di Rita Cascia. Netflix non sta passando un buon momento. Qualche tempo fa si è parlato molto di un film francese, “Cuties”, che ha sollevato molta indignazione nel web, e non solo, per le scene sessualmente esplicite che conteneva e che coinvolgevano delle preadolescenti. Qualche giorno fa, in una cittadina del Texas, un grand jury ha incriminato il gigante americano dello streaming a pagamento per aver diffuso consapevolmente “materiale visivo osceno” riguardante dei bambini. La notizia in Europa è passata sotto silenzio, ma negli Stati Uniti l’accusa ha fatto parecchio rumore. Quando Netflix iniziò a pubblicizzare il film, la locandina esaltava il fatto che un gruppo di ragazzine poco vestite si dimenassero su un palco, mimando atti sessuali, per esplorare la propria femminilità. In molti avevano gridato che il video non solo fosse inappropriato ma sdoganasse di fatto la pedofilia. Tra alti e bassi la questione aveva infiammato la rete specie quando si lanciarono su Twitter vari hashtag per boicottare il canale e anche una pagina di raccolta firme per promuovere la rimozione del film dal catalogo di Netflix.
Sebbene il canale nel giro di poco tempo abbia perso più di 2 milioni di abbonati, la strategia che fu messa in atto fu quella di cambiare la locandina e la dicitura in cui si affermava che la protagonista undicenne, divisa tra la cultura fortemente religiosa e tradizionalista della propria famiglia d’origine e quella francese più liberale e permissivista, cercava di trovare la propria identità. A dare manforte a questo tentativo di porre rimedio all’emorragia di abbonati, vi fu anche il commento della regista franco-senegalese che affermava di “voler mostrare i pericoli derivanti dall’incoraggiare le ragazze ad essere più sessualizzate”, seguita dal consiglio di guardare il film e comprendere la bontà delle intenzioni.
Una testa d’ariete per sdoganare la pedofilia.
Di ben altro parere sono stati gli utenti di Rotten Tomatoes che hanno bocciato il film giudicandolo inguardabile benché abbia ricevuto premi e critiche positive in alcuni festival cinematografici. E dello stesso avviso deve essere stato il procuratore della Contea di Tyler, Lucas Babin, che avendo un passato da modello e attore ha potuto giudicare “Cuties” per ciò che realmente è: pornografia infantile. Da qui la richiesta al grand jury che alla fine ha emesso una accusa in cui si afferma che Netflix ha prodotto e diffuso consapevolmente un’opera in cui si promuove del materiale visivo osceno riguardante dei bambini.
Babin ha affermato di avere visto il film, che l’accusa presentata al grand jury non è stata presa a cuor leggero ma basandosi sul codice penale del Texas, che la sicurezza della comunità locale andava difesa e che le leggi devono essere applicate anche se qualcuno si ostinava a definire il film una storia di ragazze che subiscono una forte pressione da parte dei social media. A gettare un ulteriore sguardo al problema ci ha pensato il Parents Television Council che, tramite Melissa Henson, ha affermato che il film “normalizza la sessualizzazione delle bambine” desensibilizzando così milioni di utenti che chiedono solo di essere intrattenuti da spettacoli “sani”. Il PTC ha inoltre avanzato un’ulteriore accusa a Netflix lo sfruttamento degli attori bambini che vengono impiegati in atteggiamenti troppo disinvolti per la loro giovane età. Per ora le controparti hanno messo in chiaro la propria posizione, un processo verrà celebrato e si spera che la giustizia faccia il suo corso dimostrando che un semplice film in realtà si sta dimostrando essere una testa d’ariete che vuole liberare il passo allo sdoganamento della pedofilia. L’attenzione negli Stati Uniti è rimasta alta riguardo a questo film, anche se l’ingresso della politica nel dibattito sul problema può far pensare che il tutto si possa sgonfiare da un momento all’altro.