Sono durate a lungo le polemiche sanremesi legate soprattutto agli eccessi fluid a cui si sono abbandonati in molti. Tra le tante reazioni, quella a nostro avviso più degna di nota è stata prodotta dalla giornalista femminista radicale Marina Terragni, che su “Il Giornale” non usa mezzi termini per definire il comportamento di Fedez: “volgare e irrispettoso verso la moglie. Le critiche di Terragni sono significative per le stridenti contraddizioni che contengono, da un lato, ma anche per la caparbia pulsione a incolpare e additare il maschile, anche in un contesto dove di maschile non c’è neppure l’ombra. Vediamo le sue argomentazioni principali (di seguito in corsivo).
“Il coito anale è stato di una volgarità assoluta e mi è sembrato peggio del bacio in sé”. Ma pensa, la celebre femminista conferma quello che sto scrivendo da quattro giorni! Finalmente una che ammette di aver visto anche l’amplesso mimato, tutti gli altri erano distratti e curiosamente hanno visto solo il bacio… “È stato un comportamento maschile, becero e molto irriguardoso nei confronti di sua moglie. Non è stato affatto un “comportamento maschile“ (ma guarda te se devo prendere le difese di Fedez), è stato un atto ostentatamente celebrativo della fluidità. Comportamento chiaramente, ovviamente e sfacciatamente agito da uno e subito dall’altro.
Tutti parlano solo del bacio…
Era concordato che Rosa andasse a prendere Fedez seduto in platea e lo portasse sul palco per baciarlo, non era affatto previsto che prima mimasse, col biondino bloccato sulla sedia, il coito anale. Cosa c’è di macho in quanto accaduto lo sa solo la Terragni. Fedez non aveva via d’uscita: se, preso alla sprovvista dall’iniziativa hard di Rosa, lo avesse ribaltato a spintoni sarebbe stato il maschio violento ed omofobo; stigma terrificante per chi vive di followers. Non ha potuto reagire spingendolo via ed ha subito facendo buon viso a cattivo gioco, beccandosi pure la reprimenda di Lady Chiara che lo ha bacchettato in galassiavisione. Ma tutto questo per la Terragni è un “comportamento maschile becero”, visto che pare brutto individuare nel tizio gender fluid la responsabilità di quanto accaduto. Accanirsi contro il maschile è una missione, bisogna portarla avanti contro ogni evidenza.
“Mi sono chiesta che cosa sarebbe successo se fosse stata una scena di coito mimato eterosessuale. Probabilmente si sarebbe scatenato l’inferno. In questo caso, invece, non è successo perché ha prevalso la paura di essere qualificati come omofobi”. Ecco, è esattamente la paura di essere qualificata come omofoba che spinge a negare l’evidenza, parlando di “comportamento becero” che, ovviamente, può essere solo maschile. “Non ho apprezzato i monologhi femminili perché registro una propensione al vittimismo che hanno espresso sia le Egonu sia la Ferragni, piagnucolosa parlando di lei bambina e, infine, la Francini piagnucolosa sul fatto che lei non ha avuto figli”. Beh, dov’è la novità? Da almeno 30 anni il piagnucolio vittimista è la cifra costante del femminismo.
Vittimismo d’ordinanza.
La donna è vittima, è oppressa, è discriminata, è fragile e indifesa, il patriarcato le sbarra la strada quindi deve usufruire delle quote rosa in politica e nel lavoro, deve avere corsie preferenziali negli ospedali, nelle università e nei tribunali, deve avere incentivi a fondo perduto per l’imprenditoria femminile, deve essere mantenuta dal marito quando si separa, deve avere l’avvocato gratis quando denuncia, deve andare in pensione prima dell’uomo nonostante abbia aspettative di vita superiori, se delinque non deve andare in galera perché “il carcere non è adatto alle donne” (si, e stato detto anche questo: giudice di sorveglianza Vincenzo Semeraro su la Repubblica, 10 agosto 2022). Vi sono diversi altri vantaggi, economici e non, tarati sulla beneficiaria inquantodonna. E tutti ottenuti grazie ad un ossessivo lamentificio in servizio permanente effettivo, h24 a reti unificate. Oggi la Terragni scopre la propensione al vittimismo? Buongiorno, bene svegliata!
“Questa tendenza al pianto non fa che ribadire un ruolo femminile, insomma della vittima, mentre le donne sono fortissime. Sono capaci di una forza micidiale, ogni uomo lo sa”. Esatto, la donna non è una minus habens; proprio per questo risulta visibilmente stridente la gigantesca contraddizione sulla quale è fondato il femminismo vittimista: sono forte, libera, indipendente, realizzata, autonoma ed emancipata però, a seconda della convenienza del momento, posso diventare l’esatto opposto, ossia fragile, debole, indifesa, bisognosa di protezione, mantenimento, tutele personalizzate, corsie preferenziali, finanziamenti dedicati, ecc.
Quote rosa anche a Sanremo?
“Non mi è piaciuto nemmeno l’intervento della ragazza iraniana e di Drusilla perché si è voluto mettere le donne insieme alle minoranze perseguitate, lasciando così intendere che anche le donne sono una minoranza. Questo è un disastro perché le donne sono la maggioranza del genere umano e non una delle tante minoranze come si voleva affermare col ddl Zan”. Ecco, poi dicono che il DDL anti omofobia è stato affossato da quei cattivoni di Salvini & Co. Gli oppositori più feroci il progressista Zan li aveva in casa. Ne abbiamo già parlato qui. “Genderfluid o no, erano tutti maschi. Credo che, in futuro, si dovrà dire che le donne non possono essere quelle che leggono i cartoncini e mettono i vestitini”. Non è vero nulla, né che fossero tutti maschi, né che il ruolo delle donne fosse limitato a leggere i cartoncini. Hanno avuto le stesse opportunità di mettersi in mostra Elodie o Madame, Levante o Giorgia e tutte le altre.
Poteva votare chiunque, uomini e donne, qualcuno lo spieghi alla Terragni; quindi non è colpa dell’oppressione maschilista se le italiane e gli italiani hanno preferito Mengoni a Paola e Chiara. In un Paese moderno ogni diligente abbonato RAI avrebbe dovuto votare due nomi, una donna e un gender fluid (che i medievali maschi bianchi etero si fottano, oh), altrimenti il voto viene annullato. Invece siamo in Italia – patria indiscussa della cultura patriarcale – e ancora, purtroppo, votare una donna non è obbligatorio. Quindi milioni di italianƏ, tutte e tutti, preferivano in realtà Elodie ma per fare un dispetto all’intero universo femminile hanno votato compatti un podio maschile. Stesso discorso per i premi “accessori”, definiamoli così: Premio della Critica, Premio della sala stampa e Premio dell’orchestra non sono andati ad una donna. Io avrei votato la Vanoni, ma a Sanremo non mi chiamano perché la Valente dice che sono maschilista. Quanto a “leggere i cartoncini” va detto che tutti i messaggi sociali, ma proprio tutti, sono rimasti saldamente in mano a personaggi femminili. Come in passato Palombelli, Littizzetto, Cortellesi e Rula Jebreal, a lanciare messaggi impegnati e politically correct dal palco dell’Ariston si sono alternate le opinioniste Paola Egonu, Francesca Fagnani, Pegah e Chiara Francini ma soprattutto lei, la Star per antonomasia: Chiara “Instagram” Ferragni. Se poi ha floppato perché non è capace di brillare fuori dal web, la colpa è sicuramente del patriarcato.