Vedi le puntate precedenti
L’attesa di novità nella nostra storia ci fornisce l’opportunità di fare alcune riflessioni sullo stato di altre vicende giudiziarie. Anche se richiesto con forza dai componenti del gruppo “Articolo 101” del comitato direttivo dell’ANM, per ridare credibilità alla giustizia, il CSM non verrà certamente sciolto. La privazione della libertà del prof. Carlo Gilardi è scomparsa da tutti i radar della cronaca locale e nazionale. La disgregazione e l’esautorazione della famiglia (anche in caso di malattia o fragilità di qualche suo componente) passa attraverso la magistratura. Sono le determinazioni di alcuni giudici che lasciano ampio spazio alle RSA e agli “specialisti” esterni a detrimento di tutte le altre soluzioni intrafamiliari. Yasca è schizzofrenica ma ha una famiglia, ossia un padre, una madre, una sorella ed uno zio. Un giorno bussano alla porta di casa medici, carabinieri ed infermieri per sottoporla a un t.s.o.. La madre racconta che le hanno fatto una puntura e le hanno messo le manette prima di portarla via. Per la ragazza viene nominato un amministratore di sostegno esterno alla famiglia. L’accusa sostiene che la stanza spoglia della disabile fosse usata come cella, ma la madre si difende sostenendo che fosse così per renderla più sicura durante le sue crisi. “Voglio essere liberata e tornare a casa mia”. È il desiderio che Yaska ripete in alcuni video. Li registra davanti a sua mamma che è finita accusata di violenza, sequestro e addirittura di averne istigato lo stupro per aver permesso i suoi rapporti sessuali con il fidanzato. Spostandoci da Firenze a Lecce incontriamo un’altra storia. Riguarda una ventisettenne disabile ricoverata in un reparto psichiatrico (non è orfana o senza parenti). Il giudice tutelare ha nominato un avvocato (Maria Grazia Sodano) come suo amministratore di sostegno. Un altro avvocato (Gabriella Cassano) è entrata nel caso giudiziario al fine di “meglio tutelare” la giovane. Per la serie delle famiglie con soggetti “fragili” tutelati nei tribunali tramite incarichi a terzi, senza aggiungere alcun commento, riportiamo due articoli di cronaca di ieri 22 maggio 2021.
Lecce – Sequestro di disabile e circonvenzione d’incapace: condannata un’avvocatessa e chi l’avrebbe aiutata. Si è chiuso con quattro condanne e un’assoluzione il processo a carico di Gabriella Cassano. La professionista, di 50 anni, è stata condannata a 4 anni e 6 mesi di reclusione (a fronte di una richiesta di 9 anni e 8 mesi; 4 anni e 6 mesi sono stati invece inflitti a Fabio Degli Angeli, 51, di Carmiano, compagno della Cassano, (7 anni e 2 mesi). Tre anni e 4 mesi sono stati invece comminati a Cosimo Visconti, di 67 anni, di Porto Cesareo; 3 anni, invece, a Cosimo Filieri, 64 anni, di Veglie, (4 anni e 6 mesi). Assolto per non aver commesso il fatto Domenico Della Porta, 45 anni, di Carmiano, psicologo e cugino della Cassano, per il quale l’accusa aveva invocato 2 anni. L’avvocatessa e il compagno finirono ai domiciliari a maggio del 2018 mentre gli altri vennero raggiunti dal divieto di avvicinamento alla persona offesa. Cassano, Degli Angeli e Visconti erano accusati di aver prelevato il 14 gennaio 2018 la ragazza dal reparto di Psichiatria dell’ospedale Vito Fazzi di Lecce, conducendola in auto in un’abitazione a Marittima di Diso dove la giovane sarebbe stata lasciata per due giorni al freddo, privandola delle cure farmacologiche e causandole febbre e malessere. Tutti gli imputati rispondevano anche di sequestro di persona per aver tenuto, dal 16 al 25 gennaio, la donna nell’abitazione di Filieri a Veglie, in precarie condizioni igieniche e sanitarie, «impedendole di uscire chiudendo a chiave la porta dell’abitazione nonché abbassando completamente le persiane. Filieri le preparava i pasti (colazione e pranzo) servendoli in piatti sporchi causando alla giovane continui conati di vomito». Alla ragazza sarebbe stato concesso di uscire solo per andare dallo psicologo e fare una finta telefonata alla stessa Cassano e per raggiungere il giudice tutelare per l’istanza di revoca dell’amministratore di sostegno.
Cassano e Degli Angeli si difendevano anche dall’accusa di circonvenzione di incapace perchè avrebbero inculcato nella donna «la convinzione che l’amministratore di sostegno nominato dal giudice tutelare non si curasse e non si interessasse di lei inducendola a conferire a Cassano il mandato stesso». Sempre l’avvocatessa Cassano e Filieri rispondevano di false informazioni al pubblico ministero. La sola Cassano, infine, di tentata estorsione per aver chiesto al padre della persona offesa una ingente somma di denaro, come compenso dei servizi legali offerti alla figlia. L’avvocatessa e il compagno si sono sempre proclamati innocenti, sostenendo di aver sempre agito per il bene e nell’interesse esclusivo della ragazza.
LECCE – Gli avvocati Luigi Piccinni e Salvatore De Mitri, in qualità di difensori di fiducia dell’avvocato Gabriella Cassano e Fabio Angeli, comunicano che attenderanno le motivazioni della sentenza per ricorrere certamente in appello. Infatti, proprio dall’istruttoria processuale è emersa la non colpevolezza degli imputati, i quali hanno agito a tutela della presunta persona offesa, persona capace che ha chiesto più volte aiuto ad essi per poter guadagnare la propria libertà dalle strutture in cui tuttora risulterebbe “ospitata”. Molte delle accuse mosse dalla Procura della Repubblica nei riguardi dell’avvocata Gabriella Cassano sono state smentite dall’istruttoria processuale, tanto che la stessa professionista è stata assolta per i capi di imputazione dell’induzione a fornire false informazioni al Pubblico Ministero e per tentata estorsione. L’unico motivo per il quale i signori Cassano e Degli Angeli hanno agito è rappresentato dallo spirito umanitario verso una ragazza che ha chiesto più volte di vivere una vita libera come tutte le sue coetanee. Nel processo in questione non vi era alcuna prova che potesse portare a condannare, al di là di ogni ragionevole dubbio, gli imputati e pertanto riteniamo che la decisione presa dal Tribunale sia stata ingiusta e che sarà certamente delibata dai giudici della Corte di Appello.
Aspettando nuovi eventi giudiziari, nel costeggiare un vecchio casello ferroviario abbandonato, pur senza volerlo si è riavvolto il nostro nastro dei ricordi. E’ stato come scorrere velocemente il tempo a ritroso, una sorta di moviola della vita degli Italiani. Questo ci ha permesso di tornare con le immagini ad alcune decenni fa, quando non esistevano stazioni ferroviarie dismesse o scarsamente presenziate. Un tempo in questi luoghi era usuale la presenza di un capostazione e di altri impiegati, erano degli ambienti puliti ed in ordine, c’era la sala d’attesa controllata, una confortevole sensazione di calore umano e di sicurezza in ogni locale dell’edificio. In quegli anni la maggior parte della popolazione poteva godere di una buona qualità della vita e la magistratura non attirava le attenzioni di stampa e Tv con scandali di diversa natura. Persone come il prof. Carlo Gilardi non venivano proditoriamente rinchiuse negli ospizi calpestando ogni loro diritto. I vecchi vivevano protetti in famiglia e non erano prede di avvocati e giudici tutelari senza scrupoli. A quei tempi i magistrati, i consulenti psico forensi e gli avvocati interagivano solo professionalmente, senza finire sui giornali a motivo delle loro perfomances nello spettro dei “fuori registro”. Quando nelle stazioni ferroviarie si respirava l’olezzo delle traverse impregnate con il creosoto, l’effluvio di olio e di metallo riscaldato, misto all’esalazione dei ceppi, quando le vecchie vetture “centoporte” odoravano di legno, di vernice e di tessuto polveroso, quando si avvertivano i rumori delle ultime locomotive a vapore in servizio insieme allo sferragliare dei velocissimi locomotori E444, esisteva del personale ben qualificato.
Per fare carriera esistevano concorsi sia interni (riservati al personale) che esterni (aperti a tutti). Dopo il superamento delle prove si veniva sottoposti a severe visite mediche per assodare, oltre le condizioni fisiche, anche quelle psichiatriche dei ferrovieri. In presenza di disturbi comportamentali non si veniva assunti. Mancando le idonee competenze non si veniva promossi, anche per l’intera vita lavorativa. In cambio di un’alta professionalità i ferrovieri (dal dirigente del movimento al verificatore) avevano stipendi più che decorosi. Se e quando sbagliavano (molto raramente) venivano multati dal responsabile del servizio), ovvero pagavano di persona l’errore commesso. Lo trovavano naturale. Oggi, che abbiamo “nuove ferrovie”, che abbiamo fatto spazio all’ipertecnologico, che si apre lo scenario delle stazioni telecomandate, si pone il problema della videosorveglianza e della sicurezza dei passeggeri. Una volta c’erano i pretori con carta, penna, tanta professionalità ed irrinunciabile deontologia. Oggi ci sono magistrati con il computer che avviano indagini sine die, quelli che si preconfezionano le sentenze prima delle udienze e dell’acquisizione di memorie, quelli che carcerano persone innocenti con estrema leggerezza, quelli promossi a prescindere dai meriti, i torquemada per deformazione mentale o ideologica, quelli iscritti ad associazioni paramassoniche, quelli che spiano tutti gli altri colleghi, quelli con mente distopica, quelli che hanno fatto orecchi da mercante per gli scandali “Amara” e “Palamara”, quelli per i quali va bene il CSM così com’è.