Francia: la Cassazione impone il dovere coniugale? Non è vero, ma per lamentarsi va bene tutto, non stiamo a guardare queste sottigliezze. Il vittimismo ideologico non conosce confini, anche in Francia fioccano spettinatissime proteste contro i sacrosanti pronunciamenti di Corte d’Appello e Cassazione. Una coppia si separa e lui chiede l’addebito (non saprei dire se oltralpe si chiami ancora separazione “per colpa” come dice l’articolo): i motivi sono diversi, ma pesa soprattutto il rifiuto della donna di avere rapporti col coniuge. Dice: «Signora, ma è vero che lei rifiuta ogni intimità con suo marito?». «Si, sarò libera di fare sesso quando voglio? E se da anni non voglio, si rassegni e zitto». Non ci sono quindi solo le affermazioni del marito, ma anche le conferme della moglie: vivono sotto lo stesso tetto ma come fratello e sorella, niente effusioni, niente intimità, niente bunga bunga.
La signora non ci sta, l’articolo riferisce che presenta un ricorso contro la Francia davanti alla Corte Europea per i Diritti Umani per “ingerenza nella vita privata” e “violazione dell’integrità fisica”, dopo che la giustizia francese le ha “imposto” il “dovere coniugale”. Lo hanno reso noto due associazioni che la assistono e la sostengono nella sua battaglia legale e civile. Le arrabbiatissime associazioni sono la Fondazione delle donne e il Collettivo femminista contro lo stupro, le quali condannano il fatto che la giustizia francese «continui ad imporre il dovere coniugale, negando così il diritto delle donne di essere consenzienti o meno nei rapporto sessuali». Ecco la protesta falsa, o quantomeno fondata sul nulla. Le corti di merito e di legittimità non hanno imposto nulla alla signora, né hanno negato il diritto “delle donne” di non essere consenzienti. È la rodatissima strategia dell’ideologia tossica: ogni singola sentenza non delibera in merito alle peculiarità del caso specifico, ma diventa un attacco a tutte le donne quindi l’intero genere femminile deve sentirsi oltraggiato.
E le schiavitù del coniuge uomo?
Tornando alla sentenza, non è vero ciò che affermano le barricadere francesi: Corte d’Appello e Cassazione non impongono alla signora di fare sesso se non vuole, si limitano a riconoscere il suo cronico rifiuto come valida causa di separazione; «i continui rifiuti rendono intollerabile continuare la vita in comune», scrivono testualmente. La signora continui pure a praticare un’astinenza stile convento di clausura, è liberissima di farlo, ma lo faccia da ex moglie. Tutto qui. Poi l’immancabile citazione degli stupri, come se le corti transalpine ne avessero sancito la legittimità. Le corti non hanno imposto alla donna rapporti controvoglia, né tantomeno l’uomo si è sognato di chiedere che venissero imposti per sentenza; lui si è limitato a prendere atto dei rifiuti di lei e ne ha tratto le logiche conclusioni: visto che non mi desideri più, separiamoci. Cosa ha a che fare tutto questo con gli stupri? Il ricorso alla CEDU lamenta poi «ingerenza nella vita privata» e «violazione dell’integrità fisica» da parte della Francia nei confronti di madame. Addirittura… e come, di grazia? Un tribunale deve conoscere gli aspetti della vita privata di una coppia per valutarne gli effetti ai fini della separazione, ma ciò non costituisce alcuna ingerenza. Una concreta ingerenza potrebbe essere l’imposizione di accettare controvoglia le avances del marito, ma non è questo che dice la sentenza. Quanto alla presunta violazione dell’integrità fisica sembra un richiamo allo stupro, altro principio lontano anni-luce dai provvedimenti dei tribunali. Forzature sistematiche insomma, prive di fondamento giuridico ma in linea con la narrazione del vittimismo tossico.
Suona ridicola poi la chiosa dell’articolo, riportando l’ulteriore proclama delle associazioni femministe che chiedono la condanna della Francia da parte della CEDU: «Il matrimonio non è e non deve essere una servitù sessuale». Ok ragazze, quanto avete ragione… il matrimonio è una libera scelta quindi non deve essere una servitù sessuale. Però non deve esserlo sotto nessun punto di vista: procreativo, assistenziale, abitativo, economico Se vale “siamo sposati ma sono libera di non volerti nel mio letto”, allora vale pure “siamo sposati ma sono libero di non volerti nella mia casa”, “siamo sposati ma sono libero di non volerti accudire quando sei malata”, “siamo sposati ma sono libero di non darti parte del mio stipendio per il parrucchiere e la palestra di pilates”, “siamo sposati ma sono libero di andare in vacanza senza portarti con me”, “siamo sposati ma sono libero di non pagare il mantenimento quando ci separiamo”, “siamo sposati ma sono libero di non accettare una gravidanza imposta e non concordata”. Si tratta di esempi estremamente concreti, tuttavia queste “libertà” all’uomo non sono concesse. Sono, per dirla con le amiche francesi, “schiavitù” economiche, procreative, abitative ed assistenziali dalle quali un soggetto maschile non può affrancarsi. Magari anche su queste si potrebbe chiedere un parere alla CEDU.