Non pretendo di indossare i panni del fine giurista, che non mi appartengono, ma rivendico ugualmente il diritto di trovare pretestuosa l’ordinanza n.28995/2020 della Cassazione. Un principio giuridico prescinde, o dovrebbe prescindere, dalla posizione reddituale dei soggetti coinvolti: rubare una Panda o una Ferrari configura sempre il reato di furto, il fatto che il proprietario della Ferrari sia ricco e il giorno dopo ne possa comprare altre quattro non affievolisce il reato. Nel caso di specie, invece, il fatto che l’obbligato al versamento dell’assegno sia più che benestante fa venir meno la decadenza dell’assegno divorzile: il concetto a-giuridico di “convenienza” sembra avere peso specifico superiore rispetto all’orientamento consolidato dopo il pronunciamento della Cassazione a SS.UU. del 2018.
In pratica la ex conserva il diritto a godere dell’assegno divorzile se costituisce una nuova famiglia e mette al mondo altri figli con un soggetto meno abbiente del primo marito. Tale forzatura viene occultata rispolverando il principio secondo il quale la ex avrebbe contribuito, col lavoro domestico e di cura della prole, allo sviluppo dell’azienda di cui l’ex marito è proprietario: “una delle più prestigiose imprese di commercializzazione e produzione di calzature in Italia, con un fatturato all’estero pari a qualche milione di euro” (cit. testuale). Nove anni di matrimonio ma l’azienda prospera da 25 anni, non è dato di sapere in che misura l’azienda debba il proprio fatturato al fatto che la signora si sia occupata dei figli avuti col proprietario.
Ottenere l’assegno di mantenimento è un diritto.
Oltretutto un imprenditore di successo con un giro d’affari milionario in Italia e all’estero si suppone che non mandasse la moglie a comprare il latte per i bambini, né la costringesse a lavare piatti e stirare calzini. Probabilmente la famiglia ha potuto contare su babysitter, domestici, giardinieri, forse anche l’autista. Ma questi particolari nell’ordinanza non vengono specificati. Viene però specificato l’importo dell’assegno divorzile, in origine 850 euro ed arrivato attorno ai 1000 con le rivalutazioni annuali ai sensi degli indici ISTAT, come da prassi. Da notare che tale voce è riferita solo a quanto versato all’ex moglie, il contributo al mantenimento dei figli rimane invariato come il contributo alle spese extra, a prescindere dalla costituzione o meno di una nuova famiglia. L’ordinanza non specifica neanche l’importo versato alla prole, ma è difficile pensare che l’imprenditore multimilionario versi 200 euro per ogni figlio.
In sostanza la Cassazione contesta la decadenza dell’assegno alla ex moglie in quanto costei ha messo su famiglia con un operaio che guadagna 1.000 euro al mese. Oltretutto la nuova famiglia ha anche un mutuo da pagare, non ce la fanno ad andare avanti allora devono continuare a contare sui soldi dell’ex. Cosa c’entra col principio giuridico? Le Sezioni Unite hanno stabilito che la costituzione di una nuova famiglia fa venire meno l’obbligo di mantenimento a carico dell’ex marito, punto. Non hanno aggiunto “ma ciò non vale se il secondo capofamiglia guadagna poco”. Arrampicandosi sugli specchi gli Ermellini scrivono che “necessita una differente declinazione, più vicina alle ragioni della concreta fattispecie, e in cui si combinano la creazione di nuovi modelli di vita con la conservazione di pregresse posizioni in quanto entrambi esito di consapevoli e autonome scelte della persona”. Si introduce quindi nella giurisprudenza il principio di “convenienza parassitaria”. La creazione di nuovi modelli di vita, improntata necessariamente ad un drastico ridimensionamento al momento in cui l’ex moglie di un milionario sceglie di vivere con un operaio, deve però combinarsi con la conservazione di pregresse posizioni in quanto si tratta di scelte consapevoli. Non è vero, ottenere l’assegno di mantenimento in seguito ad una separazione non è una scelta, è un diritto. Diritto discutibile ed infatti ampiamente discusso da anni, ma ancora oggi è un diritto.
Convenienza parassitaria, appunto.
Apriamo una parentesi. La funzione assistenziale del matrimonio, una volta sciolto, oltre ad essere un assurdo giuridico entra in feroce contrasto con le rivendicazioni dell’ideologia femminista e i proclami fondamentalisti: autonomia della donna, emancipazione dal patriarcato, liberazione dall’oppressore, indipendenza economica, realizzazione personale, carriera, successo, quote rosa, autosufficienza, supremazia femminile e sostanziale inutilità della componente maschile nella società. Poi però quando si tratta di battere cassa la componente maschile della società non è così inutile. “Spendo il denaro che guadagna lui” non è troppo in linea con le rivendicazioni di autonomia, ma è tanto comodo. Chiusa la parentesi che meriterebbe ben altri approfondimenti
Il fatto che la signora ricevesse il mantenimento dal milionario – prima di convivere con l’operaio – più che una scelta consapevole sembra quindi un privilegio stabilito dalla norma e confermato dal tribunale, privilegio del quale migliaia di donne non godranno mai. La vera scelta consapevole della signora è esclusivamente quella di formare una nuova famiglia con un partner indigente, non è certo l’ex marito ad averle imposto con chi vivere. Ma l’unica vera scelta consapevole non è conveniente economicamente, quindi subentra monsieur De La Palisse: è meglio avere dei soldi guadagnati da altri che rimboccarsi le maniche e guadagnarli da soli. Allora la Cassazione corre in soccorso della neofamigliola: chi sceglie un partner povero può sempre mettere le mani nel portafoglio dell’ex ricco. Con la diretta conseguenza che i fondi erogati dall’ex confluiscono nel bilancio familiare, quindi ne usufruiscono anche soggetti che con l’ex ricco non hanno nulla a che vedere. Convenienza parassitaria, appunto.
Se accalappia una preda migliore.
Il carattere opportunistico sembra confermato da un’altra considerazione: con un reddito mensile di 1.000 e 5 persone da mantenere (lui, lei, due figli di lei ed un figlio in comune) la famiglia decide di accollarsi anche un mutuo. Appare evidente che tutti contassero sulle entrate derivanti dai tre assegni (moglie e figli) versati dall’imprenditore, che non rappresentano solo un aiutino al bilancio familiare bensì la voce largamente prevalente. Convenienza parassitaria. Non solo, c’è anche altro: “ ben potrebbe ritenersi il permanere del diritto all’assegno di divorzio nella sua natura compensativa, mentre resta al giudice di merito, al più, accertare l’esistenza di ragioni per un’eventuale rimodulazione del primo, qualora la nuova scelta di convivenza si riveli migliorativa delle condizioni economiche e patrimoniali del beneficiario e tanto rispetto alla funzione retributiva dell’assegno segnata, come tale, dall’osservanza di una misura di autosufficienza”.
L’assegno divorzile è intoccabile, visto il permanere del diritto a riceverlo; al limite il giudice potrebbe rivederlo al ribasso qualora la nuova scelta di convivenza si riveli migliorativa delle condizioni economiche e patrimoniali del beneficiario. Tradotto in pratica, il giudice al massimo, ma non è detto – al più, testuale – potrebbe ridurre un pochino l’assegno se il beneficiario (che poi è sempre una beneficiariA, non si può dire?) forma una nuova famiglia con una persona più benestante dell’ex marito. Quindi l’assegno non sparisce mai, nemmeno dopo nuovi matrimoni o nuove convivenze; potrebbe eventualmente diminuire, ma solo se se la beneficiaria diventa più benestante di prima. Se accalappia una preda migliore, direbbero le malelingue.
Alla faccia della certezza del Diritto.
Ricapitolando: va tagliato il cordone ombelicale di tenore meramente economico (in giuridichese: carattere assistenziale) che lega a vita gli ex coniugi. La deroga irrompe in caso di “declassamento” del partner – mi si passi il termine – che si ha passando da un imprenditore ad un operaio, quindi la nuova famiglia va comunque sostenuta dall’ex. Folle. Se fosse valido il principio che riconosce un diritto della signora maturato grazie ai compiti di cura della prole in costanza di matrimonio, tale principio rimarrebbe valido a prescindere dalla capacità reddituale del nuovo compagno; la signora avrebbe diritto ai suoi 1000 euro anche se andasse a convivere con Bill Gates. Ma nei nostri tribunali a volte vale un principio, a volte ne vale un altro; alla faccia della certezza del Diritto. Italia, 2020.