Mio padre è morto di Covid. Aveva 83 anni. Se dovessi descriverlo con un solo aggettivo, adopererei l’epiteto di “buono”. Mio padre era una persona buona. La parte migliore della sua vita sono stati i suoi piccoli, ignoti, dimenticati atti di gentilezza e di amore, la sua dedizione per i suoi cari, che raramente meritano una pagina in Wikipedia o l’erezione di una statua a sua memoria. Sono atti premiati alla sua dipartita dalle lacrime di mia madre, di noi figli e di quelli che l’hanno conosciuto e amato. Apparteneva a una generazione in via di estinzione, cresciuta sotto la croce, il lavoro infantile e la fame del dopoguerra (in Spagna, dopo la Guerra civile). Come molti dei suoi coetanei, possedeva una vasta cultura imparata a scuola con la preghiera e le punizioni corporali, memore di quei parlamentari in bianco e nero che dall’alto della tribuna sfoggiavano la propria eloquenza e ars oratoria, che ci lascia oggi attoniti, e rende gli attuali parlamentari piccoli, piccoli.
Non solo era capace di affrontare operazioni matematiche complesse, integrali, derivate e quanto altro, il suo ramo di studio d’ingegneria, senza l’uso della calcolatrice, come era stato abituato, ma aveva anche una conoscenza eclettica, su tutto, storia, letteratura, politica, arte, e se necessario sfoderava una massima in latino, che non capivo, lingua d’uso durante la sua infanzia quando entrava in chiesa. Aveva anche imparato francese e inglese, ma devo riconoscere che su questo fronte, per gli standard attuali, faceva una magra figura. Con l’arrivo della democrazia in Spagna, a casa si leggeva l’opposizione. Mio padre era del parere che la sincerità era più affine all’opposizione che al governo. Quindi, per sapere come stavano le cose, se al governo si trovava la sinistra, a casa entrava il giornale di destra e viceversa.
Un’ideologia velenosa che sputa sugli uomini.
Il suo lavoro, ingegnere industriale, lo portava non di rado all’estero, Venezuela, Egitto, Giappone, Indonesia, Canada. Raffinerie, complessi petrolchimici, centri di depurazione e riciclaggio, industrie di trasformazione di materie prime, che hanno permesso in queste regioni lo sviluppo industriale e la creazione di lavoro, il pane e il benessere per molte famiglie, sono stati eretti grazie anche al suo piccolo ma necessario e anonimo contributo. In questo modo mio padre ha partecipato alla costruzione del mondo, una partecipazione che non era disinteressata. Lui lo faceva per amore, per noi, per i suoi cari, per provvedere al nostro benessere immediato, e per restituire un mondo migliore ai figli, così come l’aveva visto fare a suo padre, e lui, mio nonno, a suo padre, e lui ancora al suo.
Una catena di generazioni che sembra infinita, di uomini e di donne che hanno costruito il mondo che oggi conosciamo, per amore, mediante contributi anonimi, piccoli tasselli che incastrati compongono il nostro benessere, la nostra conoscenza, la nostra essenza. Voi non lo sapete, ma una parte piccola del vostro benessere, della vostra conoscenza, la dovete al contributo anonimo di mio padre, così come io lo devo al contributo anonimo del vostro. La mia riconoscenza va dunque a tutti loro, uomini e donne. Loro meritano la nostra gratitudine, e così è sempre stato, finché non è nata una velenosa ideologia che ha deciso di sputare sulla memoria della metà dell’umanità: sugli uomini.
Mi rifiuto, non ci sto. Questo non vuole essere solo un elogio funebre, è un discorso apologetico a favore di mio padre, e dei vostri padri, fratelli, mariti, cugini, nonni. A favore degli uomini buoni. Perché mio padre era una persona buona, e buono era il padre di mio padre, e il padre del padre di mio padre. Perché mio padre ha rischiato per noi quando doveva rischiare, e si è impegnato per noi dove si doveva impegnare. Come tutti, con i suoi difetti, non era un uomo perfetto, ma il suo lascito di amore e generosità gratuita ha cancellato nei nostri cuori qualsiasi imperfezione. Non ha però cancellato l’ingratitudine che, infetta ideologicamente, ha sputato ingiurie e mosso accuse con violenza, a partire dalla Conferenza di Pechino (1995) organizzata dall’ONU, contro tutto l’universo maschile.
Sarebbe bastato un semplice “grazie”, arrivò un “colpevoli!”. Come molti altri, mio padre fu punito, da innocente, privato negli ultimi anni della sua vita da poter frequentare regolarmente alcuni dei suoi nipoti, per la sola colpa di aver avuto un figlio maschio, il sottoscritto. Accuse assurde che, con sdegno, rimando al mittente. Mio padre non è “colpevole” di nulla, tranne di aver cercato il bene di tutti, anche di quegli ingrati e di quelle ingrate. Grazie a mio padre, e a milioni di uomini e donne come lui, oggi siamo quel che siamo e abbiamo quel che abbiamo, spiritualmente e materialmente. Onorate i vostri padri, come sempre è stato e come dovrebbe essere. Onorate la loro memoria. Per quanto mi riguarda, tu, padre, nel mio cuore, sei il mio eroe. Perché sei stato una persona buona. Grazie, papà. Grazie, Antonio. R.I.P.
La più profonda vicinanza e le più sentite condoglianze di tutti gli autori de “La Fionda” all’amico Santiago e a tutta la sua famiglia.