Ci arrivano via email diverse segnalazioni sul discorso tenuto dal Presidente Mattarella il 2 giugno per il 75° anniversario della Repubblica. Si tratta di un ampio spettro di critiche: blande, perplesse, indignate, feroci. Ne riportiamo solo qualcuna, altre non possono essere pubblicate perché vanno giù duro e sono offensive. «Ma chi gli ha scritto il discorso, Differenza Donna?», «nonno Sergio ha tinto di rosa la storia della Repubblica», «ha dimenticato la bufala di un femminicidio ogni due giorni, ricordateglielo», «non era il Presidente di tutti, donne e uomini?», «cosa non si fa per compiacere il femminismo», «Mattarella, uno di noi (f.to nucleo combattente NonUnaDiMeno)», «no dai, era la Boldrini mascherata da Mattarella». Devo ammettere di non aver ascoltato il discorso e di non conoscere nemmeno le reazioni dei media, degli analisti politici, degli opinionisti in tv, della piazza, tuttavia presumo che un discorso contestato da alcuni followers del nostro sito dovrebbe, viceversa, essere apprezzatissimo dal gregge gender oriented. Mi incuriosisco, lo cerco in rete e mi dispongo a sciropparmi 25 minuti abbondanti di monologo.
Un concentrato di retoriche ovvietà, lodi all’unità per scongiurare il rischio di spaccatura nord-sud, esortazioni alla rinascita, a ricostruire un futuro dopo la crisi economica e quella sanitaria, ringraziamenti ai membri della Costituente, ai volontari che si adoperano nelle catastrofi naturali e a chi era in prima linea nei giorni più critici della pandemia, per concludere con qualcosa di assolutamente imprevedibile e innovativo, che non ha detto mai nessuno prima: i giovani sono i protagonisti del futuro. Vabbè dai, ma il Presidente non ha colpe… cosa doveva dire per la festa della Repubblica? È difficile per i discorsi ufficiali non essere scontatissimi, prevedibili, ripetitivi, anche banali. Tuttavia le critiche ricevute in redazione non riguardano le banalità ma il taglio women friendly. In effetti il discorso del Presidente ha strizzato un occhio, anzi entrambi, alle donne. Precauzione comprensibile in un periodo inquinato dalle proteste martellanti per qualsiasi iniziativa non si genufletta al femminile. Il vittimismo dilaga: convegni boicottati se non ci sono abbastanza donne tra i relatori, la giornalista che rifiuta l’invito in tv perché è l’unica donna, la rivolta interna al partito che non ha saputo imporre donne nei ministeri, dichiarazioni zerbinate del neoboss che per la corsa ai sottosegretari alza le mani e dichiara giulivo «purchè siano donne».
Una scia di sangue non considerata.
Annusata l’aria attuale, sembra proprio che il discorso di Mattarella sia stato scritto per prevenire polemiche, proteste, indignazioni, accuse di sessismo. Meglio parlare bene anche delle donne, no, meglio parlare bene prevalentemente delle donne, no, ancora meglio parlare bene esclusivamente delle donne. Ecco quindi che nella storia della Repubblica sembra che qualsiasi aspetto positivo sia indissolubilmente legato ad una donna, da Lina Merlin paladina della libertà femminile alla riforma sanitaria di Tina Anselmi e poi citazioni per Nilde Iotti, Liliana Segre, persino Samantha Cristoforetti. Giorgio La Pira, Pietro Nenni, Alcide De Gasperi e Sandro Pertini – giusto per citare quattro personaggetti – sono spariti dai festeggiamenti ufficiali per i 75 anni della Repubblica, meglio citare Astrosamantha. Il tutto condito dall’uguaglianza ancora da raggiungere, dal cammino ancora incompiuto, dalla condizione femminile, dall’impegno delle donne per una effettiva affermazione del diritto all’uguaglianza, dalla condizione svantaggiata delle donne nel mondo del lavoro sia per numero che per il trattamento economico. Si si, ha trovato il modo di infilare nel discorso anche il gender pay gap.
Poteva lasciarsi scappare un accenno alla violenza? Certo che no, altrimenti vi sarebbe stato il rischio di insurrezione per le truppe del 1522, il più prolifico emergenzificio nazionale. Allora ecco che nel discorso c’é anche «cresce l’inaccettabile violenza contro di loro, le donne». Tuttavia il Presidente ha fatto lo scivolone più macroscopico al momento di parlare della sicurezza sul lavoro e degli infortuni mortali. Ignorando elegantemente un migliaio di uomini morti ogni anno nelle fabbriche, sulle strade, nei campi e nei cantieri, cita Luana D’Orazio per il suo sorriso. Si adegua al pensiero prevalente: l’interessamento mediatico e politico per la morte della povera Luana ha surclassato, con quel singolo episodio, la somma di tutte le decine di migliaia di episodi che negli ultimi 20 anni hanno registrato morti sul lavoro di genere maschile. Scontatissima Cassandra, profetizzo da anni che il problema della sicurezza sul lavoro sarebbe assurto agli onori della cronaca solo il giorno in cui la vittima sarebbe stata una donna, magari madre, meglio se giovane e con figli piccoli. Infatti… Previsione fin troppo facile per chi si occupa del fenomeno, visto che gli uomini muoiono come mosche sul posto di lavoro ma vengono sistematicamente snobbati dalla politica e quindi ignorati dai media. La scia di sangue non viene considerata un’emergenza sociale, non merita la costituzione di commissioni specifiche come invece accade per fenomeni numericamente molto, ma veramente molto meno rilevanti.
Un baratro di menefreghismo.
La perdita della preziosissima giovane vita di Luana D’Orazio ha fatto versare fiumi d’inchiostro per dire che aveva avuto una particina in un film, era solare, era giovane e bella, aveva tanta voglia di vivere, ha lasciato un vuoto incolmabile per la madre che soffre, lavorava per mantenere il figlio. Come se le vittime maschili dell’ecatombe di lavoratori riguardasse uomini che non hanno madri, moglie e sorelle che soffrono, come se non lasciassero vuoti incolmabili nelle famiglie, come se gli uomini non avessero “tanta voglia di vivere” , come se giocassero tutti lo stipendio al videopoker e non lavorassero anche loro per portare il pane a casa e mantenere i figli. Ma soprattutto i fiumi d’inchiostro versati per Luana hanno trovato un rivolo anche nel discorso di Mattarella. Nel momento in cui scrivo, per dire, sono morti 5 operai sulla strada, due in una cisterna e un altro schiacciato dal carico di un camion, 8 morti in poche ore. Succede ogni giorno, da anni, ma non è un problema nazionale, non se ne occupano i TG a reti unificate, non va il ministro Orlando a esprimere solidarietà alle famiglie… ed ovviamente questi morti non vengono ricordati nei discorsi ufficiali. Non è un segnale da poco: è lecito chiedersi se la smania febbrile di compiacere il femminismo abbia cancellato l’obiettività, se sia questo il baratro di menefreghismo per la sofferenza maschile nel quale è precipitata la Repubblica. Quella che qualche giorno fa Mattarella ha celebrato nel suo discorso.