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Avremmo voluto riprendere a raccontare su http://culex.ilcannocchiale.it/, ma la piattaforma “Il Cannocchiale”, dal 15 aprile 2022, non lo consente più. Per mancanza di comunicazioni in merito non ne conosciamo il motivo. Ad ogni tentativo di accedere ci appare questo messaggio: “Si è verificato un errore durante l’elaborazione della pagina, si prega di riprovare più tardi”. Forse la cosa dipende dal recente accordo U.E. “contro i contenuti illeciti e la disinformazione online”. La “legge sui servizi digitali” attribuisce ai siti la responsabilità per i contenuti che pubblicano. Secondo i suoi sostenitori il testo della norma “consacra il principio che ciò che è illegale offline deve essere illegale anche online. Mira a proteggere lo spazio digitale dalla diffusione di contenuti illegali e a garantire la tutela dei diritti fondamentali degli utenti”. Nel ripensare all’intera narrazione mediatica, che arriva a punte parossistiche di contraffazione ci viene in mente la vecchia locuzione parcere subiectis et debellare superbos. Chi si discosta dal pensiero unico è ritenuto un reprobo che deve fare i conti ogni giorno con intolleranti censori.
Sono questi che ormai stabiliscono, di volta in volta, i confini delle nostre libertà. Lo schema di potere nel mondo occidentale è stato ridisegnato. Il giornalismo non è più uno strumento utile contro gli abusi delle istituzioni, ma da molto tempo è diventato uno dei sostegni più importanti del totalitarismo liberale. Quello che alcuni si ostinano ancora a chiamare “democrazia”. Dopo che la Westminster Magistrates’ Court di Londra ha emesso, mercoledì 20 aprile 2022, l’ordine formale di estradizione negli Usa di Julian Assange il suo destino è nelle mani del ministro degli Interni britannico. Il fondatore di Wikileaks, dall’11 aprile 2019 incarcerato nel Regno Unito presso la Prigione Belmarsh, in America rischia una condanna a 175 anni di carcere, per avere contribuito a diffondere documenti riservati su crimini di guerra, commessi dalle forze militari statunitensi in Iraq e Afghanistan.
Prima di proseguire con le nostre digressioni riprendiamo la trama della nostra storia. Un giorno potrebbe essere utile a qualche nostro lettore in vena di scrivere un romanzo noir. Il reclamante ha sollevato dall’incarico l’avvocato che ha “riscritto” il reclamo da lui inoltrato al tribunale competente l’8 febbraio 2022. Il nostro amico sapeva fin dal primo momento quale era il destino della richiesta per “regolare” le attribuzioni dell’amministratore di sostegno nominato per la sorella e quelle del suo procuratore generale. Alcune “approssimazioni” nel prologo del documento e delle carenze espositive nella memoria (limite che potrebbe rilevare qualunque attento lettore) hanno però facilitato la sua “bocciatura” senza fare entrare nel merito del problema l’organo giudicante. Quando si viene costretti ad andare in tribunale c’è anche questa variabile con cui misurarsi: l’affidabilità del patrocinante (obbligatorio in quasi tutte le cause). Per rimanere in tema di avvocati ecco l’ultima. Qualche giorno fa sono state chiuse le indagini per corruzione sull’ex sostituto procuratore di Salerno che, tra l’altro, agevolava nel lavoro la sua compagna. Nel capo d’imputazione che lo riguarda si legge: “Abusando della sua funzione e in cambio della promessa del conferimento di incarichi di consulenza professionale all’avvocato a cui era sentimentalmente legato, il magistrato Roberto Penna avrebbe promesso e in alcuni casi anche fornito, agli imprenditori arrestati, aderenti a un consorzio, notizie coperte da segreto investigativo su indagini potenzialmente pregiudizievoli per le loro attività lavorative“.
Tornando alla nostra vicenda e segnatamente alla signora G.C. (di professione avvocato) incontrata casualmente a casa della propria madre il 12 giugno 2020, senza averla mai vista prima e senza aver mai verificato le sue credenziali, il reclamante nutrì dei sospetti anche nei suoi confrontti e, il 16 giugno 2020, fece una denuncia per sospetto furto e circonvenzione (contro ignoti). Trovando, in particolari occasioni, uno sconosciuto in casa della propria anziana madre, che da mesi si lamenta per la sparizione di varie cose, chi non verrebbe preso dai dubbi? La tizia che in quel frangente si accreditò come avvocato non fece nulla per tranquillizzare il denunciante, che nell’esposto di qualche giorno dopo si limitò ad esporre i fatti nudi e crudi, senza aggiungere giudizi o altro. L’uomo aveva avuto la sensazione che la persona incontrata avesse l’abito mentale di chi agisce con la logica del “piatto ricco mi ci ficco”, ma se lo tenne per se. Per tale denuncia l’avvocato (con la coda di paglia?) promise all’anziana madre del nostro amico che “gliela avrebbe fatta pagare cara”. Magari la vecchia disabile ricorda male però, a tutt’oggi, quell’avvocato (più volte motivatamente diffidato per iscritto dall’istante) sembra aver mantenuto e poter continuare a mantenere quella promessa. Nell’udienza del 10 maggio 2021, dedicata all’amministrazione di sostegno della sorella dell’istante, quando l’avvocato dello stesso fece rilevare al giudice tutelare che il collega G.C. aveva depositato una procura “impropria” (quella sottoscritta dalla beneficianda per una procedura riguardante una persona morta due anni prima) il G.T. A.P. (avvocato prestato al ruolo di giudice) tagliò corto dicendo: ”Lei avvocato pensa veramente che una delega sbagliata possa evitare di pronunciarmi?”. Prerogative della funzione! Oggi le parole in libertà di qualunque magistrato, fosse anche il peggiore, hanno il potere d’ignorare ogni pur incontrovertibile fatto che accerti la verità e che scagioni il presunto reo. Con il passare del tempo, l’istante/reclamante, fattosi tale per tutelare (senza riuscirvi) gli interessi delle proprie congiunte, è stato tramutato dalla procura della Repubblica in imputato.
Cose simili nei procedimenti di nomina degli amministratori di sostegno accadono sovente. Al prof. Carlo Gilardi è andata peggio: per difendersi dai profittatori che gli ronzavano intorno è finito spogliato di tutti i suoi beni e segregato in un gerontocomio. Abbiamo il rimpianto dei bei tempi in cui operavano soltanto, manco troppo disturbate, le mafie autoctone. Erano radicate sul territorio e chi non intendeva piegarsi a quella cultura se ne andava. Si trasferiva in un altro paese, al Centro o al Nord, dove poteva iniziare una nuova vita. Oggi come si può fuggire dall’imperversare di un altro genere (una volta neppure immaginabile) di mafie? Quelle del passato spesso godevano dell’adesione di parte dei conterranei. Queste attuali non hanno il consenso dei popoli e, grazie alle nuove architetture di governance, neanche ne hanno più bisogno. Tina Anselmi, anche se poi pagò pegno addirittura al suo stesso partito, ebbe modo di indagare sulla loggia massonica Propaganda 2 (definita dallo stesso Licio Gelli, in una lettera scritta al presidente Francesco Cossiga, “riservata” e non “segreta”). Dagli elenchi di Castiglion Fibocchi (comunque non esaustivi) risultarono iscritti alla P2 diciotto magistrati. L’Anselmi operò con grande onestà ma aveva la consapevolezza di non poter vincere contro le bugie, gli stratagemmi, i compromessi di un potere occulto e perverso che si era insinuato ovunque e riusciva spesso a corrompere quello che c’era ancora di sano in Italia. Attualmente, epoca della fantomatica loggia Ungheria, abbiamo visto che è stato assorbito finanche il percolato scaturito dagli orribili racconti di Luca Palamara. Nel corso del referendum consultivo, indetto a norma dell’art. 55 dello Statuto dell’A.N.M., sul metodo del sorteggio per il C.S.M., su 7.872 elettori, hanno espresso la loro preferenza 4.275 magistrati, con un’affluenza pari al 54,31%. Per il “No” al sorteggio sono stati espressi 2.475 voti, mentre per il “Si” le preferenze sono state 1.787.
Dunque un numero rilevante di toghe si è dichiarato sfavorevole alle nomine per il C.S.M. con il rodato “metodo Palamara”. Il decoro della giurisdizione però non sembra essere a tutt’oggi un tema degno di rilievo per molti magistrati. Mantenere la dignità, la misura del proprio agire e curare le doti professionali che sono dovute al ruolo sembrano essere diventate cose obsolete. Accadimenti come, ad esempio, quelli recentissimi del tribunale di Catania, dove al centro dell’intrigo c’è la sezione esecuzioni immobiliari, hanno una sgradevole periodicità. Le vicende connesse hanno varcato i confini dell’isola, rimbalzando fino a Roma, al C.S.M. Più si tirano i fili, più l’intrigo si fa complesso, ripresentando il livore ed i conflitti che stanno attraversando tutta la magistratura. Non è più un segreto, l’organo di governo delle toghe è preda di correnti politiche e cordate d’interesse che osteggiano la corretta realizzazione dei compiti istituzionali per i quali è stato istituito con legge n.195/1958. A coloro che si sono nascosti dietro l’incostituzionalità del metodo “formazione dell’organo per sorteggio” andrebbe ricordato quante volte, nell’ultimo trentennio, è stata violata la Costituzione ed è stato fatto strame dei basilari principi di civiltà giuridica. Ci limitiamo solo a sottolineare lo scempio che è stato fatto dell’art.11. Siamo persuasi che solamente il sorteggio tra magistrati “candidabili” a fine carriera potrebbe porre fine agli sconci. La cacciata di Luca Palamara non ha restituito alcuna verginità al Csm. Come ha recentemente ribadito lapidariamente lo stesso suo ex consigliere: “Questa riforma è finta, peggio di quando c’ero io”. L’eversione in toga deve allarmare più di quella militare. Quest’ultima quando si è realizzata o si realizza non ha giustificato e non giustifica l’arbitrio e la violenza facendo credere alle persone che i propri interessi corrispondano a quelli del Paese. L’eversione in toga invece si autoprotegge proponendosi come simulacro del bene comune e come baluardo posto a difesa dell’interesse collettivo. La Marianne personifica la Repubblica francese e simboleggia la permanenza dei suoi valori. La rappresentazione della Repubblica italiana è caratterizzata da tre elementi: la stella, la ruota dentata, i rami di ulivo e di quercia. L’amministrazione della giustizia che si presenta pure con delle tragedie come questa o questa; ci fa sembrare più confacente alla nostra realtà nazionale sostituire detto emblema con un dipinto della divinità dell’inganno, Apate, uno degli spiriti contenuti nel vaso di Pandora.