Lunedì scorso, la pop star Katy Perry e altre cinque donne sono salite a bordo di un razzo Blue Origin per il primo volo nello spazio interamente al femminile dal 1963. Le donne non hanno pilotato il velivolo, non ne hanno manovrato i comandi. Sono state semplicemente allacciate per il tanto viralizzato volo di 11 minuti. Dall’inizio alla fine, il volo è stato pubblicizzato come un grande passo avanti per il genere femminile. Gli organizzatori del volo hanno sostenuto che lo scopo era quello di incoraggiare più ragazze a intraprendere carriere nei settori STEM (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica), mentre la capsula decollava dalla rampa di lancio, una delle donne ha urlato: «Oh mia dea !», uscendo dalla navicella 11 minuti dopo, Katy Perry ha commentato: «Mi sento profondamente connessa a quel forte divino femminile».
Se non che nel giro di poche ore, la retorica del “Girl Power” è stata travolta da un’ondata di sarcasmo e scherno, per lo più propinato dalle donne. La critica Melanie McFarland ha commentato impassibile: «Pochi cittadini comuni hanno visto la tanto pubblicizzata gita privata di lunedì al confine tra la Terra e lo spazio come un passo da gigante per l’intera umanità femminile». La rivista “Elle” ha suggerito che il volo Blue Origin «sarà la prima volta che qualcuno andrà nello spazio con i capelli e il trucco fatti». La catena Wendy’s Foods ha risposto su X al coinvolgimento di Katy Perry nella missione chiedendo: «Possiamo rimandarla indietro?», salvo poi rimuovere il post.

Nello spazio a spese dell’uomo.
Anche il New York Times si è unito al gruppo, con la critica Amanda Hess che ha sarcasticamente osservato che «il volo tutto al femminile di Blue Origin dimostra che le donne sono ora libere di godere dei più stravaganti vantaggi del capitalismo insieme agli uomini ricchi». La critica più acuta si è concentrata sulla totale irrilevanza di quell’incursione di 11 minuti rispetto ai problemi del mondo reale. L’attrice Emily Ratajkowski ha ridicolizzato su TikTok l’incursione definendola «oltre la parodia» e ha chiesto: «Guardate la situazione mondiale e pensate a quante risorse sono state impiegate per mandare queste donne nello spazio… Per cosa?». Anche Oliva Munn ha commentato: «Ci sono così tante altre cose importanti nel mondo in questo momento».
La commentatrice britannica Moira Donegan è arrivata al punto di affermare sul Guardian che il volo preannunciava la «totale sconfitta del femminismo americano» perché il viaggio «si basava su una visione dell’emancipazione femminile leggera nella sostanza e pesante in una sciocchezza infantile e fanciullesca». Il femminismo si è insomma rivelato una volta di più incapace di distinguere tra realtà e fantasia, tra realtà e retorica. Prova ne sia che questo viaggio spacciato come evento di emancipazione non è avvenuto perché le fanciulle nello spazio dovessero fare qualche importante esperimento scientifico, né perché se lo siano organizzate o pagate da sole. A sborsare il necessario è stato Jeff Bezos, patron di Amazon e marito di una delle turiste spaziali. Blaterare di emancipazione a spese maschili (come al solito)? L’hanno fatto benissimo.