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La notte scorsa abbiamo fatto un sogno. Un gruppo di incursori mascherati è atterrato nel giardino della RSA Airoldi e Muzzi di Lecco, ha fatto irruzione negli alloggi dei ricoverati e, senza colpo ferire, ha liberato Carlo Gilardi. L’anziano professore, fatto salire su un elicottero, è stato riportato a casa, dove è stato accolto calorosamente dai suoi amici. Ricordiamo una delle opere di Sigmund Freud dove l’autore asserisce che il sogno è la realizzazione allucinatoria, durante il sonno, di un desiderio rimasto inappagato durante la vita diurna. Non è stato dunque casuale se nell’avventura onirica eravamo anche noi in azione per scarcerare Carlo. La frustrazione di dover vivere in un Paese le cui istituzioni fondanti sono state progressivamente devastate ci spinge a sognare iniziative tanto eroiche quanto “impossibili”. Di malagiustizia a volte si muore, altre volte si riportano danni irreversibili. Senza dimenticare tutti gli altri, andiamo con il pensiero ad Enzo Tortora, forse la vittima più illustre di indagini (mal condotte?). A sua figlia Gaia, che all’epoca aveva tredici anni, non si è mai rimarginata la ferita provocata dall’insopportabile ingiustizia.
Qualche mese fa ha confessato:” Nessuno ha mai pagato per il calvario di papà. Tutto il mio dolore è esploso a quarant’anni. È stato il mio corpo a dirmi che non potevo più sopportare quel peso. E sono cominciati gli attacchi di panico, in diretta, mentre conducevo il telegiornale, sudavo, tossivo, andavo in affanno, non riuscivo più a parlare”. Va detto per dovere di cronaca che il P.M. del caso (Felice Di Persia) definì i giudici della corte territoriale: “incauti, disinvolti, ipnotizzati, succubi di pressioni esterne”. Quando Di Persia fu eletto al CSM l’allora presidente della Repubblica, Francesco Cossiga, si rifiutò di stringergli la mano. A distanza di tanti anni, dopo che una moltitudine d’innocenti è passata nel tritatutto dell’attività giurisdizionale, è cambiato poco o nulla. Non esistono difese efficaci dalle assurdità giudiziarie e non ci sono limiti all’impunità del magistrato. La nostra storia fa registrare solo un rinvio dell’udienza relativa alla sorella del reclamante, fissata per l’8 marzo 2021.
Il giorno dell’udienza, l’avvocato dell’istante ha riferito in tribunale (e lo ha fatto sua sponte) che lo stesso non si è presentato in aula perché infastidito dal modo estremamente pregiudizievole in cui è stata trattata la sua dolorosa vicenda familiare. Entrambi impegnati per ragioni diverse, s’incontreranno a metà della prossima settimana per fare il punto della situazione. Siamo dunque a conoscenza di poche novità. Ricordiamo al lettore che all’inizio della vicenda il reclamante si era attivato perché riteneva che a motivo del loro stato di salute le due congiunte (madre e sorella) potessero venire gabbate da lestofanti. La vecchia madre, ora novantaduenne, anche se richiesto dall’appellante, non è mai stata assoggettata a perizia psichiatrica, dunque è stata anche PER SCELTA DEL GIUDICE (PERITUS PERITORUM) CONSIDERATA in grado di autodeterminarsi. Tra le varie cose che è rimasta libera di fare, ha potuto anche firmare una procura speciale all’avvocato trovato casualmente in casa dal figlio il 12 giugno 2020 e per tale ragione da lui diffidato. La sorella del reclamante ha avuto una relativa capacità di autodeterminarsi fino al 10 giugno 2020. Nei giorni successivi ha mentalmente peggiorato sempre di più. Puntualizziamo che nella procura generale firmata dalla donna nel 2013, a proposito dei poteri del fratello si legge questo: “omissis può accettare lodi arbitrali, nominare arbitri od arbitratori, nominare e revocare avvocati, procuratori legali e periti, instaurare liti giudiziarie, omissis”.
A prescindere dall’incapacità pressoché totale acquisita velocemente dopo lo shock subito con l’azione invasiva della madre e dei di lei nuovi amici del lockdown, la sorella del reclamante è diventata formalmente invalida al 100% in forza del decreto ex art. 445 bis, 5° co., c.p.c. con omologa del requisito sanitario pertinente alla sua condizione il 21 agosto 2020. Grazie alla vicenda del prof. Carlo Gilardi, che teniamo nel cuore, abbiamo capito che per far valere la legge del più forte basta avere le aderenze giuste negli ambienti giusti. L’amico Brahim, fin da bambino vicino al vecchio professore come se fosse un suo figlio, è diventato un “imbroglione” e tutti gli altri che hanno ricoverato Carlo sono le persone “giuste”. L’avvocato diffidato, illo tempore dal nostro reclamante, oggi, comprensibilmente più determinato che mai, ha portato in tribunale, dopo quella già fatta firmare alla madre il 22 luglio 2020, una delega firmata dalla sorella (che, al di là della CTU sottesa all’omologa sopra citata, purtroppo ormai capisce poco o nulla). L’avvocato G.C. si è giustificato dicendo che se la donna rappresentata dal reclamante ha già firmato una procura generale ed altre cose, può benissimo firmare anche una delega a lui. Un’altra persona qualunque avrebbe paura di finire indagata, ma il nostro avvocato no. Già perché coloro che rischiano di finire indagati sono quelli che intralciano le sue attività. Evidentemente, come già si è potuto recare in tutta tranquillità nella casa delle due disabili per “consigliarle” il 12 giugno 2020, a questo avvocato è concesso il potere di fare anche di più. Andiamo a leggere qualche altra chicca sugli “inspiegabili” accanimenti giudiziari, dei quali ci ha lasciato preziosa testimonianza L. Palamara e, nel rispetto dell’abituale trasparenza, di seguito mettiamo l’istanza consegnata al G.T. in data odierna:
Al Giudice Tutelare presso il Tribunale di xxxxxxxxxxx. Io sottoscritto xxxxxxxxxx, nato a xxxxxxxxxxxxxxx ed ivi residente in xxxxxxxxxx, nella qualità di fratello di xxxxxxxxxxxx, nata a xxxxxxxxxxxx ed ivi residente in xxxxxxxxxx dichiaro quanto segue: per espresso desiderio di mia sorella, grazie ad una procura generale da lei commissionata e firmata il 7 marzo 2013, ogni volta che mi è stato richiesto, mi sono occupato di tutto quanto era necessario fare. La donna, certamente fino al 10 giugno 2020, ha avuto le capacità sufficienti per affrontare alcuni dei problemi amministrativi che era chiamata a risolvere. In tale mese aveva ancora la sagacia e la forza di convincere la madre a firmare il modulo previsto per poi consentire al fratello di pagare l’IMU. I rivolgimenti familiari ed i “supporti” subentrati al mio posto, factotum delle due congiunte da 14 anni, chiuso fuori di casa dell’anziana madre dal 13 giugno 2020, ha fatto precipitare lo stato di salute di mia sorella xxxxxxxxxx, che ha vissuto le novità imposte dalla genitrice come una vera e propria violenza psicologica.
I comportamenti “disturbati” dell’anziana madre tolgono serenità in famiglia, costringono xxxxxxxxxx a non vedere quotidianamente il fratello, a doversi rapportare con altre persone, con diversi referenti per le sue necessità giornaliere, in altre parole con un’ambiente “nuovo”, nell’impossibilità di tornare a casa sua perché l’impianto elettrico risulta danneggiato. Tutto ciò ha fatto precipitare il suo già fragile stato di salute. A luglio 2020 le sue facoltà di agire autonomamente avevano subito una drastica riduzione. Segnalai e documentai il problema in codesto ufficio. Con l’idea che in quel frangente era favorevolmente condivisa dal G.T. mi riproposi di chiedere per mia sorella l’amministrazione di sostegno. Di questo parlai anche con la stessa, alla quale scrissi poi una raccomandata in data 30 luglio 2020, ribadendo che per una sua più elevata tutela c’era la necessità di rivedere i rapporti giuridici che ci legano. Chiedo di rispettare le volontà di xxxxxxxxx, la quale, conscia della diagnosi medica che l’ha condotta al pensionamento anticipato, ipotizzando un infausto epilogo della sua esistenza, il 7 marzo 2013 mi ha scelto come suo unico fiduciario. Per quanto esposto chiedo di essere nominato Amministratore di Sostegno di mia sorella.