Nel luglio del 2024 si è tenuto un convegno al quale parteciparono diversi soggetti, tra cui un magistrato che è tra gli autori del libro bianco presentato di recente dal Dipartimento Pari Opportunità presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, nonché tra le ispiratrici dell’attuale DDL sul reato di femminicidio. Seguii quel convegno (che valeva come credito formativo per avvocati e giornalisti) e la gravità e l’enormità delle affermazioni prodotte mi spinsero alla preparazione di una risposta su cui ho lavorato a lungo e che la pubblicazione del libro bianco, per l’appunto, insieme alla presentazione del DDL “femminicidio”, mi hanno spinto a terminare e rendere pubblico. Potete scaricarlo o leggerlo QUI. “L’odio di un magistrato contro gli uomini” incorpora in una prima parte un articolo del 2020 di Fabio Nestola e, nella seconda parte e nel finale, ampie sezioni di uno scritto di Marino Badiale, sempre del 2020. La trattazione esaustiva di quanto esposto in quel convegno, poi nel libro bianco della Roccella/Travaglini e quindi del DDL sul femminicidio meriterebbe una spazio molto più ampio. Si tratta tuttavia di riflessioni che in questa pagine e altrove sono già state presentate più volte, quindi chiunque potrà approfondire i temi e punti di proprio interesse anche semplicemente sfogliando gli articoli che negli anni sono stati qui pubblicati.
Nella parte finale della mia riflessione verrà avanzata la tesi, centrale come importanza nell’economia del testo, che nei fatti recenti è possibile ravvisare un tentativo di negazione di principi fondamentali per le democrazie Occidentali, quali la libertà di pensiero e di parola, l’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, la presunzione di innocenza. Queste tendenze sono in atto da diversi anni e infatti in queste pagine e altrove se ne era già parlato, prefigurando amaramente ciò a cui stiamo assistendo in questi giorni. Esse esprimono l’incapacità delle élite di far fronte alle crisi dell’attuale sistema economico e sociale: impoverimento e marginalizzazione dei ceti inferiori, scomparsa del ceto medio (una parte minoritaria del quale riesce però a salire ai piani superiori della gerarchia sociale), distruzione del legame sociale. Poiché il disagio sociale comincia a tradursi in proteste crescenti da parte dei ceti inferiori, la strategia messa in atto per contenerlo è quella della delegittimazione. Chi non condivide gli attuali strumenti di legittimazione ideologica delle élite dominanti (femminismo, politicamente corretto) è un essere inferiore sul quale può essere rigettata ogni negatività e che può essere privato di alcuni dei suoi diritti fondamentali (attraverso lo stesso meccanismo per cui il nativo non veniva riconosciuto come essere umano allo stesso livello del colonizzatore, e questo permise infatti di non applicare al nativo stesso quegli diritti umani che pure sono una delle fondamentali conquiste della civiltà occidentale). Gli interessi delle varie lobby (lobby femministe e lobby della magistratura, in questo caso) si intrecciano così con la dinamica strutturale della nostra organizzazione sociale, che ne costituisce il fondamento.

Violazioni inaccettabili.
Uno degli sbocchi possibili di tali dinamiche potrebbe essere una “dittatura femminista”, a livello probabilmente continentale, che mantenga per quanto possibile le caratteristiche del capitalismo attuale operando una intrusione via via crescente nelle vite private, resa necessaria dall’emergere di problemi sempre più ingestibili a livello ecologico ed economico: privare un sempre maggiore numero di persone della propria libertà, pur di conservare l’attuale sistema e rimanerne ai vertici (come i magistrati che hanno ispirato questo DDL). Ma, parafrasando le riflessioni di Badiale, non durerà: questo “Leviatano femminista” sarà comunque una realtà instabile, perché l’acuirsi della crisi renderà impossibile mantenere un’organizzazione sociale ed economica di tipo neocapitalistico e senza le tutele di stampo socialdemocratico-keynesiano.
«Nel corso della crisi generale del nostro mondo l’umanità, o quel che ne resterà, si inventerà qualche nuova forma di organizzazione sociale ed economica. Non possiamo saperne nulla, ovviamente. Si tratterà sicuramente di un mondo in cui gli esseri umani dovranno accettare serie restrizioni sul piano dei beni materiali, e vivranno quindi una vita molto più frugale di quella cui ci siamo abituati. Non possiamo escludere però che questo mondo sappia conservare alcune delle grandi conquiste dell’attuale civiltà, e riteniamo nostro dovere tentare di trasmetterle al futuro. Fra queste, la libertà di pensiero e di parola, l’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, la presunzione di innocenza, ci sembrano fondamentali. Occorre quindi lottare con fermezza contro le tendenze, che abbiamo individuato in questo scritto, alla negazione di tali principi. Tutte le leggi che prefigurano reati di opinione, tutte le “commissioni sul femminicidio, dell’odio o della violenza di genere”, tutte le pretese femministe di colpevolezza automatica di un uomo accusato da una donna, devono essere combattute come gravi violazioni dei principi fondamentali della nostra civiltà, quei principi che oggi vengono lentamente erosi e che dobbiamo invece preservare integri per consegnarli al futuro».