Qualche anno fa il giornale la Repubblica ha aperto un interessante dibattito sull’esistenza del Patriarcato. A dirimere sulla questione sono stati chiamati da una parte il sociologo francese Emmanuel Todd, dall’altra la «femminista storica» Ida Dominijanni. Il sociologo era del parere che il Patriarcato non esiste: «il dominio dell’uomo sulla donna non è mai esistito. E non è assolutamente vero che più si va indietro nel tempo, più oppressione femminile si trova». Il sociologo si è mostrato molto critico con il neo-femminismo: «il femminismo della terza ondata, un femminismo antagonista che scatena oggi una guerra dei sessi senza senso. L’ideologia del “femminismo della terza ondata”, dominante nel dibattito pubblico, ha deformato la storia dei rapporti tra i sessi», ha sostenuto. «Come è possibile che le donne moderne possano identificarsi nella sorte toccata a circa 40mila donne sterminate, perlopiù nel mondo germanico, dalla furia maschile nel corso del XVI e del XVII secolo? Il malcontento femminile più che con il permanere di un certo predominio maschile, si spiega con l’accesso delle donne a tutti i problemi maschili, rancore di classe, sgomento, ansia riguardante il proprio destino e così via».
Infine, ha aggiunto: «Il femminismo della prima ora, quello dei diritti civili che nasceva dagli ambienti borghesi, difendeva tutte le donne. Altrettanto è accaduto con la seconda ondata della rivoluzione sessuale. La terza ondata del femminismo antagonista, invece, non difende tutte le donne, è un conflitto di classe tra le donne (e i loro coniugi) delle classi medie e uno strato di patri-dominio delle classi alte. L’ideologia di genere è un’ideologia tipica della piccola borghesia, nata dalle donne della classe media del mondo accademico che abbracciano con entusiasmo il concetto di intersezionalità. Il femminismo antagonista è un’ideologia nel senso più forte del termine, nel senso che non è vissuto: le classi che promuovevano la lotta contro il predominio maschile non lo subiscono». Del parere opposto Ida Dominijanni, per lei resta ancora tanto da fare: «la fine del patriarcato non è e non sarà una cosa da ridere». Secondo lei ci sono i contraccolpi regressivi della crisi del patriarcato, c’è la reazione violenta alla libertà femminile di una virilità detronizzata e depotenziata, che di fronte al no di una donna preferisce stuprarla o ucciderla piuttosto che accettarne il rifiuto. Insomma, c’è poco da ridere. L’argomento sul Patriarcato merita una nostra riflessione su diversi punti.
All’origine della falsificazione.
Innanzitutto sono dell’avviso che al giornale e agli interlocutori sfugge il cuore dell’argomento: non è stato conferito il giusto peso al concetto che Patriarcato possiede all’interno dell’ideologia femminista. Femminismo e Patriarcato sono le due facce della stessa moneta. Il femminismo è l’ideologia che sostiene l’esistenza del Patriarcato, il Patriarcato è l’idea che giustifica l’esistenza dell’ideologia e della lotta femminista. Tutt’e due si retroalimentano per poter esistere: senza il Patriarcato, un sistema sociale oppressivo a danno delle donne per mano degli uomini, non ha alcun senso né la lotta, né l’ideologia femminista; senza l’ideologia femminista il “concetto” di Patriarcato non sarebbe nemmeno esistito. Quindi, il dibattito non si limita a stabilire se il Patriarcato esista o meno, ma se l’ideologia femminista sia… tutta fuffa, una chiacchiera senza alcun fondamento obiettivo. Perciò, il dibattito in realtà mette in discussione non il Patriarcato, ma la fondatezza dell’ideologia femminista, solo che nessuno dei due interlocutori sembra riuscire a cogliere questo punto. Prima di iniziare il dibattito sarebbe stato opportuno da parte del giornale definire e spiegare da dove nasce il concetto di Patriarcato. Siccome la Repubblica non l’ha fatto, lo facciamo noi.
Secondo l’Encyclopedia of Feminism il Patriarcato è «la struttura politica universale che privilegia gli uomini a spese delle donne». Se il femminismo non è ritenuto una fonte autorevole possiamo adoperare l’ONU. Nello Studio approfondito su tutte le forme di violenza contro le donne (6 luglio 2006, paragrafi 69-73) è scritto: «Il patriarcato è la dominazione sistemica sulle donne da parte degli uomini, un sistema di subordinazione e di esclusione. Il patriarcato è universale al di là di nazioni, razze, culture, classi o religioni. Il patriarcato è radicato nelle norme sociali e culturali, istituzionalizzato nelle leggi e nelle strutture politiche, e incorporato nelle economie locali e globali. È diventato connaturale delle ideologie comuni e del discorso pubblico». Il termine di Patriarcato, così come lo descrive l’ONU e lo conosciamo noi oggi, nasce durante la seconda ondata femminista, per mano della femminista Kate Millett. Secondo Kate Millett il Patriarcato pervade tutto: penetra nelle divisioni di classe, nelle diverse società e nelle varie epoche storiche. Scrive, «…la nostra società, come tutte le altre civiltà storiche, è un patriarcato. Tale realtà appare subito evidente se si ricorda che le forze armate, l’industria, la tecnologia, le università, la scienza, le cariche politiche, e le finanze; in breve ogni accesso al potere nell’ambito della società, compresa la forza coercitiva della polizia, sono completamente nelle mani dei maschi».

L’usuale errore sul “femminismo buono”.
Poiché il termine è nato parecchio tempo dopo la nascita del movimento femminista, si potrebbe ipotizzare che l’interdipendente coesistenza tra questo concetto e l’ideologia non sussista. Sbagliato. Il fatto che un termine non sia stato coniato per definire un concetto non vuole dire che quel concetto, quella idea, non trovi dimora nei ragionamenti e nell’immaginario logico delle persone. «La storia del genere umano è una storia di ricorrenti offese e usurpazioni attuate dall’uomo nei confronti della donna, al diretto scopo di stabilire su di lei una tirannia assoluta. […] lui l’ha oppressa sotto ogni punto di vista», afferma la Declaration of Sentiments (1848) di Seneca Falls, testo fondativo del femminismo. Ecco dunque la stessa descrizione del Patriarcato, nella mente di quelle donne, prima ancora dell’esistenza del termine stesso. Il Patriarcato e il femminismo sono quindi concetti inscindibili, senza l’uno non ha senso l’altro, la teoria del Patriarcato è la teoria del femminismo. Mettere in discussione l’uno, come ha voluto fare la Repubblica, vuol dire mettere in discussione l’altro, e questa semplice verità sfugge tanto a Ida Dominijanni quanto, e più gravemente, al sociologo Emmanuel Todd. Se per Ida Dominijanni, come per qualsiasi femminista, è anche logica questa svista, lei crede fermamente tanto nell’esistenza del Patriarcato come nella fondatezza del femminismo, per il sociologo questa svista lo fa cadere in una contraddizione insanabile.
Emmanuel Todd nega l’esistenza del Patriarcato storico e attuale, critica aspramente il femminismo della terza ondata, il «femminismo antagonista», e fa una lucida analisi del motivo per il quale questo esiste, tutto pienamente condivisibile. Più tardi però sembra di scagionare i femminismi della prima e della seconda ondata, «che difendono tutte le donne», malgrado avesse prima affermato che «il dominio dell’uomo sulla donna non è mai esistito». Sembra così allinearsi con quelli che criticano il femminismo attuale ma giustificano quello storico, creando una netta distinzione tra un femminismo tossico, attuale, e un femminismo buono, storico. Se il dominio maschile non è mai esistito vuol dire che anche i postulati della prima e della seconda ondata erano tutti viziati e falsi. Se l’oppressione non esisteva, contro cosa inveivano le borghesi femministe della prima ondata e le studentesse universitarie della seconda? Questo malcontento femminile, potrebbe forse essere spiegato parimenti dal «rancore di classe, sgomento, ansia riguardante il proprio destino e così via», ipotizzato dal sociologo per il malcontento della terza ondata? L’ideologia femminista è una teoria onnicomprensiva, una cosmovisione, che crea una dicotomia tra vittime oppresse (tutte le donne) e privilegiati oppressori (tutti gli uomini). Questo movimento quindi è necessariamente sempre antagonista, anche quelli della prima e della seconda ondata, non solo quello della terza, perché costruisce per forza un antagonismo tra donne e uomini, vittime e carnefici. Il fatto che certe battaglie combattute dal femminismo su certi punti specifici possano essere state talvolta giuste, così come altre combattute da altre ideologie, come il nazismo, il fascismo o il comunismo, non le esonera da un giudizio complessivo sulla totalità dell’ideologia e sulle nefaste conseguenze.

Analisi di una falsificazione.
L’inquinamento ideologico femminista, bombardamento al quale purtroppo tutti noi siamo continuamente sottoposti, viene a galla nel sociologo quando parla della caccia alla stregoneria. Emmanuel Todd giustamente si chiede come mai «le donne moderne possano identificarsi nella sorte toccata a circa 40mila donne sterminate, perlopiù nel mondo germanico, dalla furia maschile». Fa bene il sociologo a evidenziare che le vittime erano «circa 40mila donne», dove altre fonti femministe avevano ipotizzato addirittura milioni di vittime – magari sarebbe stato auspicabile menzionare anche i circa 10mila uomini anche loro sterminati nella stessa caccia alla stregoneria. Quello che mi turba è la conclusione, «sterminate dalla furia maschile», avallando così la tesi del Patriarcato e allineandosi con la narrazione femminista, come se le donne contemporanee fossero state estranee e non avessero partecipato attivamente, non fossero accorse numerose tra il pubblico nelle folle che si radunavano per godere degli spettacoli organizzati nelle piazze pubbliche oppure non avessero attivamente denunciato le innocenti vittime (più di un terzo delle denunce circa sarebbero da attribuire al mondo femminile). La «furia» non era “maschile” (femminismo), era “umana” (realtà). La teoria del Patriarcato è una teoria falsa, tendenziosa, piena di lacune e fa a pugni con la realtà. Su queste pagine abbiamo contestato in numerose occasioni la sua l’esistenza e continueremo a farlo nei prossimi interventi riportando ulteriori esempi storici. Il Patriarcato, «la struttura politica universale che privilegia gli uomini a spese delle donne», così come ipotizzato dalla teoria femminista, non è mai esistito.