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E’ arrivata la risposta alla richiesta di sospensiva. Lasciamo al lettore, che conosce dettagliatamente la nostra vicenda con gli annessi documenti qui integralmente riprodotti, valutare la sua pertinenza. Prima di riprodurla lasciamo spazio a qualche pensiero. Quando i cittadini di questo bello ma disgraziatissimo Paese sbattono contro i muri di gomma dell’omertà, delle complicità e della corruzione è tipico che alle latitanze istituzionali tentino di supplire con associazioni e comitati. Eccone alcuni: Associazione Familiari delle Vittime della Strage di Bologna, Associazione Vittime della Strage di Viareggio, Associazione Parenti delle Vittime della Strage di Ustica, Associazione Italiana Vittime del Terrorismo, Associazione Italiana delle Vittime della Malagiustizia, Comitato di Solidarietà per le Vittime dei Reati di Tipo Mafioso, Comitato per le Vittime del Covid-19, Comitato per le Vittime del Disastro del Ponte Morandi, Comitato No Tunnel Tav di Firenze, Comitato Spontaneo Cittadini Contro la Malagiustizia, Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio, Comitato Resistenza e Costituzione. Adesso, a motivo dell’internamento del prof. Carlo Gilardi in una RSA è nato anche un comitato tutto per lui. Nessuno ha potuto fare nulla per liberarlo. Ci sono poteri pericolosissimi perchè divenuti arbitrari e del tutto fuori controllo. Ci sono magistrati che rappresentano l’esatta personificazione del male. Il vecchio professore deve morire carcerato. Nel 2008, quando ficcò il naso nei tribunali, venne definitivamente tacitato Maurizio Costanzo. Oggi sono state silenziate-ignorate “le Iene” perché si sono intromesse dove non dovevano. Cosi funziona l’Italia. Dopo alcune vicende, in ultimo a Venezia e Napoli, ci stiamo rendendo conto che anche ricorrere al giudizio d’appello può essere deludente. Una certa magistratura (quella raccontata da Palamara ed Amara) non lascia proprio più speranze. Al punto in cui siamo arrivati ci vorrebbe solo un miracolo. Torniamo alla nostra storia. Di seguito si propone uno dei tanti motivi per il quali il reclamante ha chiesto l’incarico come AdS: l’incapacità della madre ad amministrarsi. Si tratta di una richiesta indebita la cui pratica era stata iniziata dal figlio ed interrotta dai fatti precedentemente narrati. La comunicazione è stata recapitata via mail in data odierna e dimostra incontrovertibilmente che la Corte d’Appello (che ha bocciato la sua istanza d’inibitoria) non ha creduto ai fatti narrati e dimostrati dal reclamante, ma alle chiacchiere di altri.
Gent.le/Spett.le xxxxxxxxxxx. La presente per comunicarvi di aver ricevuto mandato da Acea Ato2 S.p.A, di procedere nei vostri confronti per il recupero del credito pari a € 1.595,23 per l’utenza xxx. Qualora abbiate già effettuato il pagamento, ci scusiamo per il disguido e, al fine di effettuare le dovute verifiche, vi chiediamo di trasmettere le ricevute a mezzo e-mail all’indirizzo: xxx@soluzionimediacom.com. In caso contrario, vi invitiamo ad effettuare il pagamento tramite bonifico bancario su IBAN IT 57 A 02008 05351 000104166257, intestato a Acea Ato2 S.p.A., la somma sopra indicata, entro e non oltre 7 giorni dal ricevimento della presente. Esperito inutilmente anche questo tentativo, Acea Ato2 S.p.A. valuterà ogni iniziativa, anche di natura giudiziale, per la tutela dei propri diritti e per il riconoscimento del vostro inadempimento. Le chiediamo Inoltre conferma che l’indirizzo della fatturazione corrisponde all’indirizzo dell’ intestatario del contratto. Distinti Saluti. Mediacom Srl per conto di Acea Ato2 Spa.
Di seguito il rifiuto della Corte d’Appello della richiesta di sospensiva: CORTE D’APPELLO DI xxx SEZIONE PERSONA E FAMIGLIA – MINORI La Corte, riunitasi in camera di consiglio per decidere sull’istanza avanzata dal reclamante sig. xxxxxxxxxxxxx al fine di ottenere la sospensione dell’immediata esecutività del decreto con il quale il Giudice Tutelare del tribunale di xxxxxxxxxxx pronunciandosi nel proc.to n. xxx/20 RG Vg da lui impugnato, ha aperto la procedura di AdS a beneficio di sua madre, la sig,ra xxxxxxxxxx (art. 405 c.c.); osservato che lo stesso sig.xxxxxxxxx aveva attivato detta procedura ritenendo la genitrice bisognosa della misura di protezione e che nel suo atto di reclamo, così come nell’istanza di inibitoria, egli si duole solo del fatto che sia stato nominato AdS soggetto istituzionale, il sindaco del Comune di xxxxxxxxxx, e non lui stesso e che ciò comporterebbe il rischio di espoliazione della dimora della madre dagli oggetti preziosi ivi custoditi ed il trasferimento della stessa in ricovero presso una RSA; rilevato che avendo il Giudice Tutelare deciso la suddetta scelta dell’AdS a seguito di quanto in aula denunziato dalla beneficiaria contro il medesimo figlio (ritenuta si fragile ma affatto disorientata), non si ravvisano gli estremi per poter ravvisarsi né il fumus boni iuris né il periculum in mora a fondamento dell’istanza in quanto il soggetto istituzionale è tenuto ad operare nell’esclusivo interesse della beneficiaria sotto la sorveglianza del G.T. e dietro previa sua autorizzazione per gli atti di straordinaria amministrazione o per eventuali trattamenti assistenziali dei quali la sig.ra xxxxxx dovesse aver bisogno; P.Q.M. rigetta l’istanza di sospensione dell’efficacia immediata dell’impugnato decreto del Tribunale di xxxxxxxxx.
In precedenza scrivevamo: “Non abbiamo elementi per stabilire il confine tra superficialità professionale, menefreghismo, supponenza, disprezzo per la “clientela”, complicità e carrierismo. Abbiamo letto però: Magistrati, ogni anno vengono archiviati 1200 procedimenti disciplinari ma nessuno sa perché”. Leggendo l’incredibile storia che stiamo narrando qualche lettore è stato lapidario dicendosi convinto che nell’analisi cronologica dei fatti è appariscente non tanto la trasandatezza giurisdizionale quanto il dolo. Lo stiamo riportando soltanto per dovere di cronaca. Riteniamo anche che la grancassa televisiva, successiva alle “vicende Palamara ed Amara”, può avere i suoi mandanti e le sue finalità (magari pure poco edificanti) per mettere a fuoco le aberrazioni comportamentali di certi magistrati, ma di certo, parlando dei loro misfatti, rivela semplicemente un’agghiacciante verità. L’iniziativa referendaria sulla Giustizia non è cosa da irridere o iniziativa provocatoria al fine di delegittimare la Magistratura. A tale scopo bastano e avanzano i suoi numerosi componenti che hanno rotto il patto sociale con il Popolo in nome del quale dovrebbero emettere decreti e sentenze. Per chi stava a ridosso del sistema di (auto?) governo della magistratura quanto recentemente divenuto di dominio pubblico era cosa conosciuta. Il modello di giurisdizione friabile e permeabile, con annessa attività di coperture ed insabbiamenti, con i suoi metodi di selezione-cooptazione, sta ancora bene a troppi che rimangono nell’ombra. Dopo l’emblematica vicenda di Enzo Tortora, attraverso il risultato referendario sulla responsabilità dei magistrati, ci si rese conto, già allora, di come la pensavano gli Italiani, poi beffati dal legislatore. Finora non sono emerse correlazioni esaurienti tra grandi dispiaceri ed insorgenza di tumori.
Forse la “scoperta” scientifica non sarebbe gradita in alcuni centri di potere, forse lo studio avrebbe necessità di un numero consistente di casi, c’è l’impossibilità etica di attivare stress da laboratorio, c’è la complessità dell’essere umano e delle sue risposte biologiche, forse si dovrebbero prendere in considerazione troppe variabili, di sicuro lo “stress” annovera un’ampia gamma di cause alle quali ogni individuo reagisce in modo diverso e la risonanza del loro impatto dipende da come il singolo li vive e li affronta. Un grosso studio fatto in Inghilterra ed in Scozia nel 2019, su un totale di 163.363 persone seguite per una media di nove anni e mezzo ha rilevato che in questo lasso di tempo si sono verificate 16.267 morti, di cui 4.353 per cancro. Lo studio ha concluso che le persone che avevano dichiarato un livello di stress elevato sono morti di cancro con percentuale superiore del 32% rispetto a quelle che avevano dichiarato un livello di stress inferiore. Secondo gli stessi scienziati che hanno condotto la ricerca l’ipotesi biologica di un legame fra stress e cancro esiste ed è solida. In condizioni di stress cala il numero dei linfociti NK, si altera l’asse ormonale fra ipotalamo e ipofisi, aumenta la risposta infiammatoria dell’organismo, sale il livello di cortisolo nel sangue, diminuisce la capacità di riparazione dei danni al DNA, tutti fattori che minano la capacità personale di difenderci dal cancro. I dati dello studio fanno ipotizzare che quanto avviene a livello cellulare si traduca effettivamente in una maggior suscettibilità al cancro anche per l’intera popolazione. Dopo le accuse infamanti Enzo Tortora, ancora “giovane”, morì di cancro nel 1988. Meno noto, anche lui vittima delle falle del sistema giudiziario italiano, attaccato da una malattia oncologica dopo un’incredibile vicenda processuale, nel 2015 morì persino un magistrato: Mario Conte. Non siamo cultori di filosofie meccanicistiche per cui asseriamo che i fenomeni sono provocati e governati da cause identificabili e preordinate, tali che ad una causa data segue solo un dato effetto, però la coincidenza ci lascia basiti. Anche il nostro amico reclamante, dopo aver tentato inutilmente di difendere giuridicamente gli interessi delle sue congiunte, con i risultati in questa sede documentati, sta per affrontare una terapia oncologica.
Mentre c’è chi convive con le nausee indotte dalla chemioterapia noi avvertiamo il voltastomaco per il procedere di certe vicende giudiziarie. Il prof. Carlo Gilardi è stato inghiottito da uno dei tanti buchi neri dell’attività giurisdizionale. La vecchia madre invalida del nostro amico ormai passa gran parte delle sue giornate a letto, ignorando che il giudice tutelare A.P. (un avvocato prestato alla funzione) estromettendo il ricorrente dalla vita della genitrice, con decreto del 7 dicembre 2020 ha dato origine, tra le altre cose, al mancato pagamento delle tasse periodicamente dovute. Veniamo da un mondo scomparso e siamo frutto di una cultura superata dai tempi. Abbiamo avuto l’onore di conoscere giuristi che, con il senno di poi, avrebbero dovuto essere messi sotto vetro, se non altro, per dare alle generazioni successive l’esempio di come si adempie dignitosamente all’incarico di magistrato. Attualmente c’è l’UE che “suggerisce” al Parlamento Italiano la riforma della Giustizia. Lungi dal coltivare illusioni, va ricordato quanto meno come la legge n. 89 del 20/3/2001, che prevede e disciplina il diritto di richiedere un’equa riparazione (400/800 euro ogni anno di ritardo) per l’irragionevole durata di un processo, abbia poi bypassato le sentenze dei giudici europei. C’è da presumere che, data la natura e gli interessi notoriamente cari all’U.E., verranno contemplate esclusivamente modifiche con ricadute sul settore economico-finanziario-commerciale. Branche come la volontaria giurisdizione (tra le più problematiche e spesso indirizzate da veri e propri sicari dell’istituzione familiare) non verranno di certo prese in esame dai “riformatori”. In altri termini, ad esempio, il rischio di combine tra avvocati e giudici per internare un minore, un disabile o un vecchio rimarrà nella sua interezza. Le false denunce continueranno ad imperversare. I cambiamenti di cui si sta parlando non accorderanno mai “riconoscimenti” a quei magistrati che, in nome dell’equità e del diritto, hanno fatto e faranno onore alla toga, né mai presenteranno il conto alla dannata razza mutante che l’ha infangata e continuerà a farlo impunemente.
Non c’è solo un problema di regole da riscrivere nell’interesse generale di tutti i cittadini (e questo non ce lo ha mai chiesto l’Europa …), ma c’è ancora quello probabilmente diventato insormontabile di riqualificare significativamente gli uomini incaricati di amministrare la Giustizia. I vecchi cerimonieri della Repubblica e della “democrazia” si prodigano da un altare ad un convegno, si spostano come zombi da una ricorrenza all’altra, senza poter nascondere che loro stessi, maestri dell’ortodossia celebrativa, sono diventati i custodi di una strisciante tirannide. In una democrazia sana non dovrebbero trovare più tanto spazio incapaci, corrotti e collusi. Ci parliamo addosso da tanti anni, ma il marcio che sommerge il Paese è inarginabile e persino l’attività di maniera dei vari istituti di garanzia previsti dalla legge sta lì a dimostrarlo. Le autorità garanti sono organi creati per sorvegliare lo svolgimento di attività economiche realizzate in regime di monopolio o caratterizzate da uno speciale interesse generale. Dovrebbero avere lo scopo di salvaguardare cittadini ed imprese da situazioni che li vede in posizione di debolezza rispetto agli operatori che producono ed erogano i beni ed i servizi in regime di monopolio o quasi. Tra le diverse authority annoveriamo: Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM), Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM), Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza, Garante per la protezione dei dati personali, Autorità per l’energia elettrica e il gas, Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale. Le autorità indipendenti hanno la loro origine all’interno dell’esperienza giuridica degli Stati Uniti d’America con la creazione della Commerce Regulatory Commission del 1887. Oggi in Italia sostanzialmente servono solo a dire che tali enti esistono e dunque gli Italiani non subiscono la lesione di interessi costituzionalmente rilevanti. Se guardiamo al lavoro svolto dall’AGCOM in effetti vediamo che le sanzioni erogate alle società telefoniche abusanti sono irrisorie in rapporto ai profitti creati dalla loro azione illegittima. Si rileva analogo risultato guardando al credito per anatocismo bancario. Se ci soffermiamo sulla vicenda del prof. Carlo Gilardi constatiamo l’inefficacia del Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale. Se ci fermiamo ad ascoltare l’Autorità garante (forse dello status quo?) per l’infanzia e l’adolescenza sull’antico stillicidio di discutibili affidamenti extra-familiari ratificati dai tribunali lo ascoltiamo asserire: “Non è il caso di fare allarmismo, il sistema tutto sommato regge”. Insomma dai giudici tutelari ai p.m., dai procuratori della Repubblica alle corti d’appello, fino a lambire la Cassazione è tutto un fiorire di indagini anappuntabili, di azioni giudiziarie nitide, di decreti, di sentenze a prova di negligenza e di forzature interpretative plurimotivate.