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Il nostro ricorrente/denunciante ci ha partecipato soltanto che ha scritto la seguente lettera alla sorella: “Cara xxxxx, il prossimo mese i Servizi Sociali si presenteranno a casa di nostra madre. A motivo del tuo attuale stato di salute rischi di essere internata in qualche clinica e di morire lì, come è già accaduto a xxxxxxx. In tal caso a te non rimarrebbero più neanche i soldi per acquistare le sigarette. Ti ricordi come trattavano gli ospiti di xxxxxxxxxx? Per evitare questo rischio devi andare via da quella casa. Se mi telefoni ti vengo a prendere e ti porto ad abitare altrove. Adesso, nell’emergenza dei prossimi giorni, posso fare soltanto questo”. L’uomo non ha voluto anticiparci altro. Probabilmente deve avere avuto sentore di sgradevoli novità e non può concederci qualche confidenza in più. Questo ci spinge a ripercorrere mentalmente la storia che stiamo narrando, ovvero una lapalissiana circonvenzione d’incapace e la sparizione di alcuni suoi beni, il tutto con i crismi forniti da alcuni “custodi della legge”. La ricerca di aiuto da parte del figlio della vittima, estromesso dall’abitazione dai subentrati “aiutanti” della donna, gli ha procurato: un tentativo di denuncia per appropriazione indebita, un tentativo di denuncia per abbandono d’incapace ed una denuncia per simulazione di reato. Quanto è sparito da quell’abitazione per mesi e quanto ha speso il malcapitato, attingendo alle proprie risorse economiche, sono solo danni collaterali. Data la potenza di fuoco usata contro di lui, ultimo baluardo a difesa della fragilità delle due congiunte, riteniamo che il peggio debba ancora venire. Da bambini ci insegnavano che qualunque mafia, a prescindere dalla sua denominazione, era il male per eccellenza. Quando sentivamo parlare dei misfatti di certe associazioni criminali c’era sempre qualche nome di spicco che passava di bocca in bocca lasciandoci sgomenti ora per un crimine, ora per l’altro. Non avremmo mai pensato che in età adulta ci saremmo trovati ad assimilare alcuni ricordi con le azioni spregiudicate di certi magistrati. Nel nostro immaginario di ragazzi vedevamo i malavitosi, dediti a grassare le loro vittime, abbigliati in maniera pacchiana, incapaci di vestirsi in modo sobrio o rassicurante come appare un tailleur o un completo con cravatta. Solo da grandi abbiamo capito che l’abito non fa il monaco e la toga non è sempre garanzia di integrità morale o professionale.
Da sempre la maggior parte dei lestofanti si nasconde, opera nell’ombra, non ostenta l’impunità che, quando è assicurata da qualche funzionario corrotto inserito nei gangli istituzionali, non è gratuita, ma è ben pagata. In ogni modo se il manigoldo fa sfoggia di un qualche rango questo non si presta ad equivoci. Non ci sono travestimenti. Gli abitanti del paese sanno che un determinato notabile è soltanto un capobastone, un altro è un camorrista ed un altro ancora un padrino. Tutti sono visibilmente personaggi non posti a presidio della legalità. Quelli che decretano un’estorsione o emettono una sentenza di morte civile nei confronti di una famiglia sanno che potrebbero essere chiamati a pagarne il fio. Chi decide di vivere al di fuori della legge sa e mette in conto che rischia una sanzione, la galera o la pelle. Chi oggi svolge il suo incarico indossando la toga, non di rado per cooptazione, non si trova quasi mai nelle condizioni di dover rendere conto a qualcuno per il suo operato, qualunque sia l’aggettivo, anche spregevole, che meritano le sue azioni. Il togato ha tante di quelle garanzie per cui, comunque decida di applicare la sua personalissima idea di giurisdizione, può considerarsi dentro ad una botte di ferro. In una situazione quasi analoga viene a trovarsi chi, coperto dall’omertà o da un provvedimento di un giudice, spadroneggia a danno dei malcapitati di turno. Le prassi adottate da certe categorie incaricate per il subentro nelle responsabilità familiari, esautorando chi praticamente lo ha sempre fatto o lo fa per legame di sangue, sono applicate impunemente alla luce del sole. Lo psichiatra che redige una relazione strumentale su un soggetto debole (minore, malato, vecchio, disabile, etc.) non rischia, come l’esattore recatosi a riscuotere il pizzo per conto del boss, che qualche banda avversaria gli spari addosso a pallettoni. La storia di fine anni Novanta del secolo scorso raccontata dall’avvocato Augusto Cortelloni, prudentemente solo dopo essere diventato senatore, è emblematica. Il suo essersi fatto precursore dei temi affrontati nell’occasione ha il merito di aver aperto un vaso di Pandora dal quale continuano ad uscire drammi attuali. Quando certe costumanze vengono a galla, e questo non avviene molto frequentemente, rimangono impantanate per anni nelle maglie della malagiustizia. Mentre ne accadono sempre di nuove (e quelle più fantasmagoriche guadagnano la ribalta televisiva) constatiamo con amarezza che gli esiti di quelle accadute oltre venti anni fa, ancora in itinere, sono attualmente in Corte di Cassazione.
L’ultimo incontro con il nostro protagonista ci aveva fatto supporre che avesse preso visione del fascicolo riguardante la sua istanza per l’amministrazione di sostegno della madre. In realtà l’uomo, incontrando la vecchia qualche giorno fa, ha saputo dalla stessa che il giudice le ha promesso di affidarla alle cure del sindaco della città. La soddisfazione dell’ultranovantenne si è ridimensionata quando il figlio le ha spiegato che, plausibilmente, tra poco si troverà in casa i servizi sociali del comune. Il ricorrente/denunciante prenderà visione del fascicolo ritornato in cancelleria e, nel caso fosse giuridicamente improcrastinabile, lo ritirerà tra pochi giorni, come da prenotazione effettuata attraverso il “sistema telematico di contingentamento”. In attesa di poter riprendere il racconto abbiamo cercato di documentarsi sulle truffe subite dagli anziani e sulla tipologia del soggetto che viene più facilmente raggirato. Secondo la Polizia in tutta Italia le frodi a danno degli anziani sono in aumento (in particolare i furti di contanti e di gioielli). Negli ultimi giorni abbiamo registrato queste notizie: truffatori spillano soldi ad un’anziana, l’allarme del sindaco ai cittadini (Caserta News 21/12/2020); spende i soldi dell’anziano che tutelava (La Provincia Pavese 30/12/2020) – la sindaca di Pinarolo condannata per peculato. I soggetti più creduloni appaiono quelli “delusi” dai figli. Di seguito riportiamo parte di una corrispondenza tenuta tra amici (l’argomento sono le loro rispettive madri). Uno scrive all’altro: “(omissis) l’odio è l’evoluzione naturale della diffidenza iniziale che alcuni vecchi provano verso i propri figli. Vedono intorno solo gente che li vuole imbrogliare, che si disinteressa, che li maltratta. Lo fece anche mia madre con me, mi accusava di pensare solo agli affari miei quando avevo sacrificato buona parte della mia vita e della mia indipendenza alle sue esigenze sanitarie e non solo. Cercano più o meno consciamente un capro espiatorio. Stanno male mentalmente e fisicamente, si rendono conto di non essere più autosufficienti, non hanno una vita di relazioni e tutto questo genera insoddisfazione, rabbia, malessere non bene identificabile, che ha bisogno di essere convogliato contro qualcuno. I figli sono le vittime ideali anche per inculcare loro dei sensi di colpa con frasi del tipo: “dopo tutto quello che ho fatto per te ecco come mi tratti…”.
Altre persone (notai, avvocati, assistenti sociali, psichiatri, giudici, amministratori vari) non hanno contratto “debiti” affettivi nei confronti di tua madre, tu invece ai suoi occhi si. Da te si aspetta il miracolo di stare meglio, visto che non riesce a stare meglio la colpa è tua. Ovviamente non si tratta di ragionamenti razionali, spero di essere riuscito sinteticamente a trasmetterti il mio pensiero (omissis)”. Non abbiamo il conforto di un’indagine metodologicamente inappuntabile, ma le intuizioni sopra riportate, unite ad altre testimonianze simili, ci sembrano condivisibili. Leggiamo quotidianamente titoli quali: rubò i soldi degli anziani – legale condannata – approfittò dell’incarico di amministratore di sostegno – 5 anni e 8 mesi per peculato e falso – deve restituire 159000 euro alle parti civili; Poste – soldi rubati agli anziani – al cassiere contestati 15 episodi. Viene spontaneo domandarsi dove si sono cacciati i figli di questi decani, o meglio dove è finito il tipo di famiglia che abbiamo conosciuto in anni ormai lontani. Come l’intera Carta, l’art. 29 della Costituzione è nato dal clima compromissorio dovuto alla necessità di armonizzare le idee delle diverse parti politiche presenti in seno all’Assemblea Costituente. Nel corso degli anni la dottrina giuridica si è frammentata nel definire la natura del nesso tra l’ordinamento familiare e quello statuale, scorgendolo, sia nel principio di sovranità, sia in quello di autonomia. Ci sono stati giuristi che riconoscevano alla famiglia il potere di fissare regole proprie e, contemporaneamente, ritenevano di limitare o meglio di escludere da essa l’intervento dello Stato. Con il trascorrere del tempo è prevalsa l’idea di considerare la famiglia come un istituto complesso, soggetto alla variabilità storica, con annessa relatività delle sue dinamiche, naturalmente influenzate dall’ambiente culturale e sociale. E’ così che siamo giunti alla famiglia odierna, quella dove spesso esiste poca coesione, dove l’invasività del fattore esterno è costante e molte volte anche dirompente. Ancora agli inizi degli anni Settanta del secolo scorso le famiglie soggette a pressioni e smembramenti erano quelle “proletarie”. C’erano ancora genitori che si rivolgevano a persone influenti (tra cui parroci, dame di carità, prelati e sindacalisti) per ottenere assistenza, identificata all’epoca con il ricovero dei figli in qualche collegio. Con la riforma del diritto di famiglia il legislatore diede molto spazio al giudice, il quale cominciò a “mettere sotto tutela” anche quella “borghese”. A quei tempi gli enti assistenziali garantivano la gratuità dei ricoveri.
Oggi l’internamento di un vecchio in una RSA (sono quasi tutte private), senza aggiungere l’altro giornalmente necessario, costa dai 2000 euro mensili in su. L’evoluzione dell’idea di famiglia, sostenuta dall’acculturazione voluta dalla classe egemone, ha visto l’approssimarsi di tante figure che, vuoi per una ragione, vuoi per un’altra, orbitano intorno ad essa. Lo spazio occupato, ope legis, dagli esperti, a detrimento dei componenti “più forti” della famiglia in difficoltà, molto spesso, impiegando strumentalmente denunce penali e consulenze di comodo, invocando i riti farlocchi della tutela di Stato, ha cancellato le reali tutele per i soggetti più fragili, come i figli minori, i vecchi ed i disabili. C’è lo psicologo, c’è la badante, c’è la sua sostituta per le ferie ed i permessi della titolare, c’è il notaio, c’è l’avvocato, c’è l’assistente sociale, c’è la comunità per bambini, c’è l’ospizio, c’è il giudice. Qui iniziano le note dolenti, anche perché dai cosiddetti “benpensanti” viene ritenuto disdicevole parlarne. Ci sono stati magistrati di cui oggi, ancor più di ieri, conserviamo gelosamente il ricordo. Ci sono quelli che dovrebbero avere uno scatto d’orgoglio e liberarsi da un pavido e disonorevole conformismo. Poi ci sono quelli istruiti da giuristi militanti, ci sono quelli che esercitano la giurisdizione come mero potere politico, ci sono quelli che vogliono il controllo dei colleghi non apertamente schierati, ci sono quelli formatasi alla scuola di coloro che intendono traghettare il Paese verso “strutture più moderne”.
Ci sono quelli corrotti da due potenti avvocati siciliani, quello di Avellino indagato per concussione, quelli del “caso Trani”, quello di Spoleto che mirava a fare soldi con i fallimenti, quella della sezione fallimentare del tribunale di Roma. Ci sono gli 84 magistrati “miracolati” e piazzati nei tribunali italiani dall’ex presidente dell’ANM. Ci sono i magistrati che, di solito in tandem con le assistenti sociali e con gli avvocati, operano in prossimità del nuovo business: quello della non autosufficienza. Le prestazioni assistenziali nel 2017 hanno prodotto una spesa di 23 miliardi. Si capisce che l’anziano curato ed assistito in casa da un figlio non movimenta soldi per avvocati, amministratori, servizi sociali e RSA. Secondo una ricerca di Pio De Gregorio, economista responsabile degli Industry Trends di Ubi Banca, nel 2035 gli anziani non autosufficienti in Italia saranno circa 560000, la domanda di posti letto nelle residenze sanitarie assistenziali (RSA) crescerà tra le 206000 e le 340000 unità, che richiederanno un investimento complessivo tra i 14,4 e i 23,8 miliardi. Qui non si parla più di rubacchiare 1000 euro di quà, 3000 euro di là, lucrare sulla vendita di un appartamento in un caso, di un terreno in un altro, far sparire orologi e gioielli da una casa, quadri ed argenteria da un’altra, gonfiare i costi di transazioni fatte per conto dell’amministrato. Date le prospettive illustrate dall’economista, lo smembramento della famiglia, con qualunque pretesto, diventa dunque un must.