La Fionda

Le lobby e i meccanismi dietro alla lobby LGBTQI+

Come abbiamo argomentato altrove, uno dei principali motori dell’ideologia gender in prima istanza è stata l’accademia, da dove poi è filtrata in alto, nei discorsi dei legislatori sovranazionali, e in basso, nelle scuole e nelle università di tutto il mondo “occidentale”. Altro motore importante sono i social media, che diventano fondamentali per diffondere, specie tra i più giovani, modelli e linguaggi direttamente influenzati dagli obiettivi dell’ideologia. Ma il motore fondamentale, e allo stesso tempo il meno visibile da parte del grande pubblico, di questa operazione in atto è la pressione ideologica esercitata da grandi gruppi finanziari sugli attori principali del mercato, lobby che hanno il fine di forzare l’adozione di regolamenti interni, politiche, e decisioni in merito ai prodotti e alle campagne promozionali, allineati all’ideologia gender. Sul sito di Rothschild & Co., la potentissima istituzione bancaria notoriamente legata con più nodi alle élites finanziarie e politiche, troviamo la dichiarazione del 15 marzo 2022 Business with humanity: proxy voting, ossia Fare affari in modo umano: il voto per delega (“com’è umano, lei…”) che si apre con il racconto di un esempio lampante di come questo meccanismo operi in pratica, ma anche, parallelamente, di come sia considerato importante il livello simbolico, che “parla” al grande pubblico: «Nel marzo 2017 State Street Global Advisors, uno dei maggiori gestori di investimenti al mondo, pose l’opera The Fearless Girl, la statua di una ragazza impavida in posa di sfida, di fronte al toro di Wall Street a Manhattan. All’inaugurazione dell’opera, State Street affermò che la propria politica di voto per delega sarebbe stata modificata: da quel momento in poi, se necessario, avrebbe negato il proprio voto nel caso di nomine di commissioni di governance nel caso in cui non vi fossero incluse delle donne».

Un vero e proprio ricatto, insomma – ma a fini umanitari. Rothschild & Co. prosegue così: «Un numero sempre maggiore di investitori ha a cuore l’impatto delle proprie azioni sui fattori ambientali, sociali e normativi (ESG). Ciò si è concretizzato in un numero senza precedenti di istanze ambientali e sociali discusse e votate nella stagione di proxy voting del 2021 … Questa crescita è destinata a continuare, e dev’essere analizzata nel contesto dei mutamenti concorrenti nel mondo della finanza, tra cui un numero sempre crescente di istanze sociali e ambientaliste di cui le compagnie devono tenere conto». Segue un altro esempio concreto, ossia viene descritto, con soddisfazione, come Rotschild & Co. abbia contribuito a fare pressione su Apple affinché si allineasse al diktat woke: «R.&Co. ha deciso di votare contro la proposta in corso di retribuzione dei dirigenti, per preoccupazioni legate alla struttura e al peso del premio di uguaglianza (equity award) riconosciuto. A livello amministrativo la nostra banca ha votato contro alcuni soggetti, affinché venisse mantenuto un determinato livello di diversità tra gli amministratori. … La nostra banca ha votato a favore di altre proposte orientate in tal senso come l’attuazione di un monitoraggio sul gap retributivo di genere/di razza e di un’inchiesta sul rispetto dei diritti civili all’interno della compagnia».

ESG
Uno schema illustrativo-propagandistico della strategia ESG.

 

Dichiarazioni su questa linea sono avanzate da tutti gli assets manager al giorno d’oggi, si veda ad esempio la pagina di BlackRock (“casa” di Larry Fink, uno dei principali promotori della politica ESG) dove sono spiegati gli obiettivi di sostenibilità economica e sociale. Ma, come abbiamo visto, una delle principali critiche alla politica ESG è che manchino dei criteri chiari, uniformi, condivisi e empiricamente misurabili di tale “impegno sociale”, il che finisce per consentire una ampia discrezionalità su come poi queste intenzioni si applichino in concreto. A dare una fisionomia ai criteri di valutazione ESG ci pensano enti di servizi o no-profit, con i loro report in cui a fianco all’enunciazione dei metri seguiti si trovano elenchi di giudizi effettuati. Un esempio importante è la società di servizi finanziari Morningstar, con sede a Chicago ma presente in molti paesi tra cui anche l’Italia, che elabora una valutazione del “rischio ESG” delle compagnie con una scala che va da 1 a 5. Per capire di che si parla basta fare un giro sulla pagina di Morningstar dedicata agli “investimenti sostenibili” dove si trovano articoli come Venture capital: le donne attraggono meno capitali degli uomini (ma più che in passato), Perché le donne continuano a guadagnare meno degli uomini («Nei ruoli di vertice guadagnano mediamente 82 centesimi ogni dollaro incassato da un uomo. E il gap retributivo è più ampio se si escludono le poche amministratrici delegate con stipendi stellari»), Affrontare il pregiudizio contro la comunità LGBTQ+. Come i consulenti finanziari possono essere buoni alleati della popolazione LGBTQ+, Statistiche chiave sul reddito e il benessere della popolazione LGBTQ+: Meno case di proprietà e maggiore povertà, specialmente per le persone transgender e le persone LGBTQ+ di colore.

Una delle lobbies più influenti nel campo delle valutazioni ESG ad uso delle grandi corporazioni finanziarie pubblica annualmente il proprio report CEI (Corporate Equality Index) che «misura gli ambienti di lavoro sulla base dell’inclusione delle persone lesbiche, gay, bisessuali, transgender e queer». Tra i criteri indicati per aumentare il punteggio sono inclusi: la presenza esplicita di una politica di non-discriminazione che riguardi sia l’orientamento sessuale sia l’“identità di genere”; la garanzia di copertura sanitaria sia per il dipendente che per il proprio coniuge o partner, nella quale sia inclusa la copertura delle spese per le operazioni di “affermazione del genere” per le persone “transgender”; sforzi proattivi (almeno tre) per supportare la “diversità LGBTQ+” a livello organizzativo, tra cui ad esempio: linee-guida per la “transizione di genere”, monitoraggi della “diversità” tramite “programmi di auto-identificazione”, e aggiornamenti formativi sulla “diversità” da offrire a dipendenti e managers. Nell’ultimo report pubblicato da questa organizzazione, Best Workplaces to Work for LGBTQ+ Equality 2022, sono segnalate 842 compagnie tra le quasi 1300 esaminate per aver raggiunto il massimo punteggio, 100 punti, sulla scala di valutazione adottata: tra queste compagnie figurano ad esempio Adidas, Amazon, Apple, Bayer, la stessa BlackRock (c’erano dubbi?), The Coca-Cola Co., Ebay, Gamestop, Johnson&Johnson, L’Oréal e via dicendo. L’importanza crescente di sfoggiare un punteggio alto è testimoniata dal fatto che il numero di compagnie a raggiungere il punteggio massimo su questa scala è cresciuto da 13 nel 2002 a oltre 600 nel 2020. Indovinate qual è l’ente di cui stiamo parlando? La Human Rights Foundation: proprio la stessa che qualche giorno fa ha dichiarato “stato di emergenza per le persone LGBTQ+” negli USA, attuando così una precisa pressione politica. Il cerchio è chiuso.

Corporate equality index
Il “bollino” del Corporate Equality Index.

Esiste una risposta critica.

Ma, se interessi così ramificati e potenti spingono per l’ideologia gender, ci si potrà chiedere se rimanga uno spazio di reazione: la risposta è sì, se è vero che la consapevolezza sulla politica ESG sta crescendo nel grande pubblico e parallelamente sta generando una forte risposta critica nel mondo della politica e degli stessi investitori, che accusano i gestori dei fondi di scarsa trasparenza nell’impiegare il voto per delega e di perseguire finalità distinte dall’interesse degli investitori. Ad esempio Ron De Santis, governatore della Florida, ha annunciato una legge anti-ESG; e stanno nascendo reti di investimento alternative come quella fondata da Vivek Ramaswamy, autore del libro Woke Inc., incentrato proprio sulla problematica qui discussa. Parallelamente stanno crescendo proposte commerciali, sia nel campo del mercato che dell’intrattenimento, costruite da e per quella parte di popolazione che si oppone a questa deriva, facendo leva sulle potenzialità fornite dal web. Una sintesi efficace è proposta in Unwoke Inc., breve documentario disponibile gratuitamente su PragerU, un network no-profit di controinformazione woke critical. Nel suo piccolo, La Fionda continuerà a fare la sua parte per informare al riguardo, e contrastare questa deriva.



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