa. È vero che nel mondo dell’arte cinematografico non è pretesa intelligenza ma bellezza, eppur sempre vero che la bella Mayra Couto ha 900.000 follower in Twitter; possiamo solo immaginare che, con i tempi che corrono, alcuni di loro concorderanno con queste perle di saggezza.
Ma se dalle attrici come Mayra Couto non è preteso l’intelletto, non si può dire lo stesso dei personaggi di cultura, scrittori di grande prestigio e rinomanza, come è il caso di Oriana Fallaci. Sempre a proposito del linguaggio, Oriana Fallaci scrive in “Lettera ad un bambino mai nato”: “il nostro è un mondo fabbricato dagli uomini per gli uomini, la loro dittatura è così antica che si estende perfino al linguaggio”. Nel suo libro postumo “Se nascerai donna”, Oriana Fallaci offre qualche esempio della dittatura linguistica maschile: “…bisogna eliminare […] tutte le parole che hanno radici e riferimenti maschili. In inglese boicottaggio si dice ʻboycottʼ (ʻboyʼ significa ragazzo). Perché ʻboycottʼ e non ʻgirlcottʼ? (ʻgirlʼ significa ragazza). In inglese storia si dice ʻhistoryʼ (ʻhisʼ significa suo). Perché ʻhistoryʼ e non ʻherstoryʼ? (ʻherʼ significa sua). Meglio ancora: perché non ʻitcottʼ e ʻitstoryʼ? (ʻitʼ ʻitsʼ sono neutri)”. A fronte di cosiffatte sofisticate e dotte critiche mi permetto umilmente di cercare di confutarle.
Il caratteristico pallore mortale delle suocere.
a) Il termine boicottaggio (in inglese boycott) deriva dal nome del capitano inglese Charles Cunningham Boycott, amministratore terriero di un lord vissuto nel XIX secolo in Irlanda, contro il quale fu applicato per la prima volta il boicottaggio da parte dei coloni come forma di protesta per i suoi metodi disumani. In inglese, Girling è un cognome corrente. Nel 1925, il capitano Albert Girling sviluppò un sistema di frenaggio meccanico per le automobili che ancora oggi si chiama Pompa Freno Girling. È evidente che la coincidenza di boy– (ragazzo) e girl– (ragazza) in questi cognomi – che sembrano prefissi ma non lo sono – è del tutto fortuita, come fortuito è anche il cognome del personaggio storico che è la fonte etimologica della parola. Ipotizzare che possa esistere una volontà cosciente e prevaricatrice nella creazione di queste parole è una semplice e pura cretinata, o malafede.
b) In inglese, la parola history (storia) deriva dal latino historĭa, così come la parola heredity (eredità) deriva dal latino hereditāte, e nulla hanno a che fare con i pronomi inglesi di origine germanica his (suo di lui) e her (suo di lei). Sostenere che il termine history fa riferimento unicamente alla Storia di lui perché è sua (his-tory) – critica che non è originale di Oriana Fallaci, ma si ritrova spesso in tanti altri testi femministi scritti in inglese –, e come sostenere che il termine heredity indica che la beneficiaria delle eredità nella Storia è sempre stata lei perché è sua (her-edity). Critica demenziale. Infatti, anche in spagnolo, malgrado il pronome possessivo sia “su” e non his, si dice historia, mica “sustoria” che non esiste. Riportato all’italiano – salvando le distanze, in italiano i pronomi possessivi “suo” e “sua” si corrispondono con il genere delle cose possedute mentre in inglese i pronomi possessivi “his” e “her” si corrispondono con il sesso dei possessori – sarebbe come dire che la parola suocera (suo-cera) starebbe a significare la proprietà maritale della madre della moglie, oppure che tutta la cera da lei posseduta è proprietà del genero, ciò che è la causa del caratteristico pallore mortale delle suocere che ha dato origine all’espressione “essere o sembrare di cera”.
I cortocircuiti dei cervelli dogmatici.
Da tutto ciò possiamo elaborare tre conclusioni: 1) La narrazione e la critica femminista sono di una insopportabile parzialità. E questo è vero in ogni ambito. Purtroppo in molti ambiti esiste una componente soggettiva che è impossibile confutare con la logica: chi ha sofferto di più, la monaca rinchiusa in convento a pregare o il galeotto denutrito e incatenato ai remi a remare? È più terrificante la morte di cinquantamila streghe sacrificate su un falò o la morte di un milione di giovani gassati sacrificati sul campo di battaglia della Somme? Da questo punto di vista, il linguaggio sarebbe l’ambito più idoneo per smascherare questa insopportabile parzialità, in quanto non dovrebbe scontrarsi con questa componente soggettiva. Ad ogni “mond-o” corrisponde una “cas-a”, ad ogni “his-tory” corrisponde una “her-edity”, ad ogni “boy-cott” corrisponde un “girl-ing”, ad ogni “puttana” corrisponde un “coglione”.
2) Le ideologie scemano il sano giudizio dei loro adepti, intaccano profondamente il loro senso critico fino alla loro accettazione e diffusione in maniera acritica e dogmatica. Detto in maniera tecnica: le ideologie rendono stupidi. Lo spirito acritico conduce alla difesa di postulati irragionevoli e assurdi anche a persone che si presumono equilibrate e intelligenti. Il testo precedente di Oriana Fallaci, assolutamente demenziale, è un esempio. 3) La parzialità e l’acriticità generano necessariamente un altro mostro, la mancanza di empatia. La discriminazione e la sofferenza maschile negano la narrazione femminista, il privilegio maschile e l’irresponsabilità (innocenza) femminile. Quindi, per non mandare in cortocircuito il proprio cervello dogmatico e cadere preda della contraddittorietà, l’unica soluzione possibile è la cancellazione, la censura di qualsiasi discriminazione e/o sofferenza dell’uomo. Nel linguaggio, ad esempio, non esistono dunque “cas-a”, né “her-edity”, né “girl-ing”, né “coglione”.
L’idiozia femminista che colpisce anche i segnali stradali.
Parzialità, acriticità e mancanza di empatia sono segni caratteristici dell’ideologia femminista che rendono persone e istituzioni, che si presumono rispettabili, equanimi e giudiziose, non solo moralmente peggiori ma anche ridicole. Concludo con un altro esempio lampante, dove un’immagine vale più di mille parole. A settembre 2020, la Fiscalía General del Estado in Spagna (all’incirca la Procura generale della Repubblica in Italia) ha denunciato il maschilismo insito nei segnali stradali che posizionano le donne in “una situazione di dipendenza e di subordinazione”, e chiede di intervenire e modificarli. (Lo so, vi starete chiedendo quanto sia ragionevole investire sforzi e soldi pubblici in queste urgenti problematiche ora, in tempo di emergenza pandemica e di crollo economico, in Italia e ancor peggio in Spagna). Potete vedere qui sotto i segnali stradali additati come esempio di maschilismo dalla Procura spagnola. In seguito alcuni segnali stradali e segnali di pericolo non indicati nella loro denuncia, nemmeno considerati. Infine, consiglio alla Procura di intervenire anche sui bersagli dei poligoni di tiro che, seguendo la logica femminista, sono la causa della prevalenza degli uomini tra le vittime di omicidio nel mondo.
1) Segnali stradali maschilisti
2) Segnali stradali e di pericolo non maschilisti
3) Bersagli dei poligoni di tiro