L’altroieri, a Montebello (RC), una donna 60enne, Concetta Liuzzo, viene uccisa dal marito di dieci anni più anziano e la cronaca si divide. Una parte dei media parla di omicidio o uxoricidio, mentre altri non hanno dubbi: è femminicidio. Alcuni articoli evidenziano il disturbo psicoemotivo – curato malissimo – nel quale è maturato il delitto.
Altri parlano espressamente di femminicidio a causa della gelosia, occultando il fatto che una gelosia immotivata nascesse dal disturbo paranoide depressivo.
Carmelo Minniti, l’assassino, era caduto in depressione da tempo e da cinque anni si “curava”, o almeno credeva di farlo, assumendo psicofarmaci senza che nessun medico li avesse prescritti, né un Centro d’Igiene Mentale, né uno psichiatra, né il medico di base. Emerge il quadro clinico, emotivo e comportamentale più pericoloso: un grave disturbo trattato col metodo fai-da-te, senza alcuna supervisione medica. Non è un tentativo di giustificare il gesto criminale che tale rimane, ciò che resta da valutare è il movente, la molla che ha armato la mano assassina. La depressione è il male oscuro degli ultimi decenni, tanto subdolo quanto imprevedibile per gli esiti spesso tragici che comporta, come registra la cronaca degli ultimi 20 anni. Ma, curiosamente, costituisce un’attenuante ampiamente riconosciuta sia dai media che soprattutto nelle sedi giudiziarie quando una donna depressa uccide, mentre quando il depresso è un uomo non c’è la stessa indulgenza, né della stampa né della magistratura. Per non parlare della politica.
Ricondurre sempre tutto all’oppressione di genere.
Cinzia Nava, ad esempio, in qualità di Presidente della Commissione regionale per le Pari Opportunità della Calabria ha dichiarato “L’uccisione, ieri, a Montebello Jonico di una donna per mano del marito conferma ancora una volta come la violenza sulle donne resti una delle grandi emergenze sociali da fronteggiare e combattere sul fronte della repressione, e prima e soprattutto, sul versante culturale e dell’educazione all’affettività”. Cosa centra l’educazione all’affettività? Concetta non è stata uccisa a causa delle tare culturali o della anaffettività di Carmelo. Era disturbato, ciò non significa che il delitto sia meno grave di altri, ma non può essere ricondotto al fatto che odiasse le donne in generale e la moglie in particolare. Però per la politica tutta, dalle senatrici alle amministratrici locali, fa gioco ricondurre ogni episodio alla violenza sulle donne come oppressione di genere.
Poi la Presidente Nava ha tenuto a precisare che : “I problemi depressivi, di cui pare il marito soffrisse da tempo, non possono costituire motivo di giustificazione di un gesto spregevole, aggravato dall’efferatezza delle modalità con cui è stato consumato”. Posto che nessuno parla di “giustificazione”, bensì di “spiegazione del movente”, chissà cosa pensa la Presidente Nava delle donne che uccidono i figli a causa della depressione post partum? Sconti di pena, detenzioni in strutture sanitarie invece che in carcere, spesso anche impunità proprio a causa della depressione conclamata o di una temporanea incapacità di intendere e volere circoscritta all’epoca dei fatti. Non ricordiamo da parte di Cinzia Nava esclusioni draconiane della giustificazione “depressione” ogni volta che la depressa è un’assassina invece che un assassino. Proveremo ad intervistarla la prossima volta che perizie o depressioni verranno invocate per ragionare in termini favorevoli alla difesa di una donna assassina.