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Ieri il nostro reclamante, su richiesta della sorella, si è recato a casa delle due congiunte per soddisfare alcune loro richieste. La più vecchia ha chiesto ed ottenuto dieci litri di acqua termale per fare qualche pediluvio. La più giovane ha chiesto del denaro contante e l’acquisto di un telefonino. Il suo apparecchio si era rotto da qualche tempo e la donna non aveva più avvertito la necessità di possederne un altro. Sarà un segnale del suo riprovare interesse per quanto le accade intorno? Di certo si sono verificati due episodi singolari. Da quando il protagonista della nostra storia ha rilevato intorno alle due disabili la presenza di farabutti, regolarmente impuniti e non perseguibili, per ogni consegna di denaro, ha chiesto alla sorella di firmargli una quietanza. Questa volta lei, prima di firmare la ricevuta, ha scritto di suo pugno la seguente frase: ”parte della mia pensione”. E’ stato come se avvertisse l’avvicinarsi della perdita della sua autonomia economica ed inconsciamente volesse manifestare che i soldi ricevuti per le sue esigenze non sono frutto di liberalità altrui, ma sono semplicemente ed esclusivamente suoi.
L’altro episodio riguarda l’udienza del 31 gennaio 2022, durante la quale un avvocato di fiducia del G.T. dovrebbe giurare per diventare suo amministratore di sostegno. A questo proposito ha manifestato l’idea di non presenziare in tribunale dicendo: “Non vado a farmi prendere in giro dal giudice tutelare”. La donna lungimirante, per mettersi al riparo dalle canaglie, il 7 marzo 2013 aveva sottoscritto una procura generale al reclamante, ma almeno per adesso questo non è bastato. Ricordiamo al lettore che la sorella del nostro amico aveva chiesto al magistrato di lasciarle il fratello come amministratore (vedi 66 puntata; verbale udienza del 10/5/2021). Sciaguratamente il disprezzo nei confronti dei desideri dei beneficiandi di A.d.S, è parte integrante di una certa qualità di giurisdizione. (https://www.iene.mediaset.it/2021/news/presidenza-repubblica-carlo-gilardi_1037513.shtml); (https://www.adnkronos.com/le-iene-al-csm-sul-caso-gilardi-non-siamo-responsabili-della-scia-dodio_3Rngi8cE9IZ8NclnpmUrxr). In Nord America, dopo la Guerra Civile, i “bounty hunters” divennero molto diffusi sia tra chi rappresentava la legge che tra chi la violava. Il cacciatore di taglie non era un uomo di legge legato da un giuramento, ma semplicemente una persona svelta di mano e con le giuste armi, sempre sulle tracce del “ricercato” di turno, chiunque fosse. Una necessità dell’epoca? Una perversione di quel sistema di giustizia?
Dal 1873, in ragione di una sentenza della Corte Suprema degli USA, il lavoro dei cacciatori di taglie, per cui gli uomini ai quali davano la caccia erano nulla di più che sacchetti di dollari con due gambe, divenne regolare in tutto il West. Tranne che in quattro stati (Oregon, Wisconsin, Kentucky e Illinois) lo è ancora oggi. A partire dal 2000 l’utilizzo di tali figure ha avuto una grande diffusione, soprattutto in tema di contrasto all’evasione fiscale, dietro pagamento di una ricompensa che varia dal 15% al 30% per le somme concretamente recuperate dal fisco, grazie alla denuncia dei vari casi all’Internal Revenue Service (agenzia governativa che si occupa della riscossione delle imposte). Questa valutazione economica dell’essere umano, tipicamente statunitense, fa inorridire, eppure in Italia siamo stati capaci di fare peggio con il fenomeno della caccia agli anziani, messo a punto da alcuni giudici tutelari ed avvocati loro amici.
I magistrati corrotti sono il sintomo di una nazione infetta che, da alcuni anni deve fare i conti pure con l’indecente apparizione della “professione dell’amministratore di sostegno” e le relative appendici: aumento del numero di “assistiti” per ogni singolo A.d.S. a tutto svantaggio della fruttuosità della funzione e della gratuità della stessa; deriva affaristica con annessa caccia spasmodica ai potenziali “clienti”, ostacolo all’esercizio dei diritti fondamentali dei “beneficiati”, abusi di diversa natura per soddisfare gli appetiti degli avvocati incaricati, atti secretati affinché i magistrati e gli amministratori (unici soggetti veramente tutelati) non vengano disturbati nei loro disegni, criminalizzazione dei familiari, oneri e disastri finanziari a pioggia. In buona sostanza, una volta che è stata “eliminata” la famiglia non “collaborante”, con un certo genere di giudici tutelari, l’amministrazione di sostegno si esprime sotto forma di mera costrizione della persona “beneficiata”, disponibilità del suo patrimonio, senza possibilità di replica e/o difesa.
Attraverso protocolli consolidati e con maglie normative disgraziatamente ampie, l’istituto dell’amministrazione di sostegno può dare origine a veri e propri arbìtri. La legge 6/2004 ha finito per assumere i connotati di un’ulteriore menomazione, un ostacolo personale ed un’inaudita violenza psicologica nei confronti dei soggetti più fragili e/o delle loro famiglie, ma non è per questa finalità che è stata istituita. Viene dato per scontato che gli avvocati siano professionisti inappuntabili tanto che difficilmente vengono indagati per qualche reato connesso alle pratiche di A.d.S.. Non è così per gli amici ed i familiari dei “beneficiati” che vengono affidati da solerti giudici ai “professionisti del ramo”. Queste persone subiscono denunce, vengono indagate e, a volte, condannate per le più disparate ragioni: maltrattamenti, violenza sessuale, circonvenzione d’incapace, simulazione di reato. Viene usato qualunque mezzo pur di toglierle di mezzo. Mentre i media ci informano (a quanti Italiani interessa ancora la vuota liturgia?) che il Parlamento sta operando per scegliere il nuovo presidente della Repubblica (anche capo del Consiglio Superiore della Magistratura; Francesco Cossiga lo fu, contrastando anche le sue velleità istituzionalmente destabilizzanti) noi continuiamo a seguire l’abominevole storia del prof. Carlo Gilardi.
Qui (https://www.youtube.com/watch?v=HrsE1FxLzyo) parla la ex legale dell’anziano professore, alla quale è stato revocato il mandato con modalità molto discutibili. Intervengono anche il giornalista e scrittore Luigi Furini e la conduttrice e giornalista Alda D’Eusanio. Tra le varie argomentazioni discusse, gli ospiti hanno tristemente convenuto che ormai le istituzioni stiano aspettando che Carlo muoia. Non causa terremoti ma, di tanto in tanto, la Corte Costituzionale sussulta. Lo ha fatto di recente per la corrispondenza “legale” dei reclusi assoggettati al regime dell’art. 41 bis dell’ordinamento penitenziario, per i Rems e per i condannati a vita. Carlo Gilardi, nello splendido e confortevole isolamento (applicato nel suo interesse, ça va sans dire) della RSA lecchese vive forse una condizione diversa da un reo condannato all’ergastolo ostativo?