Senza che il pubblico più ampio se ne accorgesse, siamo giunti a un punto di estrema tensione nel percorso conflittuale promossa da decenni dalla narrativa dominante schierata per la distruzione della figura maschile. Ed è un punto importante perché mentre innesca contraddizioni irredimibili, inizia ad avere anche un drammatico impatto concreto nella realtà delle cose. Proprio quella che la narrazione ha nascosto da tempo sotto una coltre di concetti e idee talmente assurde da non essere buone nemmeno per una fiction distopica. Si è giunti dunque al parossismo dove per la tradizionale “Festa del Papà”, come abbiamo raccontato, si organizzano eventi e incontri pubblici con tanto di testimonial per dire che i papà sono brutti, cattivi e violenti. Quando un potere si estende anche su queste cose ed esibisce di potersi appropriare, per sovvertirle, anche di ricorrenze simboliche, vuol dire che il parossismo è vicinissimo.
Ma non c’è soltanto quello. Netflix si sta mandando in onda una serie intitolata “Adolescence” che dice di ispirarsi a eventi reali. Una storia di bullismo e violenza che trova il suo centro in quella che viene chiamata “manosfera” (in italiano traducibile come “uomosfera” o “sfera maschile”). Nella serie è un luogo virtuale in cui i protagonisti, tutti di sesso maschile, trovano rifugio e supporto, ma che allo stesso tempo alimenta comportamenti tossici e misogini, o più genericamente antisociali. Un’interpretazione che prende le mosse dal modo con cui la “manosfera”, quella realmente esistente, viene letta e interpretata dai portabandiera della narrazione unificata orientata alla criminalizzazione del maschile. Se non che la “Manosfera” è in realtà qualcosa di diverso, di molto più articolato e complesso e di molto più pulito, almeno nel suo cuore pulsante: è un’area maschile di condivisione dove uomini di tutte le età confrontano e misurano se stessi e le aree di svantaggio che affrontano ogni giorno, sempre analizzando il reale e talvolta anche cercando di trovare qualche possibile soluzione. Ma vallo a spiegare a Netflix, che letteralmente vive della mistificazione indotta dalla narrativa dominante.
Crozza dileggia i deliri guerrafondai di Umberto Galimberti
Servono guerrieri!
Come se non bastasse, a integrazione del tutto c’è anche la diffusione di un nuovo gioco da tavolo chiamato “Pink”, pensato per abbattere il patriarcato. Sì, avete letto bene. Parrebbe un misto tra il gioco dell’oca e il Monopoli, che qualche attivista ha inventato per affermare e confermare l’esistenza del patriarcato, far immedesimare i giocatori nelle numerose aree di svantaggio che ciò comporta per le donne, con tutte le contromisure necessarie a superare questo sistema iniquo. Il gioco contiene tutti i memi femministi, nessuno escluso: i fischi per la strada, il body-shaming, il gender pay-gap e tutta quella serie di puttanate sesquipedali di cui il femminismo si nutre e che da decenni fa ingoiare a forza a tutti. Obiettivo del gioco, come nei film “woke”, è quello non di intrattenere i partecipanti, ma di educarli, catechizzarli, caricando d’odio le femmine e facendo sentire in colpa i maschi che eventualmente ci giocano. Un Monopoli per un contesto adatto a George Orwell, insomma.
Tutto si tiene, ben collegato da un filo comune, ossia la criminalizzazione e mostrificazione della figura maschile, la messa all’indice della sua caratteristica biologica peculiare: la forza e l’uso opportunista che l’uomo ne può fare tramite la violenza. Tutto bello, tutto molto femminista, ma… cosa accade ora che in molti in Europa ritengono che ci si debba armare fino ai denti per difenderci dall’aggressione della Russia e degli Stati Uniti, questi ultimi non più amici né alleati da quando c’è Donald Trump? Accade che “intellettuali” di vario genere si mettono a parlare e a scrivere sui mass-media usando espressioni che sarebbero suonate bene sulle labbra del Mussolini interventista del 1914. Umberto Galimberti su La7: “con la pace si diventa migliori, ma si diventa anche imbelli. La pace intorpidisce anche la dimensione guerriera, intesa in senso nobile”. Antonio Scurati su Repubblica: “il vero problema dell’Europa è la mancanza di guerrieri, la svanita combattività dei popoli. L’Europa deve trovare lo spirito combattivo e il senso della lotta”. E che non si tratti di esternazioni di gente che straparla, ma una strategia comunicativa europea coordinata, lo dimostra anche questa agghiacciante copertina dell’ultimo numero del periodico tedesco “Die Stern”, con il titolo: “Andresti a combattere per la Germania? Nessuno di noi vuole la guerra, ma dobbiamo prepararci adesso”.
Per morire gli uomini vanno bene.
Non è importante come la si pensi rispetto alla situazione geopolitica internazionale: può essere che abbiano ragione Galimberti, Scurati, “Die Stern” e i tanti altri che si allineano a questa retorica bellicista. Può darsi invece che abbiano ragione i pacifisti disposti ad accettare una figura molto sopra le righe come Trump e un autocrate come Putin, pur di evitare un conflitto armato che, come effetto collaterale, impoverisca tutti e smantelli quel poco di stato sociale rimasto. Non è questo il punto, non è ciò che ci interessa. Chi delle due parti avrà avuto ragione lo potranno dire soltanto i nostri pronipoti, sempre se in allora il pianeta terra risulterà ancora abitabile per loro e non una landa deserta e radioattiva. A noi interessa capire a chi è rivolta tutta quella smania guerriera, combattiva e bellicista, ai tanto odiati uomini o alle donne vittime dell’oppressione patriarcale? La risposta sta nel fatto che una delle tre forze armate italiane, non possiamo dire quale, sta attualmente mobilitando i suoi riservisti. Lo sapevate? No, non lo sa nessuno, eppure è così. Abbiamo visto con i nostri occhi ben ben cinque “cartoline” di convocazione.
I “riservisti” sono persone che in passato si sono rese disponibili a essere richiamate dalla Difesa in caso di necessità e che la relativa amministrazione ha accettato nei propri elenchi alla luce di loro particolari competenze. Ebbene, sappiate che costoro sono in fase di richiamo: fior di professionisti tempo fa resisi disponibili come riservisti e oggi affaccendati nelle loro attività, si stanno trovando mobilitati dalle Forze Armate italiane. E i riservisti in genere si mobilitano quando ci si prepara a una guerra. è angoscioso sapere che il proprio paese sta facendo i primi passi verso una mobilitazione militare, le domande si ammucchiano subito nella mente: che intendono fare? Ci sarà una guerra? Richiameranno i nostri figli e li manderanno in trincea? Ce le facciamo anche noi. Ma visto che i riservisti sono tutti uomini, non possiamo non aggiungerne un’altra: adesso quei soggetti orribili chiamati uomini vengono bene? Ora che potrebbe esserci da uccidere e soprattutto da morire, tornano utili, vero? E in questa domanda deflagra tutta la contraddizione dei parossismi femministi raccontati all’inizio, ma soprattutto una conseguenza sempre più grave e molto reale su tutti gli uomini, specialmente sui giovani. Che fin da ora sollecitiamo a scegliere la renitenza, non tanto per pacifismo, ma perché non si può sputare per decenni sulla metà del genere umano e poi pensare che vada a farsi ammazzare senza battere ciglio.