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Più volte, per i tempi lunghi che caratterizzano l’attività giurisdizionale, abbiamo registrato la chiusura del fascicolo per la morte dell’attore o dell’indagato. L’attesa di nuovi eventi ci consente di dilungarsi ampliando la panoramica che incornicia la nostra storia. In altri tempi abbiamo conosciuto magistrati che onoravano la toga e davano lustro all’intera categoria. Ci ricordiamo di uno di loro (se indulgessimo ai forti condizionamenti culturali della nostra epoca dovremmo parlare di una magistrata). E’ andata in pensione qualche mese fa. Brillava per talento professionale, per lei non sussisteva la “giustizia lenta”. L’abbiamo conosciuta quando lavorava in un tribunale dei minori, luogo dove approfondì la sua “cognizione del dolore”. Il suo “palmares” era già apprezzabile. Come magistrato di sorveglianza aveva organizzato il primo convegno nazionale sulla detenzione in Italia. Faceva parte di quella schiera di toghe che rifuggivano l’omologazione del “così fan tutte” e non si lasciava tirare per la giacca del tailleur. Agiva sempre con grande prudenza tenendo ben presente il rischio insito nel suo “mestiere”: la paura di sentirsi ed agire come se fosse una figura onnipotente. Aveva autorevolezza, senso di responsabilità, intelligenza, scrupolo nella lettura degli atti, sensibilità umana, rispetto del tempo altrui e nessun pregiudizio. La sua figura ha illuminato i desolanti tragitti della giurisdizione.
La recente storia di ieri ci parla ancora di lei, delle sue apprezzabili attività dentro e fuori dei tribunali. La mitologia greca ci parla delle tre Horai, figlie di Temi. Pace (Eirene) è una dea legata alla stagione primaverile, che garantisce l’opulenza della Terra e del Popolo, il cibo in abbondanza e l’armonia. Pace, insieme alle due sorelle Eunomia (Buon governo) e Dike (Giustizia), è custode delle porte dell’Olimpo e amministra le ricchezze per l’umanità. Dike si fece esule dalla Terra all’avvento dell’età del Bronzo, fu poi identificata con la costellazione della Vergine. I Romani la chiamarono Iustitia e Augusto le dedicò un collegio sacerdotale. L’attualità ci parla di una Giustizia allo sfascio. Il suo disfarsi è iniziato una trentina d’anni fa, più o meno di pari passo con il progredire di “Tangentopoli”, con l’avanzare della globalizzazione, dell’Unione europea, del pensiero unico e del potere della magistratura. Quest’ultimo favorito dal sostegno dei mass media, dall’indottrinamento di massa, da una disponibilità senza pari di tre forze di pubblica sicurezza, delle polizie locali, della Guardia Costiera, dell’Agenzia Dogane e Monopoli, tutte in subordine alla giurisdizione. Viene da chiedersi se un tale dispiego di mezzi, in certi casi, possa favorire qualche delirio di onnipotenza. In fin dei conti se certi signori stanno ancora dove stanno è perché fanno parte di un apparato che li ha collocati lì e che, per tale motivo, non solo non li disturba ma, li spalleggia anche. Rimanendo agli ultimi avvenimenti, a proposito di Paolo Borsellino e del processo “trattativa Stato- Mafia”, sua figlia Fiammetta ha detto: “Quante risorse, quante attività, quante energie sono state spese per questo processo che inseguiva un’ipotesi molto improbabile, e che metteva alla sbarra persone che poi si sono rivelate innocenti. E invece bisognava usare quelle risorse e quelle energie per indagare davvero, e per scoprire chi fossero quelli che hanno permesso che mio padre morisse. Voglio dire: chi fossero quelli dei quali parlava e dei quali non si fidava mio padre”.
Un’altra significativa chicca di malagiustizia ce la fornisce l’assoluzione di un ambasciatore: “Sette anni di incubo, poi la sentenza che lo assolve con formula piena: il fatto non sussiste. Può lasciarsi andare ad un pianto liberatorio Michael Giffoni, ex ambasciatore italiano in Kosovo, assolto dopo quattro anni di processo e sette anni di accuse infamanti”. L’obbligatorietà dell’azione penale è un principio giuridico condivisibile ma, non essendo regolamentata ed in assenza di sanzioni adeguate, ci sono magistrati che ne hanno abusato e continuano ad abusarne. Tale azione non può essere esercitata con leggerezza, rovinando reputazioni, vite, famiglie e patrimoni. Da quando si è rotta la cosiddetta gerarchia interna degli uffici, ovverosia la dipendenza del PM dal Procuratore, c’è stato uno stillicidio di iniziative avventate e dannose. La totale libertà dei P.M., né chiara, né trasparente, è stata deplorevolmente impiegata. Nella situazione odierna permangono anche problemi rispetto al principio di legalità, dato che ogni procuratore della Repubblica può stabilire linee diverse dagli altri procuratori. L’azione priva di limiti di alcuni magistrati si nota in diverse occasioni.
C’è (A) la mancata applicazione della legge 54/2006, c’è (B) l’imposizione di estranei alla famiglia quali amministratori di sostegno (non in linea con lo spirito della legge n.6/2004), c’è (C) il ricorrente affidamento di minori fuori del nucleo familiare (ovvero il sistematico aggiramento della legge n° 184/1983, c’è (D) l’annoso fenomeno delle denunce false strumentali (in contrasto con il necessario snellimento dei carichi di lavoro nei tribunali), c’è (E) l’invalsa abitudine dei pubblici ministeri a non occuparsi delle prove a discarico dell’indagato (con ordinanza n. 96/1997 i giudici costituzionali hanno affermato che il compimento di indagini a favore della persona indagata servirebbe ad “evitare l’instaurazione di un processo superfluo”), ci (F) sono le attenuanti delle pene applicate in rapporto al sesso di appartenenza del condannato (in antitesi con il dettato costituzionale). C’è (G) la legge di Ordinamento Penitenziario n.354/1975, che disciplina con puntualità regole e diritti nella vita detentiva. Il magistrato di sorveglianza, dalla legge citata previsto, dispone sui permessi premio e sui permessi di necessità dei detenuti, sulle applicazioni provvisorie delle misure alternative. Significativo è il caso di un soggetto carcerato da 46 anni. Per il punto (A) fa giurisprudenza anche il Tribunale di Catania, sez. I, sentenza 20 maggio 2021, n. 2319 che segna un passo ulteriore verso la bigenitorialità effettiva e l’applicazione concreta della legge 54/2006. A fronte di questa esatta lettura del disposto normativo non si può sottacere che la Cassazione predilige il modello di affidamento dei figli ad un solo genitore. Una lunga serie di interventi volti alla conservazione del vecchio schema monogenitoriale trova coronamento nella sentenza n. 1191/2020. La predilezione della Corte per l’esistenza di un genitore “collocatario” è segnalata vistosamente anche dalla individuazione di una “residenza abituale”, infilata nel codice civile dal D.lgs n. 154/201 in assenza di espressa delega, comunemente intesa nella giurisprudenza di merito come l’abitazione del genitore prevalente, mentre dovrebbe rispondere solo alla necessità di individuare il giudice competente in caso di trasferimenti unilaterali dei figli. A riscontro dell’asse preferenziale intorno al quale si muove la Cassazione citiamo la sentenza n. 18087/2016, l’ordinanza n. 24937/2019 e l’ordinanza n. 13454/2021.
Per il punto (B) rimandiamo alla vicenda “Gilardi” (https://www.carlogilardi.com/it/), alla vicenda “Monello” (http://picciokkumalu.blogspot.com/2020/09/troppi-panni-cambiati-all-anziana-madre.htmle) e alla storia che stiamo narrando. Mentre il prof. Carlo Gilardi continua a rimanere isolato in una RSA, per la serie delle cerimonie alle quali non si può mancare, pochi giorni fa il premier Mario Draghi e monsignor Vincenzo Paglia si sono incontrati. La riunione a palazzo Chigi ha visto consegnare nelle mani del primo ministro la ”Carta dei diritti degli anziani e dei doveri della società”, redatta dalla Commissione istituita presso il Ministero della salute per la riforma dell’assistenza sanitaria e sociosanitaria diretta alla popolazione anziana (commissione guidata dall’arcivescovo citato). Per il punto (C) riportiamo questo resoconto: (https://www.lavocedeltrentino.it/2020/09/28/ultimo-saluto-dal-finestrino-una-nonna-un-nipotino-e-lennesima-storia-di-mala-giustizia-in-ambito-minorile/). Per il punto (D) riportiamo questa storia: (https://www.bresciatoday.it/cronaca/saverio-de-sario-risarcimento.html). Per il punto (E) citiamo questo link: (https://www.ilriformista.it/scandalo-eni-nigeria-il-pm-nascose-la-prova-che-scagionava-i-vertici-225665/) ed il rimando alla puntata 7 della nostra storia. Per il punto (F) richiamiamo questi due articoli: (https://www.lafionda.com/ce-attenuante-e-attenuante-e-ovviamente-dipende-dal-genere/); (https://www.lafionda.com/salvatrice-spataro-quando-lesasperazione-conta/). Per il punto (G) mandiamo a questo link: (https://www.ilriformista.it/sbattete-quel-vecchio-fascista-in-cella-il-pd-grillizzato-vuole-il-carcere-per-tuti-243216/?refresh_ce). Abbiamo preso atto delle parole pronunciate recentemente dal procuratore di Perugia Raffaele Cantone: “Il magistrato che si fa corrompere dovrebbe essere giudicato per tradimento, perché il danno per l’istituzione giudiziaria è inestimabile”.
Leggendo le statistiche sulle cause di responsabilità relativa ai magistrati dal 2010 al 2021, Perugia è tra i distretti nei quali si iscrivono più cause con 136 richieste in 11 anni. In questo lasso di tempo sono state emesse solo 6 sentenze, di cui nessuna di condanna. Nessuna responsabilità mai riconosciuta, in ben 11 anni, in quel distretto. Dopo il nostro excursus su varie realtà giurisdizionali ci limitiamo a riportare alcune impressioni. Ci sembra che determinati magistrati se ne infischino delle leggi ed altri mirino addirittura a correggere il dettato normativo. In altri termini riteniamo che chi amministra il potere giudiziario utilizzi le occasioni fornite dalle circostanze per modificare sostanzialmente quelle regole che non approva o che gli creano fastidi, dando anche origine ad un evidente conflitto tra poteri dello Stato. Ci sono magistrati che sarebbero felici di scrivere le leggi al posto del Parlamento. Dato che il Ministero della giustizia non ha in organico una compagine creata all’uopo, per adesso dovranno accontentarsi di trascrivere la legge delega sulla “riforma Cartabia”. I magistrati distaccati presso organi dell’esecutivo, magari giocando sulle sfumature linguistiche qualche regalino se lo potrebbero pure fare. Il nostro pensiero va a tutti gli internati ai quali i vari magistrati di sorveglianza (se scevri da preconcetti) potrebbero alleviare la pena. Il personaggio con il quale abbiamo cominciato le nostre riflessioni, quando fu magistrato di sorveglianza, concesse novecento permessi, con un record di ottocentonovantuno rientri. Altri tempi ed altre toghe.