La Fionda

Norah Vincent: la donna che si è fatta uomo. Fino alla fine.

Questa che stiamo per raccontarvi è una di quelle storie ultimative. Nel senso che da sole riescono a mettere una pietra tombale sulle tante corbellerie che si dicono attorno a un argomento. Nel caso in questione si tratta del “privilegio maschile”, presupposto ideologico del cosiddetto “regime patriarcale” di cui favoleggiano le femministe da decenni. A raccontare la vicenda è una rivista femminile online chiamata Evie. Tra i vari articoli dedicati a salute, bellezza, stile, relazioni, carriera, in un template tinto di rosa, ne appare uno di capitale importanza, dove di racconta di Norah Vincent, una scrittrice americana di 53 anni. Il suo libro più famoso è intitolato “Self made man”, che potremmo tradurre come “L’uomo che s’è fatto da sé”. Una formula utilizzata di solito per indicare gli uomini che sono riusciti a costruirsi un percorso di vita caratterizzato da successo e denaro, ma che per Norah ha avuto invece un significato molto più letterale. Nel 2003 infatti ha deciso di diventare uomo.

Non siamo però davanti alla classica storia di un transgender: Norah è lesbica e vuole diventare uomo non in termini chirurgici, ma in termini di ruolo nella società. Chiaramente una trasformazione esteriore deve esserci, per riuscire nel suo intento, e così ricorre a un make-up specifico, a un taglio di capelli da maschio e paga una “voice-trainer” per imparare a fare la voce e ad assumere atteggiamenti da uomo. Alla sua significativa altezza aggiunge molte sessioni di palestra, occhialoni rettangolari e una fascia sul torace per premere il seno fino a farlo sparire. Tocco finale: il cambio di nome. Non sarebbe più stata Norah ma Ned. E come tale ha vissuto, facendo a tutti gli effetti cose da uomo, tipo iscriversi a una squadra di bowling, frequentare gli strip club dove agganciare ragazze, lavorare in un settori ad alta concentrazione maschile e così via. Un esperimento umano durato 18 mesi, che Norah visse in modo totalmente immersivo, ed è da lì che scaturì il suo libro. Nonché la sua devastazione psicologica.

Un reportage del 2003 sull’esperimento di Norah Vincent

Da femminista, quale era, voleva fortemente, tra le altre cose, gustare un po’ di quel “privilegio maschile” di cui aveva sempre parlato, ma era rimasta scioccata dalla quantità e dalla qualità di svantaggi dell’essere uomo. «Quell’esperienza mi ha fatto sentire vulnerabile», ha dichiarato in diverse interviste successive, «ho provato tanta sofferenza e attraversato tantissime difficoltà». Da lì l’illuminazione. La stessa che tempo fa colse Cassie Jaye, la famosa autrice del documentario “The red pill”, ma con una presa di coscienza molto più drammatica. Ancora Norah ha dichiarato: «molte di noi del movimento post-femminista sono convinte che le donne abbiano sempre a peggio mentre gli uomini se la spassano. Mi è servito camminare nelle loro scarpe per rendermi conto che non è affatto vero». Vivendolo sulla propria pelle, Norah ha scoperto che gli uomini soffrono, hanno problemi diversi dalle donne e non se la passano meglio. Hanno bisogno della nostra empatia, del nostro amore». Tra le frasi di Norah maturate dalla sua esperienza maschile, quelle che ci piace di più citare sono queste: «uomini e donne hanno bisogno gli uni delle altre più di ogni altra cosa. Sono fatti per stare assieme».

Negli anni dopo il suo esperimento, la crisi interiore portò Norah Vincent a diversi ricoveri in cliniche psichiatriche. L’articolo di Evie, per altro scritto da una donna, riporta che non si sia mai più ripresa dalle difficoltà mentali e dai contraccolpi subiti durante la sua esperienza come uomo, finendo in una depressione profonda, che l’ha condotta poche settimane fa, a 53 anni, a optare per il suicidio assistito in Svizzera. «Il femminismo moderno», scrive Nicole Dominique, l’autrice dell’articolo su Evie, «rifiutano di ammettere che gli uomini soffrano», per poi snocciolare cifre ben note ai lettori di queste pagine: l’80% delle vittime di omicidio è di sesso maschile, il 90% dei morti sul lavoro pure (pur rappresentando il 50% circa della forza lavoro), il 70% di chi dorme per strada è uomo, ma soprattutto gli uomini sono quattro volte più portati al suicidio rispetto alle donne. Un dato, quest’ultimo, che ha a che fare con Norah Vincent e il suo voler vivere come un uomo. Cosa che, per come sono andate le cose, ha voluto fare fino all’ultimo.

 



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