La Fionda

Magistratura da incubo: una storia vera a puntate (78)

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Per noi sembra essere periodo d’incontri pertinenti ai temi del nostro narrare. Ieri ci siamo casualmente imbattuti in una impiegata del tribunale di XXXX. Parlando della nuova organizzazione della propria vita, ci ha detto che si è posta in quiescenza rimettendoci anche molti soldi nel fare tale scelta. Ci ha confidato: “Non ce la facevo più ad accettare svariati comportamenti. Per tollerarli, specialmente in certi ambiti, ci vuole il pelo sullo stomaco e a me questo manca. Se oggi, fuori da quelle aule di tribunale, raccontassi quello che ho visto con i miei occhi ed ascoltato con le mie orecchie sono sicura che non sarei creduta. Chi sta fuori non immagina neanche lontanamente quello che può accadere lì dentro, nella sciupata macchina della giustizia”. Nel parteciparci le sue riflessioni avvertivamo un certo suo malessere e così, per toglierla d’impaccio, abbiamo preferito dribblare portando la conversazione su argomenti meno problematici. Ci siamo congedati quando, nostro malgrado, il discorso è finito sul grande proliferare di cialtroni in cerca d’autore e per cadere sulla campagna elettorale estiva, che le forze politiche debbono affrontare in vista del voto fissato il 25 settembre. Non ce la siamo sentita di scivolare dalla padella della malagiustizia alla brace della malapolitica e, salutandola, l’abbiamo lasciata ai suoi amari pensieri. Essendo persona dotata di marcata sensibilità avrà difficoltà a prendere partito nell’immediato futuro. Tolte rare eccezioni, il panorama dei figuranti in lizza per un seggio parlamentare vede gruppi simili e complementari, in raffazzonata gara tra loro per tentare di contraddistinguersi gli uni dagli altri, quando in realtà rappresentano, perlopiù, la stessa faccia della politica attuata in conformità di interessi e orientamenti liberoscambisti, antipopolari, spessissimo imposti da centri di potere sovranazionali.

Un esempio di ben definite scelte è rappresentato dal tentativo di dibattito sulla soppressione del reddito di cittadinanza. Prendendo a pretesto alcuni abusi, realizzatisi saltuariamente, l’istituto giuridico ha subito e continua a subire un’infame denigrazione per mezzo della stampa e della tv. Ci appare remota la possibilità di aggregare, fornire coscienza e trasformare in formazione politica la variegata schiera di soggetti diversamente deboli, resi tali dal finanzcapitalismo. Da molto tempo lo Stato, con i suoi legittimi poteri, ha lasciato spazio ad altro. Ormai esiste e si palesa solo il Potere senza aggettivi o per meglio dire esistono alcune ghenghe che, in un avvicendarsi di contrapposizioni e coalizioni strategiche, si disputano la supremazia, ora qua, ora là. Le “confessioni” di Luca Palamara sul “sistema” sono illuminanti. E’ desiderabile ma sembra improbabile un’inversione di tendenza. Il teatrino preelettorale vede chi si riempie la bocca con i dettami della Costituzione (peraltro, da anni, calpestata ogni giorno), chi si arroga il diritto di parlare in nome dei cittadini (quali?), chi vede nel presidenzialismo la soluzione di tutti i mali, chi si scalda a motivo della “fiamma” che qualcuno desidera riproporre sul simbolo di un partito, chi vuole abolire la progressività fiscale. Tutto questo vuoto sproloquiare si verifica in presenza di un contesto giurisdizionale che, da molti anni, non appare al meglio delle sue performances. Recentemente, con toni inusitati e motivazioni molto convincenti, nel processo “Eni-Nigeria” c’è stata, da parte della procura generale della corte d’appello di Milano, la rinuncia all’impugnazione della sentenza di assoluzione. Sul fronte del diritto civile persiste l’internamento del prof. Carlo Gilardi, definito da molti, in compagnia di tanti altri casi somiglianti, un grande sconcio nazionale.

giudice

Ci sono sommi manigoldi e abili parolai, mandanti e mandatari operanti al riparo della stessa malvagia e inattaccabile cupola che, nascondendosi dietro un dito, hanno costretto il “garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà”, Mauro Palma, a perdere la faccia davanti a milioni di Italiani. C’è il triste ricovero in RSA (si dice cosa irreversibile) del grande attore Lando Buzzanca. C’è il processo in corso al prof. Pierluigi Monello. In carcere si è raggiunto il record dei suicidi (quarantanove dall’inizio dell’anno) e, rimanendo in argomento, qualche giorno fa, un giudice di sorveglianza, lasciando trapelare un’inaccettabile discriminazione tra sessi, ha affermato: “Gli istituti penitenziari sono strutturati per gli uomini, per contenerne la violenza, ma le detenute hanno bisogno di altro. Il carcere non è per le donne”. E’ sconcertante leggere come una toga sia convinta del fatto che la violenza è una specificità esclusivamente maschile e che la sofferenza sia una dimensione che non tocca l’emotività degli uomini. Abbiamo visto magistrati, da tempo addestrati a farlo, mentire sapendo di mentire, condannare degli innocenti e rinviare a giudizio gente per bene (fatti utili per dissuadere ed “educare” chi ostacola i piani di certe toghe?). Abbiamo visto trasformare l’invocata tutela giudiziale in esercizi di soperchieria contro le persone più fragili: (http://www.superando.it/2022/02/18/amministrazione-di-sostegno-quando-la-tutela-diventa-ragnatela/). Non si ferma lo stillicidio degli A.d.S. esterni alla famiglia, nominati dai tribunali, che approfittano dei “beneficiati”: (https://roma.repubblica.it/cronaca/2022/07/15/news/amministratori_sostegno_condannati_truffa_anziani-357910437). Abbiamo saputo della spoliazione e poi della morte della madre del nostro reclamante (donna per la quale il figlio aveva chiesto una C.T.U., ma ritenuta capace di autodeterminarsi dal giudice tutelare A.P.). Tornando alla vicenda che stiamo raccontando, aggiorniamo il lettore, prima sullo scambio di corrispondenza avvenuto, dopo la morte dell’anziana madre, tra il nostro amico ed uno dei suoi avvocati, poi su due documenti depositati in corte d’appello il 4 giugno 2022. Il veloce scambio via mail caratterizza in modo esemplare lo stato d’animo in cui si trovano le due persone che si scrivono, due giorni fa, e che dal 2020 sono costretti a rapportarsi, non già con dei noti mascalzoni di consolidata esperienza, ma con un tribunale della Repubblica.

Reclamante: “Ciao XXXX, spero che i documenti lasciati nella cassetta della posta ti siano recapitati senza problemi. Colgo l’occasione per parteciparti (ma per te non sarà di certo una sorpresa) che ho trovato la cassaforte di mia madre totalmente vuota. Forza dell’impunità garantita a chi esercita o si avvale di certi poteri – del tutto privi di controllo – per rubare. A presto, XXXX”. Avvocato: “Fai una denuncia oppure scriviamo all’AdS di tua madre ovvero ai Servizi Sociali. Tua sorella è in grado di dirti qualcosa?”. Reclamante: “Mia sorella non parla. Neanche mi ha detto se sa che fine hanno fatto. dei buoni postali “attivi”. Questo lo saprò se gli uffici relativi risponderanno alla mia richiesta di “ricognizione postale”. Senza farmaci antipsicotici probabilmente mia sorella finirà per peggiorare sempre di più. Direi che la faccenda cassaforte, con relativa segnalazione, va riflettuta … Non scordare che I GIUDICI COINVOLTI NELL’INTERA STORIA NON HANNO CREDUTO ALLA MIA DENUNCIA DEL 16 GIUGNO 20220 MANDANDOMI SOTTO PROCESSO PER SIMULAZIONE DI REATO.” Avvocato: “Si, sicuramente hai ragione. Può darsi che denunciamo questa cosa e ti incriminano per furto dicendo che nottetempo sei entrato a casa e hai aperto tu la cassaforte. Ci riflettiamo insieme.” Ricordiamo al lettore che tra le tante parole in libertà (senza un pur solo riscontro oggettivo) usate dal procuratore della Repubblica A.V. (da poco in pensione) per chiedere l’amministrazione di sostegno extra-familiare della sorella del reclamante appariva anche questa frase: “ … letta la nota della Dott.ssa xxxxxxxxxx dalla quale è emerso come lo stesso abbia omesso di prelevare in loro vece il denaro necessario per il soddisfacimento delle basilari esigenze di vita costringendole ad una situazione di disagio e bisogno …” (vedi puntata n. 20). A smentita di quanto scritto dal magistrato, nel fascicolo depositato in corte d’appello, tra l’altro, ci sono due quietanze firmate dalla donna per la quale è stato nominato un avvocato come A.d.S.. Le ricevute asseverano quanto segue: “il 9/1/2020 ricevo da mio fratello XXXX cinquemila euro”; “il 2/3/2020 ricevo da mio fratello XXXX settemila euro”.



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