La Fionda

Magistratura da incubo: una storia vera a puntate (36)

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Ieri il nostro amico ha ricevuto altre due comunicazioni da parte dell’Acea in merito all’irrisolta situazione amministrativa della madre “tutelata” dai servizi sociali con decreto del tribunale di xxxxxxxxxx. Sono richieste di presenze a domicilio. A nulla è servita la segnalazione in cui, di fatto “esautorato” dall’iter giudiziale per ottenere l’incarico di amministratore di sostegno della madre, il 16 dicembre 2020 scriveva all’incaricato aziendale suggerendogli di rivolgersi al giudice tutelare. Poniamo lo scritto in coda alla presente puntata. In assenza di altre notizie di rilievo sulla vicenda, ci soffermiamo a riflettere sulla Giustizia. La riforma del CSM dovrebbe mettere fine ai mandarinati, al dominio delle correnti, allo spirito corporativo, alle smanie di carriera, alle guerre intestine ed alla sterilità autopoietica dei magistrati. Senza invocare immediate riforme costituzionali dietro alle quali nascondersi, basterebbe già iniziare con qualche azione sostenuta dalla buona volontà per far riguadagnare alla giurisdizione un pur minimo credito. Di fatto la Giustizia è un settore dove le ultime attenzioni del legislatore sono sempre state quelle rivolte ai bisogni dei cittadini. Quando le dichiarazioni d’intenti debbono trasformarsi in leggi qui, oltre alle difficoltà eminentemente tecniche, si palesano numerosi conflitti d’interessi ormai consolidatisi negli anni. Ogni voce in campo ha la sua quota d’affari da difendere. Dice Giuseppe de Carolis di Prossedi (presidente di corte d’appello): “Ogni volta che si fa una riforma bisognerebbe mettersi nell’ottica di Renzo e Lucia e chiedersi se la riforma renderà più facile a Renzo e Lucia ottenere giustizia da don Rodrigo o lo renderà più difficile. Tutte le altre polemiche tra avvocati e magistrati mi lasciano piuttosto indifferente”. Non è questo però l’abito mentale con cui i contendenti in lizza per la “riforma Cartabia” si confrontano. Esistono sentimenti come l’odio e la vendetta che inficiano la giurisdizione (https://www.lafionda.com/lutilita-dellodio-nella-prospettiva-femminista/). Guardiamo ad alcuni vecchi protagonisti della lotta armata rifugiatisi in Francia perché protetti con l’asilo politico previsto dalla “dottrina François Mitterand” e recentemente “mollati” da Emmanuel Macron. (http://www.linterferenza.info/attpol/quegli-anni-piombo-non-si-vogliono-superare/). Basta ripensare agli eccessi giudiziari agiti nei confronti di un celebre personaggio incappato nelle maglie della giustizia, finito “sotto processo eterno” (https://notizie.tiscali.it/politica/articoli/corte-europea-perche-berlusconi-condannato/).

E’ sufficiente leggere anche la storia del prof. Carlo Gilardi per avvertire l’odore della rivalsa (https://lecconotizie.com/cronaca/lecco-cronaca/caso-gilardi-condannato-a-un-anno-e-8-mesi-lex-badante-brahim/). Non c’è branca della giurisdizione che sia esente dai condizionamenti provenienti da ragioni ideologiche, da sete di denaro e/o di potere. Ed è per tali ragioni che spesso quello che alcuni fanno uscire dalla finestra altri cercano di far rientrare dalla finestra (vedi l’ipotesi di “danno emotivo” e relativa legge “codice rosso” dei CAV). Nell’infinito pappagallegiare l’american style qualcuno vorrebbe rendere facoltativa l’azione penale lasciando ai PM la massima discrezionalità nello stabilire quale reato perseguire e quale no. Altri giustamente ritengono, a prescindere, per esempio, dagli ingolfamenti dei tribunali a causa dell’abuso di false denunce, che l’obbligatorietà dell’azione penale (anche se spesso invocata per colpire proditoriamente solo un determinato bersaglio) è comunque una garanzia di civiltà giuridica. L’ideologia colma la misura con il primo rapporto GREVIO (“Group of Experts on Action against Violence”, una lobby interna al Consiglio d’Europa per l’applicazione della Convenzione di Istanbul nei paesi che vi hanno aderito) che stigmatizza l’assenza di una legislazione specifica per le situazioni di violenza di genere in presenza di affido condiviso. Rimandando a vecchi articoli (senza prendere partito nei confronti degli autori) abbiamo allargato la visuale per guardare all’Italia nella sua complessa interezza giuridica, così che la situazione del nostro reclamante, pur penosa che sia, potesse diventare parte di quella vastità, di quell’eterno arrovellarsi dell’uomo per avere di più. E’ una questione di prospettiva ed ogni volta che si rimpicciolisce la visuale ritornano in primo piano le intollerabili storture di cui è rimasto vittima il nostro amico.

Ecco una comunicazione fatta ad un addetto ACEA il 15 dicembre 2020 (nella stessa ribadiva che non aveva l’autorità per agire in vece della madre): Egregio xxxxxxxxxx, la sua risposta si riferisce ad una utenza diversa da quella per cui il suo collega xxxxxxxxx mi ha invitato a spedire via e.mail la relativa documentazione. Ho scritto per una “bolletta pazza” in Via xxxxxxxx e lei mi ha risposto con riferimento all’utenza di V.le xxxxxxxxxxx. ACEA comunica per prestampati. Nessuno legge, figuriamoci poi con attenzione. XXXXXXXXXXXXXX HA DUE UTENZE IN DUE CASE DIVERSE: VIA XXXXXXXXXXXX e VIALE XXXXXXXXXXXXX. Questo è un problema che, malgrado i miei difficili sforzi, si trascina senza soluzione da quando ACEA è subentrata nella gestione dell’erogazione idrica. Xxxxxxxxxxxxxxx ha 91 anni. Esiste una pratica avviata a giugno 2020, ma non definita, per la nomina di un amministratore presso il Giudice Tutelare del Tribunale di xxxxxxxxx. Per i problemi, incluse le richieste indebite, che la vecchia donna deve risolvere con l’ACEA, dovete rivolgervi al Giudice Tutelare Dr. xxxxxxxxx c/o Tribunale.

giudice

La sorella del nostro amico è rimasta senza liquidità e gli ha chiesto dei soldi. Oggi, per il secondo giorno consecutivo, lo sportello automatico della banca nella quale è aperto il conto corrente della donna non ha consentito il prelievo ed il ricorrente/reclamante ha dovuto provvedere diversamente per l’approvvigionamento di contanti. Per la circostanza ha incontrato anche la vecchia madre allettata, che lo ha pregato di mettere fine al contenzioso giudiziario in atto. La novantaduenne, in un lampo d’imprevista coscienza, dopo oltre un anno, ha capito che è stata circondata da “ladri” (termine da lei stessa scelto per definire l’evolversi della vicenda che la riguarda ed esprimere un desiderio, che peraltro il figlio non è in grado di esaudire). Non è accaduto altro da riportare e dunque ci concediamo assonometrie e prospettive di un’Italia precipitata nell’orrido. I prodromi si erano manifestati già alla fine degli anni Settanta del XX secolo. La maggior parte degli appartamenti di via Gradoli a Roma, dove si trovava il covo delle BR durante i giorni del sequestro Moro e che ospitò i NAR nel 1981, erano gestiti da tre società immobiliari legate al Sisde. Negli anni di piombo si cominciò a percepire il costituirsi di una società friabile, che si stava proiettando verso l’indistinguibilità tra “giusto” ed “ingiusto”, recalcitrante nell’accettare gli archetipi di sempre. Progressivamente, con l’incalzare del capitalismo, la massiccia infiltrazione di poteri forti nello Stato, negli apparati mediatici, nelle sfere militari, nei servizi d’intelligence ed in altri gangli strategici, arriverà in questo Paese lo sconquasso generale, persino sul piano legislativo e giurisdizionale, con il quale conviviamo ogni giorno. Ovunque si guardi si coglie damblé l’evanescenza del principio basilare di responsabilità che caratterizza persino molti uomini delle istituzioni.

I conflitti d’interessi rimangono ottimamente inseriti e protetti, parlamentari e magistrati ambiscono a garantirsi esenzioni di pena per degli illeciti commessi nell’esercizio della loro funzione, i grandi (im)prenditori chiedono l’impunità per i disastri che hanno provocato (too sovereign to be sued). E’ accaduto anche che Luca Palamara, dopo aver gestito un potere improprio e deviante, cominciasse a svuotare il sacco proiettandoci nelle retrovie dell’attività giurisdizionale, non sempre in grado di assicurare ai cittadini terzietà ed incorruttibilità. Secondo i più cinici non deve sorprendere che l’impegno politico/associativo venga esercitato con criteri quali il legame di confraternita, la lottizzazione e la spartizione dei posti fra correnti, azioni che nulla hanno a che vedere con la Giustizia e men che meno con la probità e le benemerenze professionali dei magistrati da collocare nelle varie procure della Repubblica. Fin da quando si sono intensificati gli scambi economico-commerciali, gli investimenti internazionali ed i rapporti politici del mondo occidentale sono stati regolati solo dal denaro, l’Italia si è rivelata terra di frontiera. La globalizzazione produce interdipendenze sociali, culturali, politiche, tecnologiche e sanitarie che vanno tenute sotto controllo, che vanno di volta in volta reindirizzate. L’unione del commercio con le culture, i costumi ed il modo di pensare, va amministrata senza mai perdere di vista che il fine è la massimizzazione del profitto, unito alla sorveglianza del gregge. La salvaguardia dello status quo in genere garantisce il dominio alle classi egemoni, quanto meno fino a quando hanno interesse a non cambiare il sistema con cui si alimentano e si ingrassano. L’uniformità planetaria, con annessi profitti, viene garantita anche con le imposizioni culturali, le bugie, la mistificazione e le direttive legislative. Quello che, nell’ultimo ventennio, appare più appariscente in tutte le sue isteriche manifestazioni è la guerra senza quartiere alla famiglia, così come è tutelata dalla Costituzione.

anziana

La sua disarticolazione si attua anche attraverso processi di acculturazione (vedasi da ultimo “Le linee guida per ostetriche arcobaleno nel Regno Unito”), altro strumento utile allo scopo sono le bugie (vedasi quella del paygap, quelle sul numero dei “femminicidi” e quelle sul numero delle violenze sulle donne), non di minore intensità è l’impiego della mistificazione (come quella che una donna single e childfree basta a se stessa). Le leggi e le prassi vigenti in campo familiare sono per lo più emanazioni di indirizzamenti normativi sovranazionali, che fanno scempio di qualunque modello culturale a loro sgradito. L’inesistenza di nuclei sociali solidali di riferimento ed il contemporaneo aumento di monadi, senza altra ragione di vivere che il consumo, sono la condizione ideale per qualunque tipo di commercio. Ogni volta che viene demolito persino giudizialmente un uomo (per dote genetica poco incline al consumo voluttuario o compulsivo) nascono 2/3 monadi pronte ad acquistare di tutto e di più. Naturalmente il sostegno legislativo e giurisdizionale in ogni azione antimaschile compiuta anche nei tribunali non è imputabile esclusivamente alla necessità consumistica dei mercati, ma questa è documentatamente la più semplice da reperire e comprendere per tutti. Basta ciò per non dover chiamare in causa molte altre valide ragioni come la strumentalità di ogni conflitto, costruito artatamente da chi detiene il potere per distogiere le classi subalterne da ben altre analisi. Abomini giuridici e leggi che a prima vista appaiono parti di menti malate hanno una loro finalità, spesso vengono imposte da organizzazioni internazionali, provengono da UK, USA, UE o altri “paesi pilota” come il Canada e la Spagna. I deliri femministi che si vogliono concretizzare prossimamente (https://www.lafionda.com/uomini-e-padri-sotto-attacco-tutti-uniti-per-fermare-il-blitz-di-valente-co/) ; (https://www.lafionda.com/gli-emendamenti-valente-e-lo-stravolgimento-dei-diritti-dei-minori/) tramite una nuova legge sarebbero l’ennesima ignominia per un Italia ancora più asservita ai soliti poteri oscuri nazionali e stranieri. Le forze che agiscono per “incoraggiare” il legislatore o per tenere sotto controllo gli esiti dell’attività giurisdizionale hanno la stessa natura di quelle che hanno tessuto una robustissima ragnatela per internare/isolare/silenziare il prof. Carlo Gilardi, che controllano l’informazione mainstream, che hanno guidato le “conversioni” dell’M5S, di Luigi Di Maio, di Giuseppe Conte, di Matteo Salvini e di tutti gli altri che si sono raggruppati sotto il vessillo dell’attuale premier.



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