Sotto a uno dei tanti post che pubblico ogni giorno sul mio profilo Facebook, mi appare questo commento:
Mi sento in obbligo di rispondere a Rita, anzitutto chiedendomi e chiedendole di quale scopo stia parlando, e perché lanci l’insinuazione di un obiettivo occulto senza però chiarire dovrebbe essere. A osservazioni come le sue abbiamo risposto mille volte, ma ecco la mille-e-uno. Da 32 anni questo è il mio lavoro: dirigo il centro studi CSA di Roma, fornisco casistica all’osservatorio statistico de La Fionda, sono nel comitato scientifico dell’associazione forense ANFI, collaboro saltuariamente a vario titolo con altre strutture come MIPP, Perseo, APROSIR, LUVV. Come puoi capire, Rita, non si tratta di un hobby coltivato a tempo perso; trovare informazioni, commentarle, archiviarle, catalogarle e farne elaborazioni statistiche è un lavoro quotidiano, lungo ed impegnativo. Molti usufruiscono di tali contenuti, abbiamo archivi tematici che non possiedono nemmeno i Ministeri competenti. Grazie a tali archivi abbiamo sviluppato un know-how che consente a me e alla struttura che dirigo di curare convegni, seminari di studio, master universitari e corsi di aggiornamento per vari saperi e varie discipline. Aggiungo che negli ultimi anni oltre 20 laureande (per altro tutte di genere femminile) si sono rivolte alla nostra struttura per una tesi sull’argomento “violenza a 360 gradi”. Questo perché i dati che abbiamo non sono reperibili altrove.
Si tratta di archivi tematici, quindi è ovvio che si focalizzino sull’analisi di un particolare aspetto del fenomeno “violenza”, senza doverlo per forza analizzare nella sua completezza. Niente di strano, funziona sempre così per qualsiasi campo di ricerca. Chi studia l’estinzione delle balene non può essere criticato poiché non dice che si stanno estinguendo anche i panda; è vero che anche i panda sono a rischio, ma non è interesse dei biologi marini studiare animali che non vivono negli oceani. Lo fanno altri. Chi studia le cure per l’AIDS non può essere criticato poiché non dice che si muore anche di cancro; è vero che anche i tumori sono causa di morte, ma non è interesse dei virologi studiare patologie non trasmissibili per contagio. Lo fanno altri. “Lo fanno altri” vale anche per il fenomeno violenza, vi sono centinaia di fonti che si occupano esclusivamente di violenza subita dalle donne trattandola a livello giornalistico, accademico, televisivo, istituzionale. Non ti sarà anzi sfuggito, Rita, che intere trasmissioni TV trattano solo casi di vittime femminili, osservatori istituiti presso prestigiose testate nazionali come Repubblica e Sole24Ore catalogano solo vittime femminili, che sono l’oggetto anche di decine di siti e blog. È stata persino istituita una commissione parlamentare che si occupa esclusivamente di violenze subite dalle donne.
Le contromisure “di genere”.
A nessuna di queste fonti viene mai contestato il fatto di occuparsi solo di donne vittime di violenza maschile, ignorando la violenza femminile esercitata su compagni ed ex compagni perseguitati, umiliati, maltrattati, ricattati, feriti, sfregiati, persino uccisi. Tali fonti hanno scelto il particolare aspetto di un fenomeno e lo approfondiscono, senza per questo essere accusate di ignorare altri aspetti dello stesso fenomeno. Sembra invece che studiare la violenza agita dalle donne dia fastidio, chi osa farlo viene continuamente criticato sotto varie forme che spaziano tra “vergognatevi, c’è una donna uccisa ogni giorno e voi parlate di vittime maschili” e “se lo ha accoltellato avrà avuto i suoi motivi”, “ha fatto bene, se lo sarà meritato”, “uno di meno”, “state negando la violenza subita dalle donne”, “state legittimando la violenza maschile”, “perché non elencate anche gli uomini violenti”, “state fomentando odio contro le donne”, “basta con questa informazione spazzatura” e amenità simili. In fondo il tuo “dove volete arrivare?” non è tra le critiche più feroci, ma insinua un obiettivo nascosto che a te non piace.
Non dici quale sarebbe tale obiettivo, comunque non ti piace a prescindere. Chiariamo per l’ennesima volta: l’obiettivo è dimostrare con dati incontestabili (nomi, date, fatti, fonti verificabili) che la violenza è un fenomeno ampio e complesso, prescinde dal genere di autori e vittime ma viene trattato come se fosse unidirezionale. Chi osa dire e dimostrare che c’è anche altro, viene attaccato. La violenza non è “di genere”, le uniche ad essere realmente “di genere” sono le contromisure istituzionali. Attribuire alla violenza una dignità di tutela basata sul genere significa compiere una discriminazione sessista molto più prossima all’accanimento ideologico che alla piena consapevolezza della realtà che ci circonda. Se tali obiettivi non ti piacciono, ce ne faremo una ragione e soffriremo in silenzio. Comunque se preferisci consultare elenchi di uomini violenti e padri orchi hai solo l’imbarazzo della scelta, le fonti a disposizione sono parecchie e tutte politically correct. Però non ti azzardare a criticarle perché non trattano anche le violenze femminili, non sarebbe politically correct.