Talvolta è quasi commovente vedere quali e quanti sforzi si faccia per dare al Paese un quadro distorto e allarmistico di taluni fenomeni che colpirebbero le donne su proporzioni spaventevoli. Nessuno è immune da questo impegno: fa tenerezza l’ISTAT che s’incarta nelle sue stesse falsificazioni (come qui e qui), mentre indignano le manipolazioni di soggetti interessati come il 1522 o i centri antiviolenza. Riesce invece ancora a stupire la Polizia di Stato: non tanto per il suo ormai pressoché totale asservimento al dettato vittimista femminista, diventato definitivo a partire dal 2018 (dopo che si azzardò a minimizzare il numero dei “femminicidi”), ma per il modo compassato con cui lo esercita nel momento in cui diffonde dati, numeri e statistiche. Ecco dunque che da inizio maggio il sito del Viminale ospita questa pagina, intitolata emblematicamente “Violenza di genere e omicidi volontari con vittime donne”. Non ci si sbaglia, il messaggio è chiaro: tutti gli altri tipi di omicidi non vale la pena monitorarli, quelli volontari con vittime donne sì. Ci sarà pure un motivo. Be’, l’aspettativa ovvia è che si tratti di un fenomeno talmente dilagante, e dunque talmente grave, da meritare una sezione statistica apposita, per di più aggiornata settimanalmente. Bene, non resta che verificare, scaricando il report più aggiornato, quello della settimana scorsa.
L’editing lascia a desiderare, ma il messaggio è chiaro fin dalla copertina, dove un disegnino mostra soltanto volti femminili. Dopo una generica introduzione, si passa ai numeri veri e propri. E dunque dal 01/01/2021: omicidi commessi 95, vittime donne 38, cioè il 40%. Di quel 60% di vittime maschili ovviamente non vale la pena occuparsi, sebbene siano la maggioranza. Delle 38 donne, 34 sono state uccise in ambito familiare, e tra queste 25 dal partner o ex partner. Questi ultimi sono “femminicidi”? Non si sa: non è fornito l’elenco dei casi, quindi è impossibile capire se l’omicida ha ucciso la vittima “in quanto donna”, qualunque cosa bislacca significhi questa dicitura, o se per altri motivi. Anche ipotizzando che siano tutti “femminicidi” (cosa comunque improbabile), in ogni caso siamo a distanza doppia dal noto slogan “un femminicidio ogni tre giorni”. Si può già mettere dunque un primo punto fermo: il Viminale impegna risorse per registrare una casistica che in 143 giorni ha colpito 38 individui di sesso femminile. Il tasso più basso d’Europa, se non del mondo. Continua insomma a mancare una giustificazione per un monitoraggio così serrato. Non resta che pensare sia dovuto a una crescita importante del fenomeno nel corso del tempo. Bene, verifichiamo.
Si tratta di numeri miracolosi.
Niente, anche qui non ci siamo. Con tono compassato il report della Polizia ci notifica che gli omicidi in generale sono tutti un po’ calati quest’anno rispetto all’anno scorso (-8%). Tra questi, gli omicidi con vittime femminili sono crollati (-24%), quelli con vittima femminile e autore partner o ex partner pure (-14%). In sostanza già così, con grande disinvoltura, il report smentisce la necessità della sua stessa esistenza. C’è però ancora un aspetto da capire: magari il trend al ribasso è solo di quest’anno. Sarebbe strano essendo stato il 2020 un anno di quasi totale lockdown, ma hai visto mai che in prospettiva più lunga siamo davanti a un fenomeno altalenante e dunque degno di essere monitorato? Il report risponde bene anche a questo dubbio, di nuovo firmando un’autocertificazione di totale inutilità. E lo fa con una tabella che più chiara di così proprio non si può:
Le verità sussurrate e quelle nascoste.
La si giri come si vuole ma, per fortuna, il fenomeno dell’omicidio di donne è in graduale scomparsa. Lo è da decenni in realtà, niente di nuovo, ma qui il regresso è evidente a sufficienza per stroncare in un colpo tutta la retorica vittimistica dilagante e tutto l’allarmismo diffuso dai media. E qui non si tratta di dati desunti dalle opinioni delle donne, come auspica incredibilmente di fare l’ISTAT per misurare la violenza di genere. Qui sono dati, fatti, presi dalla banca dati della Polizia. Sono, ahimè, cadaveri contabili uno ad uno. Per questo, sebbene anche una sola persona morta ammazzata sia troppo, occorre avere il cinismo necessario per guardare ai fenomeni di massa in modo oggettivo. E allora non si può non osservare che si tratta di numeri miracolosi. In un paese dove 30 milioni di donne autoctone entrano in relazione con 30 milioni di uomini autoctoni, più almeno altri 6 milioni di uomini e donne di altra nazionalità, avere valori a sole due cifre per misurare gli omicidi di uomini e donne è a tutti gli effetti un miracolo. Chi non ci crede vada a darsi un’occhiata ai tassi omicidiari di paesi come Stati Uniti o Russia, o di altri più simili all’Italia come Germania, Spagna o Gran Bretagna.
Chi scava, trova. E chi trova lo sa: nel nostro paese ci sono alcune verità sussurrate e altre del tutto nascoste, mentre dietro ai megafoni si gridano gigantesche bugie. Una verità sussurrata è quella presente in questi report della Polizia, che verranno presto interrotti quando il femminismo suprematista si accorgerà con quanta forza essi smentiscano i loro totem ideologici. È una verità scomoda secondo cui no, non c’è in atto alcuna mattanza, genocidio, olocausto di donne in Italia. Anzi tutto all’opposto. Una verità nascosta è invece che, da anni, da sempre, il maggior numero di vittime di omicidio nel nostro paese è di sesso maschile, con autori indifferentemente uomini e donne e per i più svariati moventi, che però non vengono esaminati. Usualmente chi è più vittima meriterebbe più protezione. Ma la logica che va per la maggiore, e che ispira (anche se con scarsissimo successo) pure questi report del Viminale, è che trattandosi di uomini, non è concepibile certificare uno status di vittima. Oggi il messaggio da far passare è che essere maschio significa essere sempre colpevole, artefice di delitto, aguzzino. È questa grande bugia che viene gridata ai megafoni, a dispetto dei dati e a dispetto della realtà. E non è un caso che di questi report settimanale nessun media mainstream ha mai parlato né parlerà mai.