Che si sia prossimi alla giornata della Grande Bugia, alle ventiquattr’ore d’odio antimaschile, ossia al 25 novembre, “giornata nazionale contro la violenza verso le donne”, ce ne siamo accorti tutti. Noi in particolare: le segnalazioni che riceviamo ogni giorno sono gradualmente aumentate fino al raddoppio di ieri. Articoli, interventi sul web, sui social, in radio, in televisione: è una gara di tutti a chi la spara più grossa, più drammatica, più catastrofica nel descrivere la violenza maschile dilagante contro le donne italiane. In questo rito orrorifico viene recuperato un po’ di tutto in termini di slogan e di dati, anche se alla fine l’origine della grande menzogna resta sempre la stessa, ossia l’indagine campionaria ISTAT del 2014 dedicata alla violenza contro le donne. Un tema che abbiamo trattato in lungo e in largo, su cui esiste anche un libro definitivo di Davide Stasi, ma vale la pena ricordare due o tre cose importanti, anche per avere gli strumenti per sopportare questo periodo a metà tra Matrix e 1984.
Quando sentite la formula “una donna viene uccisa ogni 72 ore”, o la sua variante “una donna viene uccisa ogni tre giorni”, ebbene state ascoltando una bugia fatta e finita. Quel dato è stato vero anni fa, in particolare nel solo 2015, quando effettivamente distribuendo le donne uccise dagli uomini sui 365 giorni veniva fuori un numero vicino al tre. Ma è stato un unicum mai più ripetuto. Il trend degli omicidi (in generale e delle donne in particolare) è in calo costante da anni e il confronto europeo posiziona l’Italia al terzultimo posto (dati Eurostat) per tasso omicidiario di donne, subito davanti a Grecia e Cipro. L’altro slogan che si accompagna a questo è “una donna su tre ha subito violenza almeno una volta nella vita”. Questa sciocchezza soprattutto deriva dalla citata indagine campionaria ISTAT che, con domande tendenziose, mirò a registrare quel tipo di dato su un campione ristretto, proiettando poi gli esiti su tutta la popolazione femminile nazionale. Una volta demistificato, insomma, lo slogan suonerebbe tipo: “una mera ipotesi statistica, tutta da dimostrare, realizzata con metodi spaventosamente tendenziosi, stima che una donna su tre eccetera…”. Tutto il resto che ruota attorno a questi concetti base è un grande circo cinico e propagandistico di preparazione alla kermesse del 25 novembre. Si prenda ad esempio la trasmissione “Ore 14” di RAI 2, condotta dal giornalista Milo Infante, di cui riportiamo qui di seguito un brano (parte dedicata alla strage di Carignano) integrato dalla nostra demistificazione:
Come si vede, l’informazione e la comunicazione veicolate sono del tutto distorte, a senso unico, ansiose di rincorrere la conformità con gli slogan e i luoghi comuni imposti dall’industria dell’antiviolenza. Non ci sono aree grigie né sfumature, il divario è visibile e netto: da un lato le “povere vittime”, sempre tutte donne, dall’altro i “feroci carnefici”, sempre uomini. D’altra parte, se l’ha fatto Alberto Accastello a Carignano, vuol dire che tutti lo potrebbero fare, no? La premessa di tutto è questa e gli interventi degli ospiti sono tutti mirati a suonare una variazione sul tema, sia che si tratti delle contorsioni psichiatriche e contraddittorie del dottor Raffaele Morelli o delle spudoratissime dichiarazioni dell’avvocato, presidente dell’AMI – Associazione Matrimonialisti Italiani, Gian Ettore Gassani (mentre Monica Leofreddi, tutto sommato, a parte il rosario di soliti luoghi comuni, appare perfino la più pacata e ragionevole). Tutta la trasmissione, su questo tema, mette in scena un parossistico teatrino compiacente, dove si fa a gara a chi la dice più “giusta”, ovvero più antimaschile possibile. In spregio alla verità e oggettività delle cose. Ma soprattutto senza uno straccio di contraddittorio, che manderebbe in pezzi l’intero palinsesto.
Abbiamo fatto il debunking di “Ore 14” perché ci è stato segnalato come uno degli interventi più vergognosi visti in giro, ma davvero in questo periodo c’è l’imbarazzo della scelta. C’è chi ci parla di un tale spot di Rete4, chi del manifesto affisso a Milano, chi dell’annuncio a Radio Deejay, o ancora del convegno specialistico con tema a senso unico, insomma un vero e proprio delirio, talmente pieno di bugie da apparire come un carnevale autunnale, in attesa di quello vero. Si tratta soltanto di sopportare e di fare tutto il possibile, specie quest’anno che lorsignore dovranno ritrovarsi soltanto online (dove è facile infiltrarsi), per diffondere la verità dei fatti e dei dati, senza imbarazzi o timori. Perché sempre più l’antifemminismo si sta affermando come una posizione pienamente legittima e ragionevole, di fronte alle ribalderie femministe che, in periodo di crisi, raccolgono assai meno tolleranza di prima. Dunque non perdete tempo a registrare la mistificazione diffusa. Organizzatevi e state pronti a infiltrare e demistificare ogni possibile riunione online di celebrazione del 25 novembre. Potrebbe essere un modo per far passare la giornata della bugia istituzionale traendone qualche utilità e, chissà, pure un po’ di divertimento.